alt Brani:
1-Arafura; 2-Bromo; 3-So far so close; 4-Whale dance; 5-The dark of the light; 6-Jembrana's fantasy; 7-NYC 2050; 8-The return of Lamafa.
Formazione:
Dwiki Dharmawan: Fender Rhodes electric piano, mini moog, Hohner clavinet, Hammond organ, Korg synth, acoustic piano, vocals (3, 4).
with Jimmy Haslip: bass guitar; Chad Wackerman: drums; Dewa Budjana: electric guitar (1, 2, 6, 7, 8); Tohpati: electric guitar (3, 5), acoustic guitar (4); Jerry Goodman: electric violin (1); I Nyoman Windha: gamelan jegog, balinese kendang, suling (bamboo flute), vocals (6).
Produced by Dwiki Dharmawan

2015, Moonjune Records - durata totale: 46:07

Già in sede di presentazione questo disco promette grandissime cose. Dwiki Dharmawan è l'ennesimo artista indonesiano supportato dalla Moonjune Records. Si tratta di un tastierista che ha alle spalle ben trent'anni di onorata carriera e il boss della casa discografica statunitense Leonardo Pavkovic ne fa una magnifica introduzione nelle note scritte per questo cd. Aggiungiamoci che per la realizzazione di So far so close sono stati coinvolti mostri sacri del jazz-rock come Chad Wackerman, Jimmy Haslip e Jerry Goodman e che vi partecipano anche due chitarristi connazionali di Dwiki e che abbiamo imparato a conoscere bene, Dewa Budjana e Tohpati.
Finita la presentazione passiamo alla musica ed affermiamo immediatamente che tutte le promesse vengono mantenute in pieno! Si parte subito in maniera infuocata, con i sette minuti di Arafura, che, complice anche il violino di Goodman, spinge subito in direzione Mahavishnu Orchestra. Si prosegue con una serie di pezzi che vanno da una fusion elegante e dai ritmi frizzanti (Bromo, la title-track, NYC 2050) a soluzioni che si avvicinano persino a quel jazz-rock progressivo che ci hanno fatto conoscere esponenti canterburiani quali National Health o lo stellare gruppo di Bill Bruford (Whale dance, The dark of the light). Non poteva mancare qualche viaggio sonoro sperimentale verso la terra di origine di Dwiki e così i nove minuti di Jembrana's fantasy ci fanno immergere in un sound esotico in cui l'orientamento jazzistico del tastierista si incontra con i timbri particolari di strumenti tipici dell'Indonesia come gamelan e kendang. Sorprendente il finale affidato a The return of Lamafa, che dopo un inizio misterioso, tra Oriente e atmosfere à la Pink Floyd, vira poi verso territori sinfonici e barocchi, che ricordano un po' gli olandesi Trace.
Inutile dire che la prestazione dei musicisti è impeccabile e che siamo di fronte ad uno di quei casi in cui l'unione di talenti immensi porta a risultati egregi. Con buona pace di chi fa un sorrisino superficiale e pieno di pregiudizi quando sente parlare di artisti indonesiani...

Peppe
febbraio 2016

Ultimo aggiornamento (Venerdì 08 Luglio 2016 11:00)