alt Brani:
01-Delusions of grandeur; 02-Obsolescence Pt. i Sunrise; 03-Obsolescence Pt. ii Evening; 04-Obsolescence Pt. iii Close your eyes; 05-Obsolescence Pt. iv The dream; 06-Obsolescence Pt. v Dawn; 07-Spring; 08-Recuerdos; 09-Heartland; 10-End of rain; 11-Thank you; 12-A portion of noodles; 13-Unconditional; 14-The drowning.
Formazione:

Sarah Cruickshank: oboe; Frank Van Essen: violins, viola; Jack Webb: piano, programming, mellotron samples, keyboards, Hammond C3 organ, tubular bells, backing vocals, sound efx; Davie Mitchell: 6 & 12 string acoustic guitars, classical guitar, electric guitar; Mick Macfarlane: lead vocals, backing vocals, acoustic guitar, electric guitar; Denis Smith: backing vocals, drums; Fiona Cuthill: recorders; Stephen Donnelly: bass guitar, acoustic double bass, electric bass, fretless bass, bass pedals; Ed Higgins: congas, percussion; Iain Sloan: pedal steel guitar, 12 string electric guitar; Stevie Lawrence: whistle, 12 string acoust guitar, Resonator guitars; Hugh Carter: backing vocals, acoustic guitar; Hew Montgomery: keyboards, sequencer programming; David Carlton: flute; Stephen Lightbody: church organ, synth; John Milne: tuba, trombone; Alastair McGhee: trumpet, flugelhorn; Joy Dunlop: vocals; Jerry Donahue: electric guitar; Malcolm Jones: accordion; Tom McNiven: muted trumpet, flugelhorn; David MacDonald: saxophone; Andrew Brodie: saxophone; William Barbero: guitar; Chris Brown: bass arrangement; Paul Kiernan: conductor; Jane Clark: cornet; Kirstin Mc Nair: cornet; Helen Mitchell: cornet; Gillan Reid: cornet; Clare Thomas: flugelhorn; Lorraine Murray: tenor horn; Anne Brash: tenor horn; Laura Young: baritone; Wesley Stewart: euphonium; Paul Miller: euphonium; June Deans: trombone; Richard Leonard: trombone; Audrey McCrane: bass trombone; Sheena Walker: bass; Kevin Jerome: bass; Martin Stack: bass.

2014, Abel Ganz Records - durata totale: 72:49

La storia degli Abel Ganz nasce nel 1984, in pieno periodo new-prog, ma non è stata ricchissima di soddisfazioni, nonostante alcune buone prove soprattutto ad inizio carriera. Prove che però non hanno permesso a questa band di avvicinarsi alla popolarità dei loro colleghi connazionali più famosi, come Marillion, Twelfth Night, IQ, Pendragon e Pallas. Prove che si sono sempre più diradate nel corso degli anni. Dopo i risultati altalenanti degli ultimi lavori, nel 2014 arriva un nuovo album, presentato con una copertina dai colori tenui, su cui campeggia il solo nome del gruppo; nessun titolo, quasi a voler simboleggiare un nuovo inizio. E in effetti la band sembra davvero pronta a ripartire quasi da zero, impegnandosi sempre in un ambito legato al new-prog, ma allargandone nettamente i confini. Così, le sorprese durante l'ascolto di questo cd non sono affatto poche, a partire da una maggiore varietà timbrica rispetto al passato e con la presenza di alcuni brani in cui ci sono svolte stilistiche a dir poco imprevedibili. Ma andiamo con ordine. L’apertura affidata a Delusions of grandeur è già promettentissima con due minuti di grande splendore sinfonico, in cui piano, oboe e archi regalano una magica introduzione. Segue la lunga suite che è a colonna portante del disco, Obsolescence, suddivisa in cinque parti. Nella prima la delicatezza acustica e le melodie vocali riecheggiano gli incanti pastorali di The geese and the ghost di Anthony Phillips. In seguito la composizione si fa più vivace; entra in scena un’agile sezione ritmica e iniziano ad alternarsi echi di un romanticismo genesisiano e spunti più vicini al new-prog classico degli anni ’80, con tanto di ritornelli accattivanti, ma di buon gusto. Spiccano un bell’assolo di tastiere in pieno stile Tony Banks, gli intriganti impasti tra strumenti elettrici ed acustici (nella quarta parte ruoli determinanti sono giocati dalla dolcezza del flauto e dallo spirito altero di un organo da chiesa) e i consueti cambi di tempo e di atmosfera, culminanti con l’epicità di Obsolescence Pt. V Dawn. Il seguito del cd mantiene standard qualitativi elevati. Ciò avviene sia tramite alcuni bozzetti breve durata, come Spring e A portion of noodles, giocati interamente dalla chitarra acustica, e Heartland, dalle atmosfere folk e misteriose create da tastiere e voce, sia con pezzi più articolati. Il primo momento a spiazzare (ampiamente in positivo) è Recuerdos, quattro minuti in cui alla voce e alla chitarra acustica si affiancano tuba, trombone, tromba e flicorno, descrivendo stravaganti melodie.  E se con la strumentale End of rain i musicisti puntano nuovamente su fragili e affascinanti equilibri elettroacustici, prestando anche notevole attenzione alla parte ritmica (con tanto di congas e percussioni assortite), che dire di Thank you, con la quale ci si sposta addirittura verso la West Coast di Crosby, Stills, Nash & Young, con risultati pienamente convincenti? La cavalcata di quattordici minuti Unconditional è un altro momento topico dell’album, con una base dalle coordinate new-prog, ma presenta anche una sezione in cui il pianoforte, la chitarra e l’ampio parco fiati spingono fortemente verso il jazz. La chiusura è affidata a The drowning, brano di circa cinque minuti in cui i fiati sono assoluti protagonisti insieme alle parti vocali, in una proposta difficile da inquadrare, con un orientamento nel quale si possono ravvisare intenti jazzistici vagamente accostabili ai King Crimson di Lizard e Island. Avrete capito che siamo ben distanti da quanto ci avevano abituati gli Abel Ganz e vi assicuriamo che questo cd è meritevole nella sua interezza non solo per il coraggio mostrato, ma anche per la grande quantità e per l’elevata qualità di idee musicali che in esso sono contenute.

Peppe
dicembre 2014

Ultimo aggiornamento (Sabato 10 Gennaio 2015 15:40)