Brani:
1-A day among four walls; 2-Wasted time; 3-Down; 4-Season of death; 5-Boredom; 6-Grain of sand lost in the sea
Formazione:
Michele Epifani: organ, electric piano, synth, mellotron, harpsichord, electric & acoustic guitar, recorder, vocals; Piero Ranalli: bass; Mino Vitelli: drums, djembé, Arabian tabla, spring drum. Lead guitar on “Boredom”: Stefano Colombi
Recorded & mixed by Michele Epifani & Areknamés
Anno: 2004, Black Widow - Durata: 54:26

L'organo ecclesiastico che apre questo lavoro sembra proprio suonato come quello di Hugh Banton e che era un tratto distintivo dei Van der Graaf Generator. Ma bisogna dire che è solo l'inizio di un lungo viaggio… Un viaggio notturno, un viaggio nell'oscurità, un viaggio caratterizzato da una sorta di colonna sonora epica, un dark progressive che mette insieme elementi sinfonici, doom sabbathiano, underground britannico degli anni '70, creando un'alchimia decisamente affascinante, che colpisce immediatamente. E in questo viaggio possiamo ascoltare una serie di danze macabre affascinanti, stracolme di pathos, che catturano immediatamente e che ad ogni ascolto turbano, emozionando, sempre più… I ritmi ossessivi non sono mai frenetici, i riff corpulenti danno una certa energia, alternandosi ad atmosfere plumbee in cui il sound si fa più rilassato, ma non meno inquieto, il ricorso alla strumentazione vintage è altro indizio emblematico e il canto sepolcrale (in inglese) è pure componente importante di un lavoro ancorato nel passato, eppure trasposto magnificamente nei giorni nostri. Già i titoli dei brani sono esemplificativi dei connotati dark che sono caratteristica precipua di questo lavoro; d'altra parte, tra i numerosi ringraziamenti presenti nel libretto del cd, figurano tutte quelle band che in qualche modo si riescono a sentire nella musica degli Areknames e per dare un'idea citiamo, in particolare, i già menzionati Van der Graaf Generator, Atomic Rooster, High Tide, Vanilla Fudge, Jumbo, Black Sabbath, Balletto di Bronzo, Metamorfosi, Comus, Black Widow, Goblin… Se non l'avete capito (ma sarebbe strano dopo l'elenco dei nomi appena evidenziati), questo promettentissimo trio italiano è davvero debitore di quel progressive maggiormente orientato verso sonorità tenebrose, sofferte, impregnate di quelle tinte fosche che utilizzate nel modo più appropriato sanno farsi ammirare e non poco. E l'omonimo esordio è un disco splendido, che merita tutte le attenzioni possibili e che spinge immediatamente gli Areknames tra i nomi più validi del panorama prog della nostra penisola.

Peppe
novembre 2006