alt Brani:
1-Portonovo; 2-Aion; 3-Apologia del nodano; 4-Nous; 5-Officina; 6-Arturiana; 7-Stella Maris.
Formazione:

Andrea De Luca: voce, basso, chitarra acustica, chitarra elettrica, sintetizzatori, saz; Carlo Fattorini: batteria, percussioni acustiche ed elettroniche, glockenspiel, vibrafono; Fabrizio Santoro: chitarra elettrica, basso, sintetizzatori.
Con la partecipazione di
Valerio Di Giovanni: chitarra elettrica in 1; Sasha Bon: sintetizzatori in 4; Gianluca Cottarelli: piano elettrico in 7; Silvia Scozzi: armonie vocali in 7.

2014, AMS Records - durata totale: 49:52

Un album dei Nodo Gordiano non è mai un album banale. Anche questo quarto lavoro in studio, Nous, sotto certi aspetti può essere definito spiazzante. In senso positivo. E' da apprezzare il coraggio di non ristagnare su schemi ben definiti, di non seguire uno stile preciso e riconoscibile, ma di rischiare sempre, di sorpendere e sorprendersi alle prese con sentieri musicali sempre particolari. Li avevamo lasciati a Fletkogon, splendido lavoro incentrato su una lunghissima composizione ricca di sfaccettature quale si era dimostrata Avventure di Mastarna, un vero gioiello... Li ritroviamo nel 2014 con Nous, altro disco di grande qualità, che pure riesce a discostarsi dalla produzione passata e da influenze specifiche.
Portonuovo apre il cd con atmosfere lunatiche, tra arpeggi acustici, tastiere spacey, ritmi e canto stravaganti, per poi andarsi a concludere in maniera ancora più curiosa, con le distorsioni della chitarra elettrica ad aggiungersi al tutto. E' un progressive rock ancora più visionario di quanto ci avevano abituato, che mostra forti legami con la psichedelia, come dimostra la successiva Aion, che rievoca spazi siderali nella parte iniziale, per poi lanciarsi con sferzate elettriche in una sorta di bizzarro hard rock che mescola Hawkwind e King Crimson periodo 1973-74. E che dire del travolgente jazz-rock contaminato di world music di Apologia del nodano? I Nodo Gordiano davvero sanno come spiazzare e come, contemporaneamente, farsi ammirare. La loro è un'evoluzione continua, che li spinge a muoversi quasi a 360°, sempre con intelligenza e mantenendo un'elevata qualità della proposta musicale. E così sono estremamente affascinanti gli umori floydiani di cui è impregnata la lunga title-track (quasi dieci minuti), interamente strumentale e pronta a guardare sia ai fulgori psichedelici degli anni di Barrett, sia alle successive visioni oniriche di Meddle, riportando il tutto ai giorni nostri. Si prosegue poi con una personale versione del rock sinfonico con Officina, in cui emergono influenze illustri quali King Crimson e Genesis, per poi passare al magnifico mix di hard-rock e romanticismo un po' dark di Arturiana (avvertibili tratteggi misteriosi in vena di Black Sabbath). E si conclude con Stella Maris, estremamente suggestiva, con onde del mare e canto di gabbiani che "sfidano" il piano classicheggiante, la chitarra elettrica gilmouriana ed una serie di intrecci strumentali agilissimi, tra continui cambi di tempo e di atmosfera, che precedono il finale affidato alla magica ugola di Silvia Scozzi, che in un crescendo in "vocalese" riesce a rendere ancora più incantevole e misterioso il brano in questione.
Evitiamo paragoni con il passato della band e con la storia del prog e prendiamo questo disco per quello che è, cioè un'opra di grande valore di una band ormai perfettamente matura, apprezzabile ed encomiabile per la sua voglia e capacità di non essere per nulla convenzionale.

Peppe
agosto 2014

Ultimo aggiornamento (Lunedì 18 Maggio 2015 11:06)