alt Brani:
1. Il Giardino delle Consuetudini (5:12); 2. Microgen (2:47); 3. Microgen (Parte 2) (3:05); 4. Il Mondo Bianco Opaco (2:32); 5. Consapevolezza (2:41); 6. Incontro con i Saponiani (2:06); 7. Nella Città (6:15); 8. Il Signore dei Pensanti (5:25); 9. Processo alla Verità (5:18); 10. Riflessioni (2:55); 11. Il Peso della Conoscenza (4:56); 12. Un Viaggio Lungo un Istante (4:02); 13. Reviviscenza (2:51); 14. Ritorno al Giardino (5:57); 15. E il Mondo Scoppierà (4:13).
Formazione:

Paolo Colombo: guitars, vocals; Alberto Citterio: keyboards, vocals; - Marco Buzzi: bass, vocals; Emanuele Borsati: drums, vocals; Massimo Sabbatini: vocals.

2014, Fading Records

E’ con un divertente concept, ispirato al racconto Sulla bolla di sapone di Kurd Lasswitz (1887), che i FEM, nuova promessa del prog italiano, si presenta al pubblico. (in realtà il gruppo aveva rilasciato in precedenza un EP, Epsilon del 2012, ndr.)

La storia è semplice: esiste un marchingegno, il Microgen, che permette di miniaturizzarsi e salire a bordo di una bolla di sapone appena prodotta dal gioco di un bambino. Sulla bolla esiste addirittura una civiltà che ovviamente non crede alla futura distruzione del loro mondo. Il concept è divertente e ha diverse chiavi di lettura, la più semplice quella dell’impossibilità della ragione umana a comprendere ogni cosa del creato, anche con l’intervento di qualcuno che conosce la verità.

Ma non è questo il luogo per approfondire.

Diciamolo subito, il disco vale l’ascolto, è fresco e divertente e fa intravvedere le grandi possibilità che questa band possiede.

Le composizioni nate per lo più dalla mente di Alberto Citterio (tastiere) e Emanuele Borsati (batteria), sono di ottima fattura e pensate per l’economia dell’album senza fronzoli inutili.

Le coordinate dove inserire questo lavoro sono sicuramente quelle del new prog più classico, con tastiere in evidenza e robusta sezione ritmica (un particolare plauso al bassista Marco Buzzi) capace di accelerazioni e cambi di ritmo con una naturalezza davvero notevole. Dopo la dichiarazione d’intenti del Giardino delle consuetudini, con tutta la macchina del gruppo in bello spolvero, è con Microgen e Microgen parte 2 che emergono quei tocchi di eleganza che si possono trovare in tutto l’album: gli ottimi inserimenti della chitarra di Paolo Colombo fanno capire che di “benzina” ce n’è anche in fase di arrangiamento; il lavoro alle tastiere, a cesellare quasi maniacalmente l’intera frase melodica è mai invadente e sempre di gusto; la sezione ritmica, come detto, è il vero perno intorno a cui tutto ruota, una certezza; Il cantato di Massimo Sabbatini s’inserisce bene nei suoni e nei ritmi creati, anche se, devo dire che il suo cantato tradisce una tendenza monocorde, nel timbro, che alla fine può stancare.

L’incontro con i saponiani fa divertire il gruppo in soluzioni più dure, con una chitarra cattiva, e un synth che viaggia su tutto dettando i ripetuti cambiamenti d’ambientazione.

Diventa così naturale confluire nel cuore del lavoro, nella traccia più new prog del disco, Nella città, dove il synth e la chitarra fraseggiano facendo cambiare l’atmosfera rilassandola per poi tornare alle intenzioni iniziali. In certi momenti, anche a causa della scelta dei suoni delle tastiere, pare di ricordarsi dei primi Pendragon, quelli di Jewel per intenderci. Si continua su altissimi livelli nei pezzi successivi, con un new prog mai di maniera, cambi di ritmi e mood azzeccati arrivando a citare (per sezione ritmica e frase del sintetizzatore) palesemente i Genesis di The lamb lies down on Broadway in Viaggio lungo un istante.

Un arpeggio di chitarra annuncia la fine dell’opera per il pezzo finale E il mondo scoppierà che, riportando la band sui binari tracciati all’inizio, chiude degnamente quest’ottimo esordio.

Che dire, non ci sono novità nella proposta del gruppo, le loro intenzioni sono ben chiare: riproporre quanto fatto negli anni '70 (soprattutto in ambito sinfonico) con un piglio moderno, cioè la completa adesione al manifesto new prog! Quello che mi permetto di aggiungere è che lo fanno molto bene e con molta personalità. Eliminate alcune zavorre e citazioni (che semmai paradossalmente faranno felice tanti altri decretando anche il successo dell’album) la FEM ha tutte le capacità e possibilità di stupire anche chi ricerca innovazione in un album Prog. Se il sound è fortemente incentrato sulle tastiere è chiaro che maggiore spazio ai duetti con la chitarra possono arricchire ulteriormente la proposta del gruppo. Ma queste sono solo illazioni di un incontentabile che in attesa di ascoltare i capitoli futuri si gode questo cd che gira molto spesso nel suo lettore.

Silvio Leccia

giugno 2014

Ultimo aggiornamento (Lunedì 25 Maggio 2015 10:52)