La scena è quanto di più classico si possa immaginare: sei persone sedute attorno a un tavolo di una pizzeria nel cuore di Napoli a discutere delle bellezze artistiche dell’Italia. Chissà quante altre volte l’avrò vissuta! Ma stavolta è diverso: oltre a me, a gustare un’ottima Margherita ci sono Mario Giammetti, massimo esperto mondiale dei Genesis nonché loro esegeta preferito, Maurizio ed Angela Vicedomini, fotografi di fama internazionale e autori di tutte le immagini contenute nel progetto Genesis Revisited II, e i coniugi Hackett. Sì, proprio loro, Steve e Jo, una splendida coppia, innamorata del nostro paese più di quanto lo siamo noi stessi che pure ci abitiamo.

È così che si conclude la prima parte di una magnifica giornata passata in loro compagnia nella quale ho voluto portarli personalmente a visitare le meraviglie di Napoli Sotterranea, un posto che rinconcilia anche il più critico dei napoletani con la gloriosa storia della propria città. Ecco dunque uno Steve sinceramente impressionato dalla storia delle cave di tufo scavate con attrezzi rudimentali dagli schiavi sin dai tempi in cui Napoli era colonia greca (e poco dopo Jo mi rivelerà che Steve è alle prese con un nuovo testo che parla proprio di caverne e schiavi!).

Ma ho anche visto i coniugi Hackett sinceramente commossi al cospetto dei giochi per bambini che sono stati ritrovati nel sottosuolo partenopeo quando lì vi si rifugiavano centinaia di persone per sfuggire ai bombardamenti della guerra mondiale (e infatti pochi giorni dopo sceglieranno proprio questa foto per descrivere la visita underground sul loro blog).

Per non parlare dello stupore del mitico chitarrista quando da una botola ricavata in un tipico basso napoletano si è aperto un passaggio verso i resti di un antichissimo teatro greco. Napoli, quando vuole, sa essere uno scrigno di meraviglie dal quale i nostri amici hanno attinto a piene mani.

E la musica? Per quello c’è la seconda parte della giornata, il momento in cui al Chiostro di S. Domenico Maggiore verrà presentato il libro di Mario Giammetti “Genesis – Gli Anni Prog” edito da Giunti Editore. Tuttavia dinanzi a una buona pizza chiedo a Steve notizie sul suo prossimo album da studio e Hackett mi dice che è a metà del lavoro, lavoro che verosimilmente verrà pubblicato all’inizio del 2015. Mario, che ha avuto l’onore ed il piacere di ascoltare in anteprima quattro brani, mi dice che sono davvero interessanti e pieni di strumenti inusuali per un disco rock.

I simpatici coniugi Vicedomini mi raccontano che l’ambientazione per la copertina del prossimo album di Hackett potrebbe essere la Grecia, ma nel frattempo non si lasciano sfuggire alcuna occasione per scattare suggestive foto a Steve… insomma, mi sembra di vivere una specie di sogno (And I feel so secure that I know this can’t be real but I feel good…).

La scena cambia di colpo: adesso mi trovo nel convento di San Domenico Maggiore, un incredibile edificio incastonato tra i vicoli del centro di Napoli. Qui la situazione, se possibile, è ancora più incredibile. Mi trovo seduto su un palco, con circa trecento persone davanti a me, qualche telecamera, un sacco di telefonini che registrano. Affianco a me ho nell’ordine il Maestro Massimo Fargnoli (organizzatore dell’evento), Lino Vairetti degli Osanna, Mario Giammetti e Steve. Io ho il compito di tradurre quello che dice Steve. Ogni tanto provo anche a fargli capire quello che viene detto in italiano. Lui sembra apprezzare…

La presentazione del libro di Mario Giammetti – Genesis, Gli Anni Prog – Giunti Editori – non poteva tenersi in un luogo più suggestivo. Il convento di San Domenico è la sede della Mostra Impossibile, esposizione che raccoglie riproduzioni di quadri di Leonardo, Raffaello e Caravaggio in scala 1:1. Steve, che è sensibile all’arte, stenta a credere di trovarsi in un posto simile dove alla bellezza della sala fa da corollario la suggestione dei capolavori riprodotti.

Ma veniamo alle parole di Steve, che pure è riuscito a regalare qualche piccolo ulteriore inedito su una storia arcinota ai più. Gli chiedono cosa ricorda dei primi tour italiani del 1972 e 1974 e lui, forse ancora satollo per la pizza mangiata assieme poche ore prima (aveva in quell’occasione gentilmente declinato l’offerta del dolce spiegandomi che non è solito pranzare), esordisce con: “il cibo! I tour italiani erano un breve intervallo di musica in mezzo a pantagrueliche mangiate”… e tutti a ridere di gusto!

Giammetti viene stimolato da Fargnoli a ricordare un po’ di storia dei Genesis e Steve, a proposito di Trespass (album pubblicato prima del suo ingresso nella band) confessa che è Visions Of Angels il suo brano preferito, rendendo omaggio al suo predecessore nel gruppo, il timido chitarrista Ant Phillips, che aveva composto quel brano. Si passa poi al celebre provino tenuto al cospetto di Peter Gabriel ai tempi dell’annuncio sul Melody Maker. Steve ricorda che, non sapendo quale fosse il genere prediletto da Peter, si cimentò in tre brani di diversa estrazione: un pezzo in stile classicheggiante, un brano più orecchiabile e un blues all’armonica. Il Gabriel di quei tempi ovviamente apprezzò il primo brano e da lì partì la carriera del giovane Hackett nei Genesis.

A questo punto dismetto per un attimo i panni scomodi del traduttore e faccio una domanda diretta a Steve. Gli chiedo come è possibile che quando ebbe l’occasione di scrivere il suo primo brano nei Genesis, agli inizi del 1970, nel pieno della rivoluzione sessuale, lui giovane ragazzo se ne uscì con un testo incentrato su vedove e preti invece che ragazze e amori adolescenziali. Mi riferisco ovviamente a For Absent Friends. Lui senza perdersi d’animo mi racconta che la sua intenzione era quella di scrivere un pezzo sulla sensazione di perdita che era stata già sperimentata dai Beatles di Eleonar Rigby. A chi gli chiede come mai a cantare quel brano fu Collins e non Gabriel risponde con un sorriso disarmante che lui e Phil erano i nuovi arrivati nel gruppo e quindi gli venne più facile chiedere a Phil di cantarla mentre aveva vergogna di sottoporre un suo brano a Peter.

Tra un ricordo e l’altro, ci sono i Notturno Concertante, duo folk-prog, che intervengono alla chitarra acustica con personalissime reinterpretazioni di alcuni classici dei Genesis e della carriera solista di Steve. Alla fine la scaletta sarà la seguente: White Mountains / Apocalypse in 9/8 / The Musical Box / Sierra Quemada / Dancing With The Moonlit Knight / Back In NYC / Hairless Heart / Everyday / Liliwhite Lylith / Horizon's.

Prima di riprendere la chiacchierata, Steve mostra ancora una volta di che pasta è fatto esaltando l’opera di Mario Giammetti (da lui definito l’amanuense dei Genesis) e ricordando persino la fanzine Dusk che da oltre venti anni aggiorna gli appassionati della band.

Un omaggio sincero da parte di una delle rock star più umili che si siano mai viste.

Si parla poi di Horizon’s e ancora una volta Steve svela che fu Phil a incoraggiarlo a inserirla come apertura di Supper’s Ready per dare l’effetto di un applauso prima dell’inizio della suite. È questo il motivo per cui non c’è soluzione di continuità tra la fine del celebre pezzo strumentale e l’inizio di Supper’s Ready.

Mario Giammetti sciorina rapidamente la storia della band e arriviamo a Selling England by the pound e al celebre assolo di Firth of Fifth che Steve confessa di aver costruito sulla base di pianoforte scritta da Banks alla quale ha aggiunto la sua strumentazione.

Per The Lamb lies down on Broadway la domanda è la fatidica: dove sarebbero arrivati i Genesis se Peter Gabriel non avesse lasciato la band? E lui risponde che la direzione verso la quale Peter avrebbe portato la band sarebbe stata sempre meno romantica e molto simile a quella del suo disco III, del quale apprezza moltissimo i pezzi più tosti come Intruder e No One Of Us. Ricorda inoltre il grande interesse di Peter per la World Music con il WOMAD festival che ha contribuito a spezzare il monopolio di inglesi e americani nel rock dando una possibilità anche a band di altri paesi e il contributo di Peter alla lotta all’apartheid con il brano Biko.

Ma la serata non è ancora conclusa. Come è prassi in circostanze del genere, spunta fuori casualmente una chitarra e Fargnoli chiede ad Hackett di suonare Horizon’s. Il chitarrista accetta volentieri. Lo vedo mentre, a due passi da me, imbraccia lo strumento e sussurra un “vediamo cosa riesco a fare”. Ma accarezzare le corde della chitarra è il mestiere di Steve e il brano scivola via veloce tra il delirio della folla. Io? Sono seduto lì accanto a lui, come testimoniano i filmati pubblicati su Youtube, con uno sguardo a metà tra l’estatico e l’incredulo. I presenti si accalcano su Steve a caccia di autografi e foto ricordo. Ci sarebbe anche una cena da trascorrere ancora assieme prima del commiato. Ma vi confesso che non ve n’è traccia nella mia memoria. Con la mente sono ancora fermo là, su quella sedia, accanto a un mito con in mano una chitarra… Dream On!

Giovanni De Liso

Agosto 2014

Ultimo aggiornamento (Martedì 19 Maggio 2015 10:42)