alt Brani:
1-Traveller; 2-Prenormal  Day At Brighton; 3-Masai Morning; 4-Windweaver; 5-Dragonfly Day; 6-Petunia; 7-Telephone Girl; 8-Psychiatric Sergeant; 9-Slow Ride; 10-Sundial Song.
Formazione:
Tony Duhig: guitars; Jon Field: percussion, flute; Glyn Havard: bass, vocals.
1971, Vertigo

Non certo una psichedelia stellare quella del trio inglese dei Jade Warrior; niente spedizioni cosmiche o nuove galassie musicali da scoprire, il loro viaggio per quanto onirico è decisamente più terreno, partendo per l’Inghilterra si passa per lidi esotici e contaminazioni africane, fondendo il tutto in un'unica soluzione.
Il loro primo omonimo album vede Tony Duhig alle chitarre, Jon Field alle percusioni e al flauto, Glyn Havard al basso e voce; il sound presenta ancora una matrice blues, che a tratti può richiamare i primi Jethro Tull.
Un viaggio verso lidi esotici dunque, come testimoniato dall’iniziale The Traveller, aperta da delicati arpeggi di chitarra verso soluzioni oniriche, un delicato intro che ci porta alla più marziale Prenormal Day at Brighton e alle sporche sfuriate della chitarra di Duhig, a stento contrastata dal delicato flauto di Field.
Dai sapori orientali ai ritmi dell’africa di Masai Morning dove questa volta è Field il protagonista. Ritmi minimali dove la stessa voce diventa un semplice strumento a fare da controcanto alle percussioni.
Il punto più alto del disco dove tutti gli elementi si mescolano perfettamente sono le successive ballate psichedeliche di Windweaver e Dragon Fly day, all’ascoltatore non risulterà difficile farsi cullare dall’armonia e dai paesaggi disegnati dal gruppo.
La seconda parte del disco sembra invece non raggiungere i risultati delle prime tracce. Questa volta si torna su territori blues con il trittico: Petunia, Telephone Girl e Psychiatric Sergeant, pezzi che come scritto prima sembrano rifarsi ai Jethro Tull di This Was, ma che nel loro incedere pur piacevole, mostrano ancora l’incertezza di una band all’esordio, pezzi che se confrontati con la prima parte del disco, cedono inevitabilmente il passo.
La chiusura del disco è affidata nuovamente alle soluzioni psichedeliche della floydiana Slow Ride, e alle delicate soluzioni orientaleggianti di Sundial Song, cullati dal flauto di Field e dalla voce di havard ma proprio quando tutto sembrava finire, c’è ancora spazio per un intermezzo rabbioso, via via stemperato dalle note liquide e ricorsive della chitarra e dal flauto.
Jade Warrior si configura come un buon esordio, pecca forse di una certa frammentarietà, ma sicuramente è un buon punto d’inizio per cominciare a conoscere i lavori di questo coraggioso gruppo inglese, che sicuramente avrebbe meritato maggiore interesse.

Roberto Cembali
ottobre 2015

Ultimo aggiornamento (Venerdì 08 Luglio 2016 10:53)