alt Brani:

01-Perfume River (10:58); 02-All Loved Up (5:07); 03-Blind To The Beautiful (5:12); 04-A Feast Of Consequences (4:29); 05-High Wood (5:26); 06-Crucifix Corner (7:25); 07-The Gathering (4:30); 08-Thistle Alley (6:08); 09-The Leaving (4:59); 10-The Other Side Of Me (6:09); 11-The Great Unravelling (6:32).

Formazione:

Fish: vocals; Robin Boult: guitars; Foss Paterson: keyboards; Steve Vantsis: bass; Gavin Griffith: drums.
Guests:
Liz Antwi: backing vocals; Aidan O'Rourke: violin, string and brass sections.

2013, Chocolate Frog Records - durata totale: 66:53

Un nuovo disco di William Derek Dick è sempre un'incognita: Fish riesce a produrre album convincenti seguiti da dischi decisamente deludenti. Se poi si mette in conto le operazioni alle corde vocali, la disastrosa situazione personale (un matrimonio e un divorzio in un anno!) c'è da essere preoccupati.  Ma evidentemente la sofferenza giova al nostro ed è riuscito a sformare un gran bel disco. Come l'autore stesso scrive nelle note di copertina, il disco nasce dall'esigenza di una rinascita, oserei aggiungere, una ricostruzione del proprio essere artista prima e uomo poi.
Sebbene nasca da riflessioni raccolte in sei anni di viaggi e concerti in giro per l'Europa, il disco non è affatto frammentario. Alle prime canzoni nate in condizioni particolari, si aggiunge una suite che parla della prima guerra mondiale. Ad analizzare bene i testi è l'accettazione di una condizione a cui non si può che essere passivi spettatori il comune denominatore dell'intero disco.
E' proprio dalla visita alle linee difensive francesi di inizio secolo scorso, che Fish riesce ad avere il piglio per un nuovo disco. I testi sono molto personali, e derivano dalle sue riflessioni in zone particolari del globo, ma sempre legate a situazioni in cui la ferita della guerra è forte e ancora  visibile. In Perfume river, ad esempio, il sereno viaggio verso il mare su una chiatta sul fiume che divide in due la città di Hue in Vietnam,  mette in evidenza le ferita del conflitto vietnamita degli anni '60. Oppure Blind to the Beautiful che deriva dalle riflessioni dopo aver visto e letto documenti sull'equilibrio ecologico totalmente manipolato  da parte dell'uomo.
E alla fine non ci resta che attendere un "banchetto di conseguenze" alle azioni che l'Uomo compie. Poi, come detto,  la suite sulla prima guerra mondiale, tanto lontana eppure tanto simile alle brutture che quotidianamente l'uomo compie nei confronti dell'ambiente e dei suoi simili.
Ma musicalmente?
La lunga Perfum River, che apre il disco, convince ed è nel classico mood del Fish più riflessivo: una chitarra con filo di  hammond ci introduce al pezzo, che a discapito della sua lunghezza non stanca restando godibile fino alla fine.  La successiva, All loved up, invece, è la classica canzone del Fish guascone à la  Big Wedge. Non è questo il lato del cantante scozzese che preferiamo, ma diciamo che il brano non è male rimanendo "oscuro" quanto basta da non distrugge il climax fin qui creato. Una chitarra accompagna la voce di Fish nella consueta ballata romantica, Blind to the Beautiful, che, come detto, in realtà è scritta più per l'amore verso la natura che verso una singola persona. Ormai siamo ciechi verso la bellezza della natura, tanto ciechi da distruggerla senza rammarico. La successiva Feast of Consequencies è appunto la resa dei conti che prima o poi attende quest'Uomo che senza scrupoli è sordo a qualsiasi segnale e richiesta d'aiuto. Una chitarra più ritmata per un pezzo più rock, ci guida in questo brano, forse un po' standard, nella sua evoluzione, ma che comunque non lascia delusi.
Con High Whood entriamo in trincea. Un pianoforte e la voce narrante ci guida nel cuore del disco. Un cuore che batte e batte forte, riuscendo a parlare all'ascoltatore toccando bene le giuste corde dell'emozione. Il violino malinconico ci accompagna all'introduzione degli strumenti elettrici. Un brano costruito bene, molto bene.
Un silenzio di 20 secondi ci porta alla successiva Crucifix Corner, che riparte quasi dall'inizio: stesso schema della canzone precedente: voce di Fish narrante, accompagnato questa volta dagli strumenti elettrici, fino alla rottura con cambiamento di ritmo e ambientazione con una chitarra rockeggiante a condurre le danze. Sebbene non ci sia nulla di nuovo, il pezzo è piacevole e scorre via veloce nei suoi sette minuti di lunghezza.
Suoni e ritmi bandistici ci introducono a The Gathering e qui a volte sembra quasi il Fish degli esordi: si riconoscono diverse soluzioni che lo scozzese ha usato in Vigil in a wildness of mirrors, o in Internal exhile.
Resta comunque un episodio interlocutorio che ci conduce alla Thistle Alliance dove la bruttura della guerra è descritta in maniera esemplare, a mio giudizio il momento più denso e bello del disco. Ansiogeno al punto giusto, triste al punto giusto, non saprei che altro aggiungere. The Leaving continua degnamente il climax, l'arpeggio di painoforte e l'introduzione dei violini è conseguenza naturale del brano precedente, Fish continua a narrare, è comprensibile, ma va benissimo così. Lo schema forzato anche dalle possibilità delle corde vocali compromesse, risulta ripetitivo, ma ben attenuato dagli arrangiamenti mai banali. Un rassicurante arpeggio di chitarra ci porta al penultimo pezzo. The other side of me, è la classica ballata prog rock, con innesti di violini e solo di chitarra. Fatta bene, piacevole a questo punto, ma il disco termina con la The great unravelling, che ci fa ripiombiare in un clima stupendamente angosciante e malinconico. Quasi a volerci raccordarsi con l'inizio del disco, tant'è che se mettete un repeat sul lettore il disco può girare all'infinito senza interruzioni.
Sebbene ci siamo pochi picchi, sebbene la voce di Fish è solo l'ombra di quella di un tempo, il disco nella sua interezza conquista un posto d'onore nella discografia dell'artista scozzese che dimostra di poter ancora realizzare album di splendida fattura.

Montag
febbraio 2014

Ultimo aggiornamento (Sabato 20 Settembre 2014 16:28)