Yuka Funakoshi è già una cantante solista abbastanza affermata nel mondo del pop giapponese quando nel 2009 decide di formare un nuovo gruppo con il quale dedicarsi alla sua grande passione, il progressive rock. In questo nuovo progetto, denominato Yuka & Chronoship, vengono coinvolti tre apprezzati turnisti, il bassista Shun Taguchi, il chitarrista Takashi Miyazawa e il batterista Ikko Tanaka, con Yuka che è impegnata alle tastiere e al pianoforte, oltre che alle parti vocali. Dopo un necessario periodo di rodaggio per conoscersi meglio e creare affiatamento, la band va in studio di registrazione e, grazie anche all'interesse della casa discografica francese Musea, molto nota in campo prog, nel 2011 viene pubblicato Water reincarnation.

Con questo esordio Yuka & Chronoship mostrano subito un chiaro orientamento sinfonico, che prende però le distanze verso certi eccessi dei loro connazionali che badano innanzitutto all'ostentazione della tecnica. Nonostante la preparazione indubbia dei musicisti del gruppo, in questo lavoro Yuka e compagni offrono una serie di brani elaborati al punto giusto, in cui l'influenza dei maestri degli anni '70, a partire dagli storici Emerson, Lake & Palmer, subisce una spinta verso i giorni nostri, merito di una registrazione particolarmente limpida. Emerge, quindi, il background classicheggiante di Yuka, che solo a tratti spinge un po' di più sull'acceleratore, mostrando una sorta di lontana parentela con Keiko Kumagai delle Ars Nova. In alcuni brani, poi, le atmosfere si fanno particolarmente rilassate e compassate, al punto che ci si avvicina anche alla new-age. Un'altra particolarità che va a caratterizzare la musica del gruppo è anche l'utilizzo della voce della stessa Yuka. Dotata di un timbro caldo e pulito, alterna la lingua inglese e giapponese, ma sono molto affascinanti i momenti in cui si esibisce in vocalizzi suadenti e melodici. Water reincarnation, insomma, mostra un gruppo capace di assestarsi immediatamente su buoni standard qualitativi, mostrando anche una certa personalità.



Le ottime capacità di Yuka e compagni, però, emergono in tutto e per tutto alla seconda prova discografica, che vede la luce due annni dopo ancora su Musea (anche se esiste una versione per il mercato giapponese, contenente un bonus cd). Il nuovo album si intitola Dino Rocket Oxygen, all'artwork collabora addirittura Roger Dean (che disegna il logo del gruppo) e contiene tre suite, ognuna suddivisa in più tracce. Si tratta di un lavoro bellissimo, ispirato, suonato egregiamente e che contiene tutto ciò che un appassionato di rock sinfonico può cercare. Tra i consueti cambi di tempo e di umore affrontiamo passaggi di grande atmosfera, intrecci abili, solos che denotano la padronanza che i musicisti hanno dei loro strumenti, rimandi classicheggianti, suggestivi scenari floydiani, grande romanticismo, spunti melodici di classe, ma anche qualche frangente in cui si avverte una certa robustezza. Le tastiere di Yuka sono sempre protagoniste, ma si ritaglia interessanti spazi Takashi Miyazawa con la sua chitarra, a volte rifinendo con raffinatezza, in altre occasioni spingendo il sound verso territori più aggressivi. Si avverte ancora l'influenza di Keith Emerson, ma in alcuni frangenti le sonorità possono portare alla mente anche gli Yes, i Goblin e alcuni gruppi prog giapponesi degli anni '80-'90. Anche questo disco, come il precedente, è prevalentemente strumentale, gli interventi di Yuka al canto sono ben bilanciati, mai invadenti, hanno il loro fascino e rendono più ricca la dinamica, ma tutta la band è davvero in gran forma e sforna un album davvero convincente: Dance with dinosaurs, Cutting gravity, Beyond the fence e le tre tracce che compongono la suite Oxygen sono composizioni magnifiche che forse spiccano particolarmente, ma l'intero lavoro è decisamente riuscito e non presenta punti deboli.


La buona accoglienza tributata a Dino Rocket Oxygen da parte di critica e pubblico del mondo prog permette a Yuka & Chronoship di fare le prime esperienze all'estero. Nel 2013 partecipano al Prog'Sud in Francia e l'anno successivo al festival Crescendo, sempre in terra transalpina. Proprio in questa ultima occasione vengono contattati e invitati a suonare al festival di Veruno, in Italia, cosa che avviene nel settembre del 2015, poco prima della pubblicazione del nuovo album The 3rd planetary chronicles, per la cui distribuzione la band si affida alla britannica Cherry Red Records. Nel concerto italiano Yuka conquista tutti con la sua simpatia e con una performance apprezzata e i cd portati per la vendita (compreso, in anteprima, il terzo lavoro) vanno praticamente a ruba.

E veniamo all'ultimo disco di Yuka & Chronoship. Si tratta di un concept incentrato sul pianeta Terra e che si focalizza su alcuni momenti che hanno segnato delle vere e proprie rivoluzioni sia da un punto di vista scientifico che tecnologico. Yuka e compagni affrontano a modo loro l'età della pietra, la teoria copernicana, la rivoluzione industriale e la teoria della relatività. Musicalmente fanno ancora centro. Trovata una formula che soddisfa sia loro che il pubblico che li segue, continuano sulla scia di quanto fatto col precedente cd. Siamo ancora di fronte ad un rock sinfonico suonato egregiamente e le tastiere di Yuka sono sempre le protagoniste principali. Solo in alcuni frangenti i suoni si induriscono ancora un po', ma non si arriva mai a esagerazioni metal. Anche in questa occasione poche parti cantate, per la maggior parte delle quali la leader punta ancora sul vocalese, con risultati ottimi. Yuka, tra l'altro, dimostra alla grande di saper alternare con i suoi strumenti (voce compresa) eleganti melodie, sfuriate tecniche e irruente, passaggi legati alla musica classica o agli insegnamenti di Keith Emerson e atmosfere oniriche. Stone age, le due parti di Galileo, i rimandi ai Genesis e ai Gentle Giant con Age of steam, Wright flyer 1903 e Birth of the Earth - Embryonic planet sembrano le composizioni più riuscite, ma, similmente a quanto osservato per Dino Rocket Oxygen, anche il nuovo album non presenta cadute di tono e si lascia ascoltare con estremo piacere dalla prima all'ultima nota, merito anche di una minuziosa cura dei suoni e della registrazione.
In pochi anni, insomma, Yuka & Chronoship sono riusciti a mettersi in luce come una delle più brillanti realtà del rock sinfonico odierno, evidenziando un percorso stilistico ben definito, grazie a tre dischi compatti e validi. Nulla di innovativo, ma in un filone che non fa certo dell'originalità il proprio punto di forza questa band giapponese si sta imponendo come una di quelle con più idee e ispirazione, tantissimo buon gusto e anche dotata di una certa personalità. Attendiamo con curiosità i prossimi capitoli.

Peppe
gennaio 2016

Ultimo aggiornamento (Venerdì 14 Aprile 2017 13:07)