alt    Brani:
1-Door almost closed; 2-Lies in the sand; 3-First layer; 4-Mind flies; 5-The highest cliff; 6-Second layer; 7-Lullaby for a son.
Formazione:
Raven Sad is
Giulio Bizzarri: bass; Simone Borsi: drums, percussions, gong; Samuele Santanna: vocals, electric and acoustic guitars, gong, synth; Fabrizio Trinci: piano, organ, Hammond, synth, backing vocals.
Guest musicians
Claudio Carboni: soprano & tenor sax on 7; Camilla Gai: backing vocals on 2 and 5.
2011, Lizard - Durata totale: 54:18

Dopo due album molto interessanti, in cui il chitarrista Samuele Santanna si era fatto dare una mano solo da pochi musicisti per un progetto che poteva essere visto come una one-man-band, il terzo cd Layers of stratosphere vede un vero e proprio gruppo dietro la sigla Raven Sad. Santanna resta l'autore principale, ma per alcuni brani oltre la sua firma c'è anche quella del tastierista Fabrizio Trinci. La line-up è completata da Simone Borsi alla batteria e alle percussioni e da Giulio Bizzarri al basso.
Se nei precedenti lavori, con la sua la chitarra gilmouriana, Santanna faceva aveva focalizzato il sound verso certe soluzioni spacey adottate dai Pink Floyd o dai primi Porcupine Tree, in questa occasione, pur mantenendo queste influenza, si notano netti riferimenti anche ai Camel.
Un romanticismo delicato e ammaliante, così, pervade tutti i cinquantaquattro minuti di quest'album, forse più diretto e meno ricercato rispetto ai suoi predecessori, ma non per questo meno riuscito. Anzi, il feeling che ne scaturisce può far sì che i Raven Sad, grazie a Layers of stratosphere, raccolgano nuovi consensi e proseliti.
Già la prima traccia Door almost closed, strumentale, fa capire bene le cose, con un inizio lento e in crescendo, che sfocia poi nei voli chitarristici di Santanna su ritmi tranquilli e supportato da tastiere "spaziali", mentre la raffinatissima parte centrale evidenzia quei legami con i Camel e riporta alla mente anche quegli americani Nightales di cui si è parlato troppo poco negli anni '90. Questo rock sinfonico levigato resterà il leit-motiv del lavoro, anche se, inevitabilmente, durante l'ascolto riemergono lo space-rock e l'ambient dei primi dischi, o fanno capolino momenti semiacustici riusciti. La ricerca della melodia e dell'immediatezza si fa più netta nella prima parte di Lies in the sand, suite che prosegue poi con atmosfere evocative, tastiere sinfonico-space à la Eloy, spunti grintosi mai eccessivi e il solito solismo lirico di Santanna alla sei corde. Questa traccia può essere inquadrata, con le sue sfaccettature, un po' come la summa del progetto Raven Sad, mentre gli altri due strumentali First layer e Second layer, insieme a Mind flies risvegliano vaghe sensazioni oniriche floydiane e The highest cliff attualizza sotto certi aspetti quel pop sinfonico col quale quaranta anni fa spadroneggiavano i Moody Blues. Ma il gioiellino vero e proprio è rappresentato dalla conclusiva Lullaby for a son. Questa composizione, nei suoi otto minuti e mezzo, regala emozioni continue: aperta dal piano classicheggiante e da melodie vocali intriganti, presenta da subito un sound suggestivo e intrigante, che, dopo gli spunti preparatori delle tastiere e del sax, raggiunge il climax negli spazi solistici della chitarra elettrica, latimeriana al 100%, struggente e sognante.
Disco bellissimo, con un Santanna straordinariamente ispirato nel suo guitar-playing, destinato soprattutto (ma non solo) a chi ama quel rock sinfonico soft ed elegante di cui i Camel sono maestri da sempre.

Peppe
maggio 2012


Dopo due album molto interessanti, in cui il chitarrista Samuele Santanna si era fatto

dare una mano solo da pochi musicisti per un progetto che poteva essere visto come

una one-man-band, il terzo cd Layers of stratosphere vede un vero e proprio gruppo

dietro la sigla Raven Sad. Santanna resta l'autore principale, ma per alcuni brani oltre la

sua firma c'è anche quella del tastierista Fabrizio Trinci. La line-up è completata da

Simone Borsi alla batteria e alle percussioni e da Giulio Bizzarri al basso.
Se nei precedenti lavori, con la sua la chitarra gilmouriana, Santanna faceva aveva

focalizzato il sound verso certe soluzioni spacey adottate dai Pink Floyd o dai primi

Porcupine Tree, in questa occasione, pur mantenendo queste influenza, si notano netti

riferimenti anche ai Camel.
Un romanticismo delicato e ammaliante pervade tutti i cinquantaquattro minuti di

quest'album, forse più diretto e meno ricercato rispetto ai suoi predecessori, ma non

per questo meno riuscito. Anzi, il feeling che ne scaturisce può far sì che i Raven Sad,

grazie a Layers of stratosphere raccolgano nuovi consensi e proseliti.
Già la prima traccia Door almost closed, strumentale, fa capire bene le cose, con un

inizio lento e in crescendo, che sfocia poi nei voli chitarristici di Santanna su ritmi

tranquilli e supportato da tastiere "spaziali", mentre la raffinatissima parte centrale

evidenzia quei legami con i Camel e riporta alla mente anche quegli americani

Nightales di cui si è parlato troppo poco negli anni '90. Questo rock sinfonico levigato

resterà il leit-motiv del lavoro, anche se, inevitabilmente, durante l'ascolto riemergono lo

space-rock e l'ambient dei primi dischi, o fanno capolino momenti semiacustici riusciti.

La ricerca della melodia e dell'immediatezza si fa più netta nella prima parte di Lies in

the sand, suite che prosegue poi con atmosfere evocative, tastiere sinfonico-space à la

Eloy, spunti grintosi mai eccessivi e il solito solismo lirico di Santanna alla sei corde.

Questa traccia può essere inquadrata, con le sue sfaccettature, un po' come la summa

del progetto Raven Sad, mentre gli altri due strumentali First layer e Second layer,

insieme a Mind flies risvegliano vaghe sensazioni oniriche floydiane e The highest cliff

attualizza sotto certi aspetti quel pop sinfonico col quale quaranta anni fa

spadroneggiavano i Moody Blues. Ma il gioiellino vero e proprio è rappresentato dalla

conclusiva Lullaby for a son. Questa composizione, nei suoi otto minuti e mezzo,

regala emozioni continue: aperta dal piano classicheggiante e da melodie vocali

intriganti, presenta da subito un sound suggestivo e intrigante, che, dopo gli spunti

preparatori delle tastiere e del sax, raggiunge il climax negli spazi solistici della chitarra

elettrica, latimeriana al 100%, struggente e sognante.
Disco bellissimo, con un Santanna straordinariamente ispirato nel suo guitar-playing,

destinato soprattutto (ma non solo) a chi ama quel rock sinfonico soft ed elegante di

cui i Camel sono maestri da sempre.

Peppe
maggio 2012

Ultimo aggiornamento (Lunedì 28 Maggio 2012 22:02)