ALAN PARSONS
Teatro Augusteo, Napoli, 11 aprile 2005

Botta e risposta tra me e me qualche giorno prima del concerto:

"Caspita, Alan Parsons in concerto a Napoli. Non me lo perderò di certo!"

"Ahem, guarda che sostanzialmente è una cover band dell'Alan Parsons Project con lui che fa da 'presenza eccellente'"
"Si, ma tanto l'Alan Parsons Project negli anni d'oro non ha mai suonato dal vivo... non è che ci sia tanto da paragonare"
"Ok, ma quando poi ha cominciato ad esibirsi dopo lo split con Eric Woolfson c'erano nella line-up degli elementi storici, mentre ora non più"

"Hai ragione, ma alla fine mi interessa la sua musica, nonché l'avere di fronte a me un mito vivente della discografia"

E così è stato... sono andato al concerto senza pregiudizi, sapendo unicamente di avere la 'garanzia' una e trina di Parsons:

- la sua rinomata cura per il suono

- la sapienza con la quale ha sempre scelto i suoi collaboratori

- il repertorio, che sicuramente non passerà alla storia ma che resta un piacevole esempio di pop/rock talvolta dalle tinte progressive, suonato e arrangiato in maniera impeccabile e che presenta spesso delle felici intuizioni melodiche e strumentali.

Sono felice di non essere stato smentito in tutti e tre i casi: l'acustica è stata più che buona, la band era affiatatissima (batteria, basso, chitarra, tastiere, voce solista più Parsons che si è diviso tra tastiere, chitarra acustica e voce) e la scaletta proposta mi ha abbondantemente soddisfatto. Degno di nota il fatto che ogni strumentista (ad eccezione del tastierista, unico elemento decisamente in ombra nello show) fosse anche voce solista in diversi brani: la menzione d'onore sicuramente va al batterista Steve Murphy, dotato di una voce davvero strepitosa che ha letteralmente stracciato quella del cantante principale P.J. Olsson, mentre Godfrey Townsend ha offerto degli entusiasmanti interventi chitarristici e si è dimostrato essere anche un valente tastierista aggiunto.
Come c'era da aspettarsi, la scaletta proposta è stata ricca di classici, sia strumentali che cantati, ed ha abbracciato quasi tutta la produzione del Project, lasciando misteriosamente fuori gli ultimi due album Stereotomy e Gaudi (con sommo dispiacere del sottoscritto, che avrebbe volentieri ascoltato la dolcissima Limelight o l'epica La Sagrada Familia) e privilegiando comunque i brani più conosciuti a scapito di 'chicche' (ed infatti era pura utopia che fosse eseguito Ammonia Avenue, forse il mio brano preferito del Project in assoluto). Sono stati inoltre tralasciati in toto i primi tre dischi solisti di Parsons (il buonissimo Try Anything Once, il bellissimo On Air e il malriuscito The Time Machine), ed ovviamente il pomo della discordia Freudiana. I fan più accaniti avranno apprezzato sicuramente il ripescaggio di The Raven e Dr. Tarr & Professor Feather dal primo mitico album del Project, mentre que lli più tradizionali hanno gioito all'ascolto delle famosissime Don't Answer Me, Prime Time, Time (un pezzo che sinceramente ho sempre odiato) e la mitica accoppiata Sirius/Eye In The Sky (quest'ultima cantata in coro da tutti i presenti).
Un ruolo abbastanza di primo piano lo ha avuto l'ultimo disco di Alan (intitolato A Valid Path): da esso sono stati proposti tre brani (cioè l'orgia elettronica di Return To Tunguska, e i due brani cantati More Lost Without You e We Play The Game) che sicuramente non sono brutti, ma credo che la stragrande maggioranza del pubblico avrebbe preferito ascoltare altri brani storici come Pipeline, The Gold Bug o qualche estratto dalla suite The Turn Of A Friendly Card. Ad ogni modo, finale di concerto strepitoso con la struggente Old And Wise e la trascinante Games People Play, che ha portato una bella scossa di adrenalina a tutti i presenti (tutti in piedi a ballare e portare il tempo).

 

Mirrormaze
Aprile 2005

Ultimo aggiornamento (Lunedì 14 Giugno 2010 15:01)