L’ultimo disco della PFM ci fornisce lo spunto per una riflessione a più ampio raggio dell'inserimento dell'orchestra nelle trame del Progressive.

Da quando è nato il rock il tentativo di usare l'orchestra in dischi rock è stata operazione alquanto comune. Anzi sembra quasi un passaggio obbligato o un punto d'arrivo: l'orchestra è sempre vista come elemento speciale, magico che può donare ambientazioni musicali particolari e suggestive... Da qui a dire che ogni esperimento fatto in questo senso dal gruppo rock di turno sia effettivamente riuscito ce ne corre. Ma qualche cosa di speciale qui e lì è uscita. Se inizialmente l'orchestra veniva usata (molto spesso solo la sezione archi) nelle veci di quelle che saranno poi le parti del mellotron, già alla fine degli anni ‘60 qualcosa cambiò. I Moody Blues riescono ad usare un'orchestra per un loro progetto, ingannando, in pratica, la loro casa editrice (Deram). Questa voleva che il gruppo eseguisse musiche composte da un direttore d'orchestra (Peter Knight), ma nelle sessioni di registrazione i Moodies fecero di testa loro creando (sbirciando un po’ dalla Sinfonia n.9 di Antonín Dvořák) quel gioiellino che diventò pietra angolare del progressive sinfonico chiamato Days of future passed (1967). Già qui l'orchestra non viene sminuita nel suo ruolo, non essendo usata come o al solo scopo di un arrangiamento: anzi essa viene sfruttata in composizioni pensate per lei. E la differenza, rispetto ad altri esperimenti (Beatles, ad esempio), si sente.
Sulla stessa linea i Deep Purple con quel Concerto for Group and Orchestra il cui contenuto mantiene fede al titolo. L'orchestra ancora una volta suona composizioni pensate per lei (da Jon Lord), arrivando a duettare o alternarsi senza soluzione di continuità con gli strumenti elettrici e l'approccio più rock della band (purtroppo il progetto non fu di successo tanto che la Tetragrammaton fallì. I Deep Purple, allora, furono “costretti” a correre ai ripari e far uscire subito un album di vero ock non per niente chiamato appunto In Rock). Il disco dei Deep Purple è, a mio avviso, molto sottovalutato e meriterebbe maggior considerazione alla luce degli esperimenti successivi intrapresi da altri gruppi.
Ci sono ovviamente i Pink Floyd con Atom Heart Mother, un gioiello (la suite in particolare) in cui l'orchestra lavora ad unisono con la band, pur però restando in qualche modo in secondo piano.
Ma oltre questi esempi interessanti, vi è poi l'uso più "commerciale" delle orchestre. Mike Oldfield, visto il grandissimo successo del suo Tubular Bells, lo ripropone anche nella versione orchestrale che però non brilla in originalità o freschezza rispetto al lavoro con solo strumenti elettrici.
Gli ELP useranno l'orchestra più tardi a fine anni '70, nei loro Works, ma come testimonia anche il Works live pochi sono gli episodi riusciti e anche qui l'orchestra viene ad essere subalterna del gruppo più che comprimaria (ovviamente musicalmente parlando).
A casa nostra i tentativi più riusciti non sono proprio con grandi orchestre ma con quartetti o comunque più vicini ad ensemble per musica da camera. Ad esempio i New Trolls con i loro Concerto Grosso scritti dal premio oscar Bacalov, creano una buona mistura dei linguaggi orchestrali e del gruppo. Ma, ribadisco, si tratta di musica composta per gruppo e orchestra. Altri esempi possono essere gli Osanna de Milano calibro 9, sempre con musiche di Bacalov.
Rimanendo sui nomi noti e facendo un salto di tanti anni fino ad arrivare ai giorni nostri, lasciandoci dietro di noi i vari Magnification degli Yes o i vari gruppi anche heavy metal che usano l'orchestra in alcuni album (i Mekong Delta, Rage,Therion, Metallica, Trans-Siberian Orchestra, Entombed, Nightwish, adesso anche Rush) ad esempio, non si può non citare l'ottimo lavoro di Gabriel (New Blood) in cui tutti i suoi pezzi storici vengono riarrangiati per orchestra e vengono del tutto abbandonati gli strumenti elettrici: una bella prova di coraggio e un vero desiderio di dare un vestito nuovo a vecchie composizioni.
Dai tanti esperimenti realizzati nel corso ormai di oltre 40 anni di musica resta comunque la sensazione che il più delle volte l'orchestra venga usata per arricchire solo la tavolozza timbrica più che per realizzare cose che solo con l'orchestra potevano essere fatte. L'amante della musica classica non può che rimanere deluso, così come l'amante del rock che preferirebbe il bel solo di chitarra più che di violino. Il più delle volte l'innesto dell'orchestra è strumentale, e lo si capisce da come questa si inserisce nella musica del gruppo: per la maggior parte dei casi, l'orchestra interviene con i violini in un momento di particolare pathos oppure sono gli strumenti elettrici ad entrare, con basso e batteria, nella tessitura musicale quando la ritmica lo permette. Insomma di musica composta apposta per l'ensamble elettrico-acustico ce n'è poca. Dopo diversi dischi, alla fine l'ascoltatore sa benissimo quando ci sarà la parte dell'orchestra, quando quella del gruppo, schema che alla fine banalizza il lavoro eseguito. Ed ho usato tre parole nella stessa frase che per un disco progressive è una vera stroncatura: schema, banale, prevedibile. Ma oltre agli esempi positivi citati, ad ogni modo, non riesco a non citare i bei risultati degli Isildurs Bane di Mind vol 2, dei grandissimi Enid che dell'uso dell'orchestra ne fanno cosa comune nella loro proposta musicale, i Renaissance di Novella o i pomposi tentativi di Wakeman, o gli esperimenti di Hackett.
A volte la voglia di usare in tutte le sue potenzialità l'orchestra e il linguaggio classico ha partorito cose davvero interessanti come l'opera Ca Ira di Waters, o le opere di Battiato o come le Orme che in Florian invece di usare un'orchestra si sono trasformati in un quartetto per fare musica cameristica.
Quello che resta da tutto quanto detto è che sicuramente un disco con orchestra è sempre qualcosa di speciale, una tappa che ogni artista prima o poi compie e anche per questo il risultato è sempre un disco molto affascinante.

Alla fine degli anni ’90, il Prog Metal ha condiviso con il neonato Symphonic metal il comune obbiettivo di ridare dignità agli arrangiamenti di classe nell’Heavy Metal. Il Grunge aveva infatti derubricato ad inutili orpelli i ricchi arrangiamenti di synth e tastiera che tanta fortuna avevano arrecato alla musica degli anni ’80. Ponendosi come
baluardo ultimo contro questa folle deriva semplificatrice, il Prog Metal non poteva non guardare con interesse agli esperimenti con l’orchestra fatti da alcuni pioneri negli anni ’80. Into the Pandemonium dei Celtic Frost resta la pietra
miliare di un certo modo progressivo di intendere la musica estrema. Gli svizzeri osano infatti inserire nel disco un arrangiamento sinfonico per musicare la poesia Tristesses de la Lune di Boudelaire declamata da una voce femminile. Altri precursori sono i Savatage del trittico Hall of the Mountain King, Gutter Ballet e Streets. Anche se non compare su disco a causa dei costi allora proibitivi (tranne nel video Gutter Ballet), l’orchestra . praticamente simulata dagli arrangiamenti dei nostri che infatti diventeranno il prototipo del Symphonic Metal a causa della loro passione per
mescolare Heavy Metal con Queen e Beatles (specialmente nella loro successiva incarnazione dei Trans Siberian Orchestra di cui consigliamo il bellissimo Beethoven Last Night). Infine, un personaggio da cui molto Prog Metal ha mutuato tecniche di arrangiamento e strutture musicali è Yngwie Malmsteen. Come da lui stesso descritto nella sua recente autobiografia, la vera innovazione da lui apportata al Metal e al Rock in generale è stata applicare le tecniche strumentali tipiche del violino alla chitarra elettrica. Nel suo Concerto Suite del 1998 Malmsteen si cimenta con
successo nella scrittura di partiture propriamente classiche e il risultato raggiunto rappresenta ancora oggi un apice creativo ineguagliato per il Symphonic Metal

Da quanto detto un disco con orchestra  si può dividere in due grosse tipologie: musica originale composta per un orchestra eventualmente con l'uso di strumenti anche elettrici, o riarrangiamento di brani rock con l'uso dell'orchestra ad arricchire il timbro più che variare l'arrangiamento. Detto questo ci viene subito la domanda, ma l'ultimo della PFM come lo si può inquadrare? Il disco ha chiaramente due anime racchiuse in due cd distinti. Niente di meglio, quindi, che analizzarli separatamente.  Nel primo cd, troviamo la PFM che si cimenta insieme ad un'orchestra in diversi brani classici, con numerosi innesti di musica che fa parte del dna della band di Di Cioccio & co. Detta così subito si capisce che l'idea non è nuova: già nel '72, giusto per parlare dell'esempio più semplice e conosciuto da tutti, gli ELP rielaborarono Pictures at an Exhibition di Mussorgskij di cui abbiamo parlato anche nel numero scorso. Tacciamo quindi sull'originalità della proposta oltre che sulla realizzazione che è ovviamente impeccabile come ci si aspetta da una produzione PFM. Concentriamoci quindi sulle emozioni e le scelte fatte dalla band.

Si parte con il Flauto Magico: Overture, con il bel fraseggio di basso elettrico e l'ariosa e armonica frase melodica con tutto l'orchestra. Non ci poteva essere miglior brano d'apertura. Il pezzo è  chiaramente pensato come una "botta e risposta" tra gruppo e orchestra. Bello il dialogo tra Mussida e orchestra (principalmente violini) a centro brano. Poi si ritorna al fraseggio iniziale, e la reintroduzione di tutta l'orchestra e gruppo. Insomma l'ascolto resta piacevole fino alla fine di un brano che è molto ben architettato. Le cose però più interessanti le ho trovate in altri brani, a partire proprio dal secondo pezzo: Danza Macabra. Sebbene il brano cominci con il fraseggio di Mussida, è ancora Djivas  a condurre il gioco e a guidarci nel cuore dell'orchestra. E' uno dei pezzi, che conoscevo meno, a dire il vero, ma è uno di quei pochi (se non l'unico)  in cui gruppo e orchestra effettivamente suonano insieme, come un'unica entità. Si possono trovare molti spunti interessanti che rendono particolarmente piacevole e variegato l'ascolto. Nella Danza Slava, poi, alcune cose di  Mussida ricordano  cose già sentite in quel di Stati di immaginazione,  anche se volendo essere pignoli è il brano in cui la parte orchestrale è maggiormente  divisa  dalla parte PFM, un po' la stessa sensazione che avevamo sentito nel brano d'apertura e, a ben vedere,  atteggiamento che viene scelto nella quasi totalità delle tracce. A volte l'intervento dell'orchestra è effettivamente a margine, altre volte l'intervento elettrico infastidisce, ma state parlando con chi apprezza anche la classica e quindi certe ibridazioni non lo entusiasmano. Ma la vera gemma, quella che effettivamente vale il prezzo dell'intero cd, è la Sinfonia n° 5 di Mahler che si apre con un assolo di chitarra di Mussida che  ben introduce un pezzo che è magnifico di suo. Ma quello che mi piace di questo brano è che dà all'originale quella visione del musicista rock ma con tutto l'amore e il rispetto nei confronti del pezzo originale. Non saprei che altro aggiungere, tranne che anche l'innesto dell'orchestra avviene in maniera naturale e quasi "ovvia", senza sembrare banale, così come il conseguente lavoro degli strumenti elettrici, con la dovuta digressione centrale (che comunque ricorda cose sentite sempre in Stati di Immaginazione) per ritornare su lidi tranquilli e sicuri grazie all'orchestra.  Proprio un gran brano. Piacevole è anche Romeo e Giulietta, Danza dei Cavalieri... ELP ne danno una versione più muscolare ma meno articolata, la PFM invece ben cattura lo spirito del pezzo, dandone una versione variegata e degna di nota. La Grande Pasqua Russa è appunto una festa divertente e trascinante. Ma qui, il mio amore per gli autori russi mi fa essere di parte. Il Nabucco: Overture, poi, è da dove tutto è cominciato (l'esecuzione di questo brano ad una manifestazione per il bicentenario verdiano ha fatto partire l'idea del disco di cui stiamo parlando), ma mi sembra il pezzo più debole di questo primo disco. Ma come si poteva escluderlo?

Con il secondo disco invece il lavoro entra nella categoria dei riarrangiamenti di pezzi rock con orchestra. E qui pensavamo che il gruppo fosse più coraggioso. Più coraggioso lo è stato, ad esempio, il già citato Peter Gabriel con il suo progetto New Blood, in cui riarrangia per orchestra senza più intervento di strumenti elettrici, gran parte della sua produzione più significativa, compreso pezzi che non sono facili da immaginare senza supporto di tecnologia: penso a Red rain, Sledgammer o San Jacinto. Sebbene preferisca il Gabriel elettrico, c'è da dire che la sua operazione di riarrangiamento con orchestra, mi ha convinto molto di più di questo secondo cd della PFM. Sebbene i pezzi classici del gruppo vengano ingioiellati dalla presenza dell'orchestra, non si arricchiscono di sfaccettature nuove, e l'operazione resta fine a se stessa. La stessa presenza di Maestro della voce, è un controsenso. Comprendo che è un pezzo a cui il gruppo tiene molto, ma un pezzo così se non lo si riarrangia e stravolge (molto legato, nella struttura, alla linea di basso, e se cambi quella necessariamente devi stravolgere il pezzo) è in pratica blindato: e così è stato il risultato, in pratica messo il cappello con l'orchestra dopo si continua come al solito. Fortunatamente si torna sui livelli altissimi del primo cd con la Suite Italiana, una suite che dopo l'introduzione dell'orchestra (dalla Sinfonia n° 4 Italiana di Mendelssohn) ben si innesca il classico E' festa (o Celebration che dir si voglia). Ed è una bella festa: questa volta l'orchestra viaggia bene alle spalle del sinth e della ritmica tarantellata del pezzo, tanto ritmato che alla fine a tarantella va a finire (La Danza di Rossini); gli strumenti elettrici si alternano ai legni senza soluzione di continuità, con gli ottoni a dettare la frase melodica per poi tornare a E' festa. Insomma, un bel pezzo, usando un classico che in qualsiasi salsa lo si cuoce continua a piacere ad anni di distanza. Scivola via anche l'Overture del Guglielmo Tell, senza che l'opinione cambi: il secondo cd, ad esclusione della Suite Italiana, non aggiunge nulla a quanto già fatto nella prima parte ma anche rispetto alla produzione PFM del passato. In conclusione sebbene il primo cd sia nettamente superiore al secondo, complessivamente il progetto non mi ha convinto. Sarà che sono sempre molto esigente, speravo quasi in un'opera come quella già citata di Jon Lord (RIP, 2012) che nel suo Concerto for Group and Orchestra realizzò un vero gioiellino (sottovalutato, ripeto, da molti) in cui la musica veramente fu composta per lo strano ensemble, in cui non è solo la ritmica a dare il là all'introduzione degli strumenti elettrici, dando così una sensazione di tutt'uno che questo disco raggiunge poche volte. Ma anche usare solo l'orchestra con musica originale composta dalla PFM, sarebbe stato molto più interessante. Forse a ben guardare del doppio se ne poteva fare un singolo e il giudizio sarebbe stato diverso. Comunque se siete fan della PFM è un disco che vi piacerà molto. Se, invece,  non avete nulla del gruppo, può essere un modo per avvicinarvi alla produzione di questo grande mito italiano, e godere delle sopraffine abilità tecniche nell'arrangiare i pezzi classici da loro scelti. Se infine, volete qualcosa di originale, allora forse vi suggerirei di acquistare altre cose che sono uscite recentemente, posticipando l'acquisto di questo cd a quando si hanno soldini in più  (di questi tempi…). 

Montag

Febbraio 2014

L’ultimo disco della PFM ci fornisce lo spunto per una riflessione a più ampio raggio dell'inserimento dell'orchestra nelle trame del Progressive.

 

Da quando è nato il Rock il tentativo di usare l'orchestra in dischi rock è stata operazione alquanto comune. Anzi sembra quasi un passaggio obbligato o un punto d'arrivo: l'orchestra è sempre vista come elemento speciale, magico che può donare ambientazioni musicali particolari e suggestive...

 

 

... da qui a dire che ogni esperimento fatto in questo senso dal gruppo Rock di turno sia effettivamente riuscito ce ne corre. Ma qualche cosa di speciale qui e lì è uscita.

Se inizialmente l'orchestra veniva usata (molto spesso solo la sezione archi) nelle veci di quelle che

saranno poi le parti del mellotron, già alla fine degli anni ‘60 qualcosa cambiò.

I Moody Blues riescono ad usare un'orchestra per un loro progetto, ingannando, in pratica, la loro

casa editrice (Deram). Questa voleva che il gruppo eseguisse musiche composte da un direttore

d'orchestra (Peter Knight), ma nelle sessioni di registrazione i Moodies fecero di testa loro

creando (sbirciando un po’ dalla Sinfonia n.9 di Antonín Dvořák) quel gioiellino che diventò pietra

angolare del Progressive Sinfonico chiamato Days of future passed (1967).

Già qui l'orchestra non viene sminuita nel suo ruolo, non essendo usata come o al solo scopo di

un arrangiamento: anzi essa viene sfruttata in composizioni pensate per lei. E la differenza,

rispetto ad altri esperimenti (Beatles, ad esempio), si sente.

Sulla stessa linea i Deep Purple con quel Concerto for Group and Orchestra il cui contenuto mantiene fede al titolo. L'orchestra ancora una volta suona composizioni pensate per lei (da John Lord), arrivando a duettare o alternarsi senza soluzione di continuità con gli strumenti elettrici e l'approccio più Rock della band (purtroppo il progetto non fu di successo tanto che la Tetragrammaton fallì. I Deep Purple, allora, furono “costretti” a correre ai ripari e far uscire subito un album di vero Rock non per niente chiamato appunto In Rock). Il disco dei Deep Purple è, a mio avviso, molto sottovalutato e meriterebbe maggior considerazione alla luce degli esperimenti successivi intrapresi da altri gruppi.

Ci sono ovviamente i Pink Floyd con Atom Heart Mother, un gioiello (la suite in particolare) in cui

l'orchestra lavora ad unisono con la band, pur però restando in qualche modo in secondo piano.

Ma oltre questi esempi interessanti, vi è poi l'uso più "commerciale" delle orchestre.

Mike Oldfield, visto il grandissimo successo del suo Tubular Bells, lo ripropone anche nella

versione orchestrale che però non brilla in originalità o freschezza rispetto al lavoro con solo

strumenti elettrici.

Gli ELP useranno l'orchestra più tardi a fine anni '70, nei loro Works, ma come testimonia anche il

Works live pochi sono gli episodi riusciti e anche qui l'orchestra viene ad essere subalterna del

gruppo più che comprimaria (ovviamente musicalmente parlando).

A casa nostra i tentativi più riusciti non sono proprio con grandi orchestre ma con quartetti o

comunque più vicini ad ensemble per musica da camera. Ad esempio i New Trolls con i loro

Concerto Grosso scritti dal premio oscar Bacalov, creano una buona mistura dei linguaggi orchestrali e del gruppo. Ma, ribadisco, si tratta di musica composta per gruppo e orchestra.

Altri esempi possono essere gli Osanna de Milano calibro nove, sempre con musiche di Bacalov.

Rimanendo sui nomi noti e facendo un salto di tanti anni fino ad arrivare ai giorni nostri,

lasciandoci dietro di noi i vari Magnification degli Yes o i vari gruppi anche Heavy Metal che usano

l'orchestra in alcuni album (i Mekong Delta, Rage,Therion, Metallica, Trans-Siberian Orchestra,

Entombed, Nightwish, adesso anche Rush) ad esempio, non si può non citare l'ottimo lavoro di

Gabriel (New Blood) in cui tutti i suoi pezzi storici vengono riarrangiati per orchestra e vengono del

tutto abbandonati gli strumenti elettrici: una bella prova di coraggio e un vero desiderio di dare un

vestito nuovo a vecchie composizioni.

Dai tanti esperimenti realizzati nel corso ormai di oltre 40 anni di musica resta comunque la

sensazione che il più delle volte l'orchestra venga usata per arricchire solo la tavolozza timbrica più

che per realizzare cose che solo con l'orchestra potevano essere fatte. L'amante della musica

Classica non può che rimanere deluso, così come l'amante del Rock che preferirebbe il bel solo di

chitarra più che di violino.

Il più delle volte l'innesto dell'orchestra è strumentale, e lo si capisce da come questa si inserisce nella musica del gruppo: per la maggior parte dei casi, l'orchestra interviene con i violini in

un momento di particolare pathos oppure sono gli strumenti elettrici ad entrare, con basso e batteria,

nella tessitura musicale quando la ritmica lo permette. Insomma di musica composta apposta

per l'ensamble elettrico-acustico ce n'è poca. Dopo diversi dischi, alla fine l'ascoltatore sa benissimo

quando ci sarà la parte dell'orchestra, quando quella del gruppo, schema che alla fine banalizza il

lavoro eseguito. Ed ho usato tre parole nella stessa frase che per un disco Progressive è una vera

stroncatura: schema, banale, prevedibile. Ma oltre agli esempi positivi citati, ad ogni modo, non riesco a non citare i bei risultati degli Isildurs Bane di Mind vol II, dei grandissimi Enid che dell'uso

dell'orchestra ne fanno cosa comune nella loro proposta musicale, i Renaissance di Novella o i

pomposi tentativi di Wakeman, o gli esperimenti di Hackett.

A volte la voglia di usare in tutte le sue potenzialità l'orchestra e il linguaggio classico ha partorito cose davvero interessanti come l'opera CA IRA di Waters, o le opere di Battiato o come le Orme

che in Florian invece di usare un'orchestra si sono trasformati in un quartetto per fare musica

cameristica.

Quello che resta da tutto quanto detto è che sicuramente un disco con orchestra è sempre

qualcosa di speciale, una tappa che ogni artista prima o poi compie e anche per questo il risultato

è sempre un disco molto affascinante.

 

 

BOX1

Alla fine degli anni 90, il Prog Metal ha condiviso con il neonato Symphonic metal il comune obbiettivo di ridare dignità agli arrangiamenti di classe nellHeavy Metal. Il Grunge aveva infatti derubricato ad inutili orpelli i ricchi arrangiamenti di synth e tastiera che tanta fortuna avevano arrecato alla musica degli anni 80. Ponendosi come

baluardo ultimo contro questa folle deriva semplificatrice, il Prog Metal non poteva non guardare con interesse agli esperimenti con lorchestra fatti da alcuni pioneri negli anni 80. Into the Pandemonium dei Celtic Frost resta la pietra

miliare di un certo modo progressivo di intendere la musica estrema. Gli svizzeri osano infatti inserire nel disco un arrangiamento sinfonico per musicare la poesia Tristesses de la Lune di Boudelaire declamata da una voce femminile. Altri precursori sono i Savatage del trittico Hall of the Mountain King, Gutter Ballet e Streets. Anche se non compare su disco a causa dei costi allora proibitivi (tranne nel video Gutter Ballet), lorchestra . praticamente simulata dagli arrangiamenti dei nostri che infatti diventeranno il prototipo del Symphonic Metal a causa della loro passione per

mescolare Heavy Metal con Queen e Beatles (specialmente nella loro successiva incarnazione dei Trans Siberian Orchestra di cui consigliamo il bellissimo Beethoven Last Night). Infine, un personaggio da cui molto Prog Metal ha mutuato tecniche di arrangiamento e strutture musicali è Yngwie Malmsteen. Come da lui stesso descritto nella sua recente autobiografia, la vera innovazione da lui apportata al Metal e al Rock in generale è stata applicare le tecniche strumentali tipiche del violino alla chitarra elettrica. Nel suo Concerto Suite del 1998 Malmsteen si cimenta con

successo nella scrittura di partiture propriamente classiche e il risultato raggiunto rappresenta ancora oggi un apice creativo ineguagliato per il Symphonic Metal.

 

RECENSIONE PFM

 

Da quanto detto un disco con orchestra  si può dividere in due grosse tipologie: musica originale composta per un orchestra eventualmente con l'uso di strumenti anche elettrici, o riarrangiamento di brani Rock con l'uso dell'orchestra ad arricchire il timbro più che variare l'arrangiamento. Detto questo ci viene subito la domanda, ma l'ultimo della PFM come lo si può inquadrare? Il disco ha chiaramente due anime racchiuse in due cd distinti. Niente di meglio, quindi, che analizzarli separatamente.  Nel primo cd, troviamo la PFM che si cimenta insieme ad un'orchestra in diversi brani classici, con numerosi innesti di musica che fa parte del dna della band di Di Cioccio & co. Detta così subito si capisce che l'idea non è nuova: già nel '72, giusto per parlare dell'esempio più semplice e conosciuto da tutti, gli ELP rielaborarono Pictures at an Exhibition di Mussorgskij di cui abbiamo parlato anche nel numero scorso.  Tacciamo quindi sull'originalità della proposta oltre che sulla realizzazione che è ovviamente impeccabile come ci si aspetta da una produzione PFM. Concentriamoci quindi sulle emozioni e le scelte fatte dalla band.  

Si parte con il Flauto Magico: Overture, con il bel fraseggio di basso elettrico e l'ariosa e armonica frase melodica con tutto l'orchestra. Non ci poteva essere miglior brano d'apertura. Il pezzo è  chiaramente pensato come una "botta e risposta" tra gruppo e orchestra. Bello il dialogo tra Mussida e orchestra (principalmente violini) a centro brano. Poi si ritorna al fraseggio iniziale, e la reintroduzione di tutta l'orchestra e gruppo. Insomma l'ascolto resta piacevole fino alla fine di un brano che è molto ben architettato. Le cose però più interessanti le ho trovate in altri brani, a partire proprio dal secondo pezzo: Danza Macabra. Sebbene il brano cominci con il fraseggio di Mussida, è ancora Djivas  a condurre il gioco e a guidarci nel cuore dell'orchestra. E' uno dei pezzi, che conoscevo meno, a dire il vero, ma è uno di quei pochi (se non l'unico)  in cui gruppo e orchestra effettivamente suonano insieme, come un'unica entità. Si possono trovare molti spunti interessanti che rendono particolarmente piacevole e variegato l'ascolto. Nella Danza Slava, poi, alcune cose di  Mussida ricordano  cose già sentite in quel di Stati di immaginazione,  anche se volendo essere pignoli è il brano in cui  la parte orchestrale è maggiormente  divisa  dalla parte PFM, un po' la stessa sensazione che avevamo sentito nel brano d'apertura e, a ben vedere,  atteggiamento che viene scelto nella quasi totalità delle tracce. A volte l'intervento dell'orchestra è effettivamente a margine, altre volte l'intervento elettrico infastidisce, ma state parlando con chi apprezza anche la Classica e quindi certe ibridazioni non lo entusiasmano. Ma la vera gemma, quella che effettivamente vale il prezzo dell'intero cd, è la Sinfonia n° 5 di Mahler che si apre con un assolo di chitarra di Mussida che  ben introduce un pezzo che è magnifico di suo. Ma quello che mi piace di questo brano è che dà all'originale quella visione del musicista Rock ma con tutto l'amore e il rispetto nei confronti del pezzo originale. Non saprei che altro aggiungere, tranne che anche l'innesto dell'orchestra avviene in maniera naturale e quasi "ovvia", senza sembrare banale, così come il conseguente lavoro degli strumenti elettrici, con la dovuta digressione centrale (che comunque ricorda cose sentite sempre in Stati di Immaginazione) per ritornare su lidi tranquilli e sicuri grazie all'orchestra.  Proprio un gran brano. Piacevole è anche Romeo e Giulietta, Danza dei Cavalieri... ELP ne danno una versione più muscolare ma meno articolata, la PFM invece ben cattura lo spirito del pezzo, dandone una versione variegata e degna di nota. La Grande Pasqua Russa è appunto una festa divertente e trascinante. Ma qui, il mio amore per gli autori russi mi fa essere di parte. Il Nabucco: Overture, poi, è da dove tutto è cominciato (l'esecuzione di questo brano ad una manifestazione per il bicentenario verdiano ha fatto partire l'idea del disco di cui stiamo parlando), ma mi sembra il pezzo più debole di questo primo disco. Ma come si poteva escluderlo?  

 

Con il secondo disco invece il lavoro entra nella categoria dei riarrangiamenti di pezzi Rock con orchestra. E qui pensavamo che il gruppo fosse più coraggioso. Più coraggioso lo è stato, ad esempio, il già citato Peter Gabriel con il suo progetto New Blood, in cui riarrangia per orchestra senza più intervento di strumenti elettrici, gran parte della sua produzione più significativa, compreso pezzi che non sono facili da immaginare senza supporto di tecnologia: penso a Red rain, Sledgammer o San Jacinto. Sebbene preferisca il Gabriel elettrico, c'è da dire che la sua operazione di riarrangiamento con orchestra, mi ha convinto molto di più di questo secondo cd della PFM. Sebbene i pezzi classici del gruppo vengano ingioiellati dalla presenza dell'orchestra, non si arricchiscono di sfaccettature nuove, e l'operazione resta fine a se stessa. La stessa presenza di Maestro della voce, è un contro senso. Comprendo che è un pezzo a cui il gruppo tiene molto, ma un pezzo così se non lo si riarrangia e stravolge (molto legato, nella struttura, alla linea di basso, e se cambi quella necessariamente devi stravolgere il pezzo) è in pratica blindato: e così è stato il risultato, in pratica messo il cappello con l'orchestra dopo si continua come al solito. Fortunatamente si torna sui livelli altissimi del primo Cd con la Suite Italiana, una suite che dopo l'introduzione dell'orchestra (dalla Sinfonia n° 4 Italiana di Mendelssohn) ben si innesca il classico E' festa (o Celebration che dir si voglia). Ed è una bella festa: questa volta l'orchestra viaggia bene alle spalle del sinth e della ritmica tarantellata del pezzo, tanto ritmato che alla fine a tarantella va a finire (La Danza di Rossini); gli strumenti elettrici si alternano ai legni senza soluzione di continuità, con gli ottoni a dettare la frase melodica per poi tornare a E' festa. Insomma, un bel pezzo, usando un classico che in qualsiasi salsa lo si cuoce continua a piacere ad anni di distanza. Scivola via anche l'Overture del Guglielmo Tell, senza che l'opinione cambi: il secondo cd, ad esclusione della Suite Italiana, non aggiunge nulla a quanto già fatto nella prima parte ma anche rispetto alla produzione PFM del passato. In conclusione sebbene il primo cd sia nettamente superiore al secondo, complessivamente il progetto non mi ha convinto. Sarà che sono sempre molto esigente, speravo quasi in un'opera come quella già citata di John Lord (RIP, 2012) che nel suo Concerto for Group and Orchestra realizzò un vero gioiellino (sottovalutato, ripeto, da molti) in cui la musica veramente fu composta per lo strano ensemble, in cui non è solo la ritmica a dare il là all'introduzione degli strumenti elettrici, dando così una sensazione di tutt'uno che questo disco raggiunge poche volte. Ma anche usare solo l'orchestra con musica originale composta dalla PFM, sarebbe stato molto più interessante. Forse a ben guardare del doppio se ne poteva fare un singolo e il giudizio sarebbe stato diverso. Comunque se siete fan della PFM è un disco che vi piacerà molto. Se, invece,  non avete nulla del gruppo, può essere un modo per avvicinarvi alla produzione di questo grande mito italiano, e godere delle sopraffine abilità tecniche nell'arrangiare i pezzi classici da loro scelti. Se infine, volete qualcosa di originale, allora forse vi suggerirei di acquistare altre cose che sono uscite recentemente, posticipando l'acquisto di questo cd a quando si hanno soldini in più  (di questi tempi…).

 

Montag

Febbraio 2014

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Ultimo aggiornamento (Mercoledì 03 Settembre 2014 15:46)