STEVE HACKETT

Stazione Birra, Roma, 28 marzo 2004

 A due anni dal tour acustico, Steve Hackett torna in Italia, stavolta con la sua band elettrica nel tour di supporto all'ultimo lavoro To Watch The Storms. Per i fans del centro-sud l'appuntamento è alla Stazione Birra di Roma, un enorme pub che ospita serate musicali live. Certo, fa un po' tristezza vedere un artista del calibro di Steve esibirsi in una paninoteca, per quanto attrezzata, e soprattutto davanti ad un pubblico abbastanza sparuto (400 unità circa), quantunque caloroso ed empatico. Ancor più strano, se si pensa che due anni fa di questi tempi Steve riempì il Teatro Mediterraneo di Napoli con il suo trio acustico... Poco male per chi come il sottoscritto può godersi lo spettacolo dalla prima fila; la band, composta dal fido Roger King alle tastiere, Gary O'Toole alla batteria, Terry Gregory al basso e Rob Townsend al sax, ci dà dentro sin dalle prime note con un trittico tosto formato da Valley Of The Kings, Mechanical Bride e Circus of Becoming. Soprattutto la seconda si presta molto ad una esibizione live dove i musicisti possono esibirsi in improvvisazioni, dilatando il bel pezzo tratto da TWTS. Segue un breve intervallo con la delicatissima Frozen Statues che sfuma nell'ossessiva Slogans. Steve sembra molto attento a bilanciare le scelte, prendendo in egual misura dal presente (Darktown oltre all'ultimo album), dal passato da solista e dall'epopea Genesis. Ovviamente più di 30 anni di carriera sono difficili da condensare in due ore e 30 di concerto, ma bisogna dar atto ad Hackett di essere l'unico della sua ex band che ancora riesce a fare i conti con il glorioso passato sul palco. Ed infatti Steve ci regala una graditissima perla, suonando integralmente l'incantevole Blood On The Rooftops, ripescata da Wind & Wuthering. Il pezzo è quanto di più lontano ci possa essere dalla voce di Hackett, che infatti in passato si limitava solo ad eseguire l'intro acustico. Per l'occasione a cantarla dignitosamente è O'Toole con Steve che ironizza sul fatto che questo pezzo è stato scritto per essere cantato da un batterista... La parentesi Genesisiana è poi proseguita con due scelte abituali di Steve, Fly On A Windshield e Firth Of Fifth (ovviamente, soltanto il suo grande assolo) ed ha avuto un breve prologo nel set acustico con l'immancabile Horizons. Set acustico che ha visto la partecipazione del fratello John al flauto su Second Chance. Davvero un peccato non aver potuto ascoltare i virtuosismi di John anche in Ace Of Wands e Serpentine Song. Da rimarcare, in questa prima metà di concerto, anche una struggente versione di Hammer In The Sand con Roger King che interpreta magistralmente la bella parte di pianoforte e pregevoli interventi al sax di Townsend.
Steve non rinuncia alle sue composizioni gotiche, a mio avviso trascurabili rispetto ad altri capolavori, e propone quindi A Dark Night In Toytown e Darktown. L'ultimo pezzo in scaletta tratto da To Watch The Storms è Brand New e devo dire che anche questa è una scelta azzeccata perché il brano consente interessanti divagazioni sul tema. In un concerto di Steve Hackett non possono poi mancare i suoi cavalli di battaglia, quei pezzi che hanno dato lustro ad una carriera solistica davvero brillante: Please Don't Touch, Everyday, Clocks e Spectral Mornings (primo bis) continuano ad emozionare dal vivo. Il secondo bis, poi, Hackett lo dedica al pubblico presente: si tratta di una long version di Los Endos, irriconoscibile all'inizio fin quando non subentra il celebre riff. Il pezzo prosegue poi senza stravolgimenti di sorta, se si eccettua per degli efficaci interventi al sax di Townsend sul finale. Un grande show, per niente influenzato dalle precarie condizioni di salute di Steve, impreziosito dalla presenza di tanti amici appassionati di buon prog: come si dice, pochi ma buoni!

Giovanni
Aprile 2004

Ultimo aggiornamento (Lunedì 14 Giugno 2010 14:30)