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1-Kaze; 2-Senza colori; 3-Il passo; 4-Fino alla vetta; 5-Onirica possessione; 6-Notturna; 7-Il cacciatore.
Formazione:

Elisa Montaldo: tastiere, voce, cori, strumenti etnici; Fabio Gremo: basso, chitarra classica, cori; Giulio Canepa: chitarra elettrica, classica, acustica, cori; Paolo Tixi: batteria, cori; Francesco Ciapica: voce, cori.

2013, Black Widow - durata totale: 57:03

Il secondo disco del Tempio delle Clessidre era molto atteso. Molti erano curiosi di capire se il secondo lavoro avesse replicato l'ottimo esordio, ma soprattutto si era curiosi di come il gruppo avesse risolto il cambiamento di voce visto la fuoriuscita dal gruppo di "Lupo" Galifi.

Inoltre, come ravvisato nella recensione del primo disco, l'esordio aveva mostrato alcuni limiti e personalmente ero curioso di capire come e se avevano affrontato quei limiti da me segnalati.
L'ascolto del nuovo vocalist deve attendere visto che il primo pezzo è uno interlocutorio strumentale, Kaze (Tutto ciò che il vento porta con sé), che resta tra le cose più interessanti dell'album. Senza colori, fa capire subito tutto. I suoni, lo schema compositivo è quello del primo disco. Il cantato anche! Un ottimo vocalist  (Francesco Ciapica) non c'è che dire, ma questo brano fa capire che il gruppo ha un sound ben chiaro in testa, ed è un peccato che la voce che hanno in testa sia così simile (anche se più potente) a quello dell'ex Galifi.
A mio giudizio, questa scelta  limita il progetto facendo piombare ottime composizioni in qualcosa di già sentito, senza dare giustizia e il giusto ascolto alle canzoni.
E' da dire che il disco deve, a differenza dell'esordio, essere ascoltato più volte al fine di essere apprezzato, purtroppo però, l'album in sé non aiuta al riascolto. Quando il cantante si inerpica (splendidamente) sulle melodie costruite così bene, non fa altro che far venire alla mente Galifi e una sensazione di fastidio resta nell'ascoltatore. Altre volte, il senso di fastidio arriva dall'interpretazione vocale che sembra "esagerata", non saprei come altro spiegare la mia impressione.
Mi rendo conto di aver descritto pochissimo questo primo brano cantato, ma come per i successivi pezzi, c'è molto poco di nuovo in questa seconda prova rispetto all'esoridio. Quindi se avete ascoltato il primo lavoro, sapete già che tipo di musica aspettarvi da questo album, se invece non li conoscete, diciamo che il Museo Rosenbach, è un punto di riferimento ben chiaro nella musica del gruppo genovano.
A ben guardare qualche novità c'è, la chitarra è più protagonista ed energica rispetto al primo lavoro a discapito forse delle tastiere, che restano comunque il tassello principale della tavolozza timbrica del gruppo.
Tutte le composizioni restano piacevoli, ma rispetto al precedente lavoro manca quel Danza esoterica di datura o Faldistorum  che affascinavano, manca quel guizzo in più che ti fa venire voglia del riascolto, quello che nell'esordio era facile trovare ne Le due metà di una notte o ne Il centro sottile. Non a caso la cosa che preferisco dell'album è il pezzo cantato da Elisa Montaldo (la tastierista del gruppo): è un pezzo semplice, ma che rompe lo schema che in tutti i brani si ripete pedissequamente.
Mi spiace parlarne così, i ragazzi sono molto bravi, ma un disco e un progetto è fatto di scelte, e al momento le loro  sono molto lontane dalle mie preferenze.  

Montag
febbraio 2014

Ultimo aggiornamento (Martedì 02 Settembre 2014 10:04)