Parole senza musica -  Viaggio nel mondo lirico de Le Orme

di Silvio Leccia

Quello dei testi, nel Progressive Rock, è questione strana. Se da un lato un folto gruppo di appassionati, si concentra sull'aspetto musicale e quindi i testi restano marginali, utili solo per completare melodicamente la composizione, per altri, questi rappresentano invece il giusto completamento dell'opera: un testo che dice qualcosa di condivisibile e sensato (e non a caso uso questo verbo), non fa altro che esaltare la composizione musicale. In quest'ultima visione s'inserisce la critica musicale che ha usato proprio i testi come arma per sminuire e delegittimare, quando ci fu la grande purga dal Prog nelle classifiche, il movimento tutto. La critica, infatti, ha sempre riportato le stravaganze del genere: testi che parlano di folletti, teiere volanti, scritti in lingue aliene o senza un senso compiuto, nel riuscito tentativo di far cadere nel ridicolo il movimento tutto. Poiché siamo appassionati attenti e non ci facciamo certamente manipolare da certe affermazioni, fatte semmai a cuor leggero, da qualche critico degli anni '80, cerchiamo qui di dimostrare il contrario e di come queste critiche siano state strumentali.

Se per i Genesis si scrivono libri sul significato dei loro testi, e se è chiaro che alcuni gruppi usavano intenzionalmente testi deliranti essendo chiara controparte del loro messaggio musicale, basta porre l’attenzione sul Prog nostrano per sbugiardare immediatamente la tesi dei testi inutili e stupidi. Basterebbe citare gli Area, o le stupende liriche del Banco, ad esempio, ma per loro ci sarà tempo, se gradirete questo spazio. In questo primo appuntamento analizziamo i testi de Le Orme, uno dei riferimenti del Prog italiano, al fine di comprendere se nei loro testi ci siano effettivamente dei messaggi degni di nota o le parole sono solo al servizio della melodia. Ripercorriamo così la discografia de Le Orme parlando esclusicamente dei testi contenuti nei vari album. Scrivere de Le Orme è scrivere di una delle colonne portanti del Progressive Rock italiano e volendo parlarne in tutti gli aspetti non basterebbero le poche pagine disponibili. La loro musica unica, anche nel panorama progressivo, risulta estremamente melodica senza rinunciare a quella voglia di sperimentazione e commistione tipica del genere. Se a questo si aggiunge la volontà del gruppo di cambiare album dopo album tanto da arrivare persino a far un disco con strumenti solo acustici, si intuisce dello spessore degli artisti in questione. L’amore, e come potrebbe non essere, è il tema de Le Orme degli anni '60, dove a testi semplici viene contrapposta la tipica timbrica del periodo beat, sebbene con non poche influenze psichedeliche. Il primo disco, Ad Gloriam, chiamato così proprio perché tutti (soprattutto i musicisti) erano convinti che sarebbe stato un flop commerciale (e così fu) si caratterizza proprio per una certa volontà sperimentale, a partire dalla telefonata iniziale, all'uso del titolo latino, non facile da far digerire a quei tempi, oltre che una costruzione dei pezzi molto poco "italiana", sebbene molto melodica. I testi, non sono particolarmente interessanti e per trovarne dobbiamo arrivare agli anni ’70 quando Tony Pagliuca prende le redini in mano della loro stesura. Rimasti in tre, i superstiti degli anni '60 (Tagliapietra, Pagliuca e De Rossi) ancora senza avere le idee troppo chiare partirono per il concerto dell'isola di Wright che mostrò loro la strada da seguire. Con la formazione triangolare e l'aiuto del produttore Reverberi, i tre confezionarono una serie di album che sono tuttora dei classici del genere. Cominciamo, quindi, da Collage (1971). Molte sono gli aspetti interessanti nei testi di quest’album. C’è ancora l’amore, ma c’è la voglia di trasgredire il senso comune, e così si narra, in Era Inverno, l’amore per una prostituta. Lo si fa con molta intelligenza e con un linguaggio chiaro e crudo che solo il timbro di Aldo addolcisce, quel , fa capire di cosa si sta parlando e in quel “finta” c’è tutta una vita racchiusa. Un punto di vista sicuramente diverso, prostitute come attrici, che necessariamente devono recitare la stessa scena per lavorare, ingabbiate loro stesse in un personaggio di cui non possono liberarsi. Approccio molto diverso, ad esempio, dai sottointesi nel successo, di qualche anno prima, di Gino Paoli (Il Cielo in una stanza). Con Cemento Armato, invece si tocca il tema dell’inquinamento e della cementificazione, che negli anni ’70 sebbene in boom economico era evidente ma non arrivato ancora alla saturazione. Eppure per Tony quanto stava accadendo, nella costruzione di nuove città, sempre più grandi e con pochi spazi verdi, era già qualcosa di innaturale. Direi molto avanti, come considerazioni rispetto al tempo. In Sguardo verso il cielo, si passa, poi, dalle sofferenze d'amore di Ad Gloriam a quelle esistenziali: viene affrontata la tematica della solitudine del diverso, della sua disperazione, dei suoi sforzi ad inserirsi in un contesto che non lo vuole: Qui il diverso può essere chiunque, il malato, l’immigrato, anche se probabilmente c'è il riferimento all'omosessualità. In Morte di un fiore, si parla poi della prima vittima di overdose di cui si ebbe notizia in quegli anni. Come è chiaro per le tematiche scelte il disco è fortemente radicato nella realtà del periodo, anzi toccano tematiche che verranno poi sviluppate da Le Orme, ma anche da altri, molto tempo dopo. In Uomo di Pezza (1972), abbiamo il primo concept de Le Orme. Sì lo so che molti di voi, si arrabbieranno, in quanto il primo concept è da sempre individuato nel successivo Felona e Sorona, ma tutto Uomo di Pezza è un disco che parla di donne, e, ricordo che, un concept non deve essere necessariamente una suite! Così tutte le paure e fragilità dell'altra metà del cielo vengono messe a nudo: la donna che s’innamora (una dolcezza nuova), la donna che non vive le sue passioni, forse schiacciata dai tabù o dalle sue incertezze (la porta chiusa), la bambina che diventa donna (gioco di bimba), la donna malata di mente (figure di cartone), la donna che si concede (forse a tanti) sulla spiaggia (aspettando l’alba), la donna come apparizione fugace e bellissima (breve immagine). Anche qui, si toccano tematiche “scottanti” e i testi sono tutti molto belli. In Gioco di Bimba, il singolo che fece la fortuna de Le Orme in quel periodo, si racchiude un piccolo affresco che a detta dell'autore (Tony Pagliuca) è dedicato a un suo amore dell'infanzia. Il testo, però, è scritto così sapientemente da dare libero sfogo alle interpretazioni più strambe: alla fine un buon testo è proprio quello che può avere diversi significati a molteplici livelli. La canzone parla di una bambina che di notte va a dondolare su una altalena. Un uomo di pezza, un'ombra furtiva, sveglia la bambina, e pentitosi, al mattino per sempre ripete che non avrebbe voluto svegliarla così. Riporto qui un’interpretazione diversa dalle dichiarazioni dell’autore (il testo nella sua interezza è riprodotto nel box): l'uso di termini come "ombra furtiva" e "uomo di pezza" può alludere ad una persona non degna di questo nome, una persona "cattiva". Il suo risvegliare, potrebbe avere il senso di un risvegliare i sensi di una bimba che diventa una donna suo malgrado, cioè di farne un abuso. (, nel senso che a causa dell’abuso, la donna che poteva divenire la bambina non potrà più esistere). Tanto è vero che al mattino, l'uomo di pezza (uno dei più bei versi scritti da Tony) e pentito piange il suo dolore, il fatto di averla risvegliata in un modo che lei non voleva. Non ci crederete, sarà cervellotica, ma questa è sempre stata la mia personale lettura di questo pezzo: una condanna alla pedofilia! Da notare poi, in Figure di cartone, l’accento al fatto che sebbene malata di mente, una donna resta tale, immaginandosi madre. Canzone triste questa, in cui appunto si resta impietositi da questa malata di mente che pur vorrebbe vivere normalmente ma non può. Ricordiamoci che in quel periodo i manicomi erano ancora aperti e alcune depressioni od esaurimenti nervosi erano ancora curati con gli elettroshock. Affrontare tali temi fa capire la sensibilità, la forza ma anche la sicurezza che Le Orme avevano assunto con il successo dell'album precedente e conferma la volontà di denuncia di realtà scomode. Nel terzo capitolo, il concept dei concept, quel Felona e Sorona (1973) che l'anno scorso ha compiuto il 40nnale, la solitudine, che come un'ombra colpisce tutti compreso Dio, è la grande protagonista. Nel concept si narra la vicenda di due pianeti, uno felice e ormai dimentico da dove viene tutta quella felicità (Felona) e di Sorona, più sfortunato, in cui la vita a fatica cerca di emergere da uno stato abulico-vegetativo (come lo definiscono Le Orme ), ma i cui abitanti non perdono la fede in un miracolo e pregano costantemente Dio al fine di un miglioramento delle loro condizioni. Alla fine l'essere supremo, acconsente a dare un po' di sollievo a chi si ricorda ancora di lui, ma così facendo si rompe l'equilibrio naturale e i due pianeti scompaiono distruggendosi vicendevolmente. Il concept, così è anche metafora della necessità dell'esistenza del male affinché possa esistere il bene. La morale della storia è rivelata dalle parole del Dio che sono distribuite in due punti nella narrazione: a fine del primo lato in cui Dio afferma di sentirsi solo e che quindi decide di volgere lo sguardo verso chi aspetta un gesto per vivere, e in ritratto di un mattino, dove viene chiaramente detto che : la necessità di relazionarsi di comunicare la propria gioia più che di chiudersi in bolle isolate (come facevano gli abitanti di Felona) e gioire del proprio stato sociale o emotivo. Insomma un disco di spessore che comunque continua la strada della denuncia morale: in un mondo in cui l'alienazione comincia ad essere moda, Le Orme ricordano che c'è bisogno di empatia per poter essere in sintonia col tutto. Ma i temi bui e densi (musicalmente parlando) di Felona e Sorona vengono squarciati dalla freddezza dell'album successivo Contrappunti (1974). Il primo brano cantato è una grande poesia, Frutto Acerbo: un ritratto delle emozioni di un giovane adolescente  combattuto tra la bellezza dell’amore platonico e quello fisico. Viene splendidamente raccontato il tormento dei tabù religiosi, con il diavolo che già festeggia la sua vittoria sotto il letto , ma anche la paura dello scoprire il corpo dell'altro sesso.  Così semplicemente, il bambino, nel fienile, con la sua amata, alla resa dei conti Il ritratto riesce alla perfezione e resta una di quelle canzoni chitarra e voce più intense mai scritte dall'accoppiata Pagliuca/Tagliapietra. Ma è con India e La Fabbricante d'Angeli che ritornano le denunce alla situazione socio politica del tempo che Le Orme ormai ci hanno abituato. India racchiude tutta la delusione da parte di tanti giovani sulla sua nuclearizzazione. Perché il simbolo della pace degli anni 60, il paese che diede i natali a Gandhi, aveva necessità di armarsi con la bomba atomica? E così l'India viene descritta come una madre che non ama i suoi figli e li avvelena con il suo incenso…. Si torna in Italia con un problema tutto italiano con La Fabbricante D'Angeli: a quei tempi non era legale l'aborto (legalizzato solo dal 1978 in poi) e molte giovani andavano da anziane esperte che praticavano abusivamente tale pratica. Nella canzone l'anziana di turno spicca i suoi ferri arrugginiti per rendere una giovane di nuovo un "angelo" ma : qualcosa va male e la giovane muore. In Maggio, si descrive l’atmosfera di rinascita della natura, ma anche della gioia del prossimo arrivo della bella stagione, senza perdere l'occasione di dare qualche frecciatina qua e là a certe ipocrisie tipiche italiane come il rapporto comunisti-cattolici: e così c'è anche l'affresco del sacerdote chiuso nella sua chiesa che però spia i festeggiamenti pagani (e comunisti) che si tengono in piazza. Nell'album successivo, Smogmagica (1975) registrato a Los Angeles, con la novità di un chitarrista in formazione (Tolo Marton), non ci sono testi degni di nota a sottolineare un momento particolarmente difficile della band. Interessante però il testo di Sera un brano che non trova posto nel nuovo disco, ma con cui il gruppo partecipa al Festival Bar. In Sera , racchiude tutto il disagio di chi cerca di vivere in un mondo che va in direzioni diverse da quelle volute. Le Orme dovevano trovare una nuova strada e lo fecero con l'album successivo Verità Nascoste (1976), composto e registrato in Inghilterra. In tutto l'album, a parte qualche esempio surreale come in il gradino più stretto del cielo, si parla di cose molto serie. In Vedi Amsterdam, è la droga ad essere protagonista pur non essendo mai nominata. Ma e , fanno capire bene a che tipologia di viaggio si allude. Amsterdam presa come riferimento, in quanto all'epoca c'era una maggiore circolazione di stupefacenti rispetto all'Italia. Ma anche Regina a Troubadour è legata a quel mondo o la stessa Salmoni, la cui caparbietà a risalire il fiume per depositare le uova e poi morire, assomiglia al viaggio che un eroinomane compie ormai non padrone del suo raziocinio. La title track poi, con il suo incedere soave a sottolineare la bella voce di Aldo, è un bell'affresco all'amore segreto e inizialmente non corrisposto e la volontà di avere una seconda occasione (). Con l'album successivo, Storia o Leggenda (1977), si vola tutti a Parigi! E la Francia con il suo romanticismo pervade sia i suoni che i testi di tutto l'album. Tra amori, cuori infranti, spiccano i testi de Il Quadro e Se io lavoro. Il primo narra un incontro con una pittrice di strada squattrinata, e il suo tentativo di vendere un quadro… Dice che in esso è rappresentato l'uomo che ama che ha perso e ritrovato, ma nel quadro vi è rappresentato, invece di un uomo, solo una farfalla. Il ritmo della narrazione è la chiave della riuscita di questo pezzo che è uno di quelli che si fa ricordare. Se io lavoro, invece viene ricordato per la sua disarmante asserzione: . E' in realtà una frase di Maurizio Costanzo che Aldo Tagliapietra (autore del testo) fa sua in questa canzone in cui fa capire appunto che sebbene sia lontano dalla famiglia, il palco è l'unica sua possibilità di realizzazione personale. Archiviato Storia o Leggenda, il gruppo si ferma per studiare ed esce due anni più tardi con Florian (1979), con il grande ritorno di Reverberi che per i due precedenti non era stato coinvolto. Il disco è uno dei loro migliori sebbene fu un flop commerciale: proporre musica da camera nel momento in cui esplodeva la Disco Music fu una malefica sincronia. Colpisce Fine di un viaggio in cui c'è la consapevolezza della fine di un periodo musicale e si arriva ad esortare tutti al cambiamento dove Mr Tamburine è ovviamente riferito a Bob Dylan e quest'ultimo preso come rappresentante del Rock tutto. Non contenti della batosta, Le Orme confezionano Piccola Rapsodia Dell'Ape (1980) con l'apporto compositivo maggiore di Serafin che dal '76 non ha lasciato il suo posto di chitarrista e violinista.Per me un disco validissimo, che inaugura la moda dell'unplugged almeno 15 anni prima. Su tutte le canzoni di questi due album, ma probabilmente su tutta la produzione lirica de Le Orme, La mia bianca sposa vola indisturbata. Una canzone sulla morte scritta con un'eleganza e una bellezza tale da non poter essere descritta (ne riporto il testo in un box). Tralasciamo gli anni ’80 e inizi ’90 dove un mercato discografico accantona Le Orme, a favore di una musica più semplice e radiofonica, e riosserviamo Le Orme quando ritornano a fare Prog con la trilogia Il fiume (1996), Elementi (2001) e Infinito (2004), dove Aldo si prende carico di scrivere i testi. Aldo ha uno stile diverso da Tony, più stringato e a servizio della metrica, ma è interessante che in questa trilogia, si riprendono un po’ alcune cose lasciate nell’aeree nei dischi precedenti: la necessità di comprendere il senso della realtà, di indagare l’ultraterreno. Lo abbiamo visto nella richiesta del disadattato di Sguardo verso il cielo, in Felona e Sorona, in Sera. Qell’inquietudine, qui viene affrontata e narrata con la consapevolezza di una persona matura. E se la filosofia indiana è chiara ispiratrice di quanto si dice, il contenuto non può che essere condivisibile: alla fine il mondo siamo noi, siamo noi che lo creiamo e le risposte, l’universo, il bene e il male è tutto dentro di noi. Se la nostra vita è un fiume, tutti alla fine sfoceremo nel mare unico, nella verità che solo la morte ci potrà dare. In Le vie della seta (2011), e con la fuoruscita di Aldo per la sua attività solista, Le Orme affrontano invece il concetto dell’integrazione. Lo fanno ricordandosi delle origini venete, dell’India di Marco Polo. Anche qui non si hanno testi particolarmente interessanti, mentre il concept è chiaramente permeato alla realtà che viviamo. Riassumendo, lungo una carriera si è parlato di omosessualità, di rapporto uomo-religione, di solitudine, di droga, di pacifismo, di aborto clandestino, della morte, si è sfiorato il tema cattolici-comunisti, si è parlato del bisogno dell'uomo di sentirsi parte del tutto, si è parlato della necessità dell’integrazione. Giudicate voi se i testi, in questo caso, siano più che centrati sulla realtà e tutt'altro che leggeri o ridicoli appendici, necessarie al solo completamento delle composizioni. Spero tanto che questo mio viaggio sproni, chi finora ancora non l'abbia fatto, ad ascoltare con diversa attenzione la grande musica che Le Orme sono state capace di creare.

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Parole senza musica.

Viaggio nel mondo lirico de Le Orme

di

Silvio Leccia

 

Quello dei testi, nel Progressive Rock, è questione strana. Se da un lato un folto gruppo di appassionati, si concentra sull'aspetto musicale e quindi i testi restano marginali, utili solo per completare melodicamente la composizione, per altri, questi rappresentano invece il giusto completamento dell'opera: un testo che dice qualcosa di condivisibile e sensato (e non a caso uso questo verbo), non fa altro che esaltare la composizione musicale. In quest'ultima visione s'inserisce la critica musicale che ha usato proprio i testi come arma per sminuire e delegittimare, quando ci fu la grande purga dal Prog nelle classifiche, il movimento tutto. La critica, infatti, ha sempre riportato le stravaganze del genere: testi che parlano di folletti, teiere volanti, scritti in lingue aliene o senza un senso compiuto, nel riuscito tentativo di far cadere nel ridicolo il movimento tutto. Poiché siamo appassionati attenti e non ci facciamo certamente manipolare da certe affermazioni, fatte semmai a cuor leggero, da qualche critico degli anni '80, cerchiamo qui di dimostrare il contrario e di come queste critiche siano state strumentali.

 

Se per i Genesis si scrivono libri sul significato dei loro testi, e se è chiaro che alcuni gruppi usavano intenzionalmente testi deliranti essendo chiara controparte del loro messaggio musicale, basta porre l’attenzione sul Prog nostrano per sbugiardare immediatamente la tesi dei testi inutili e stupidi. Basterebbe citare gli Area, o le stupende liriche del Banco, ad esempio, ma per loro ci sarà tempo, se gradirete questo spazio.

 

In questo primo appuntamento analizziamo i testi de Le Orme, uno dei riferimenti del Prog italiano, al fine di comprendere se nei loro testi ci siano effettivamente dei messaggi degni di nota o le parole sono solo al servizio della melodia. Ripercorriamo così la discografia de Le Orme parlando esclusicamente dei testi contenuti nei vari album.

 

Scrivere de Le Orme è scrivere di una delle colonne portanti del Progressive Rock italiano e volendo parlarne in tutti gli aspetti non basterebbero le poche pagine disponibili.

 

La loro musica unica, anche nel panorama progressivo, risulta estremamente melodica senza rinunciare a quella voglia di sperimentazione e commistione tipica del genere.

 

Se a questo si aggiunge la volontà del gruppo di cambiare album dopo album tanto da arrivare persino a far un disco con strumenti solo acustici, si intuisce dello spessore degli artisti in questione.

 

L’amore, e come potrebbe non essere, è il tema de Le Orme degli anni '60, dove a testi semplici viene contrapposta la tipica timbrica del periodo beat, sebbene con non poche influenze psichedeliche. Il primo disco, Ad Gloriam, chiamato così proprio perché tutti (soprattutto i musicisti) erano convinti che sarebbe stato un flop commerciale (e così fu) si caratterizza proprio per una certa volontà sperimentale, a partire dalla telefonata iniziale, all'uso del titolo latino, non facile da far digerire a quei tempi, oltre che una costruzione dei pezzi molto poco "italiana", sebbene molto melodica.

 

I testi, non sono particolarmente interessanti e per trovarne dobbiamo arrivare agli anni ’70 quando Tony Pagliuca prende le redini in mano della loro stesura.

 

Rimasti in tre, i superstiti degli anni '60 (Tagliapietra, Pagliuca e De Rossi) ancora senza avere le idee troppo chiare partirono per il concerto dell'isola di Wright che mostrò loro la strada da seguire.

 

Con la formazione triangolare e l'aiuto del produttore Reverberi, i tre confezionarono una serie di album che sono tuttora dei classici del genere.

 

Cominciamo, quindi,  da Collage (1971). Molte sono gli aspetti interessanti nei testi di quest’album.

 

C’è ancora l’amore, ma c’è la voglia di trasgredire il senso comune, e così si narra, in Era Inverno, l’amore per una prostituta.

 

Lo si fa con molta intelligenza e con un linguaggio chiaro e crudo che solo il timbro di Aldo addolcisce, quel , fa capire di cosa si sta parlando e in quel “finta” c’è tutta una vita racchiusa. !

 

Un punto di vista sicuramente diverso, prostitute come attrici, che necessariamente devono recitare la stessa scena per lavorare, ingabbiate loro stesse in un personaggio di cui non possono liberarsi.

 

Approccio molto diverso, ad esempio,  dai sottointesi nel successo, di qualche anno prima, di Gino Paoli (Il Cielo in una stanza).

 

Con Cemento Armato, invece si tocca il tema dell’inquinamento e della cementificazione, che negli anni ’70 sebbene in boom economico era evidente ma non arrivato ancora alla saturazione.

 

Eppure per Tony quanto stava accadendo, nella costruzione di nuove città, sempre più grandi e con pochi spazi verdi, era già qualcosa di innaturale.

 

Direi molto avanti, come considerazioni rispetto al tempo. In Sguardo verso il cielo, si passa, poi,  dalle sofferenze d'amore di Ad Gloriam a quelle esistenziali:  viene affrontata la tematica della solitudine del diverso, della sua disperazione, dei suoi sforzi ad inserirsi in un contesto che non lo vuole: . Qui il diverso può essere chiunque, il malato, l’immigrato,  anche se probabilmente c'è il riferimento all'omosessualità.  In Morte di un fiore, si parla poi della prima vittima di overdose di cui si ebbe notizia in quegli anni.

 

Come è chiaro per le tematiche scelte il disco è fortemente radicato nella realtà del periodo, anzi toccano tematiche che verranno poi sviluppate da  Le Orme, ma anche da altri, molto tempo dopo.

 

In Uomo di Pezza (1972), abbiamo il primo concept de Le Orme. Sì lo so che molti di voi, si arrabbieranno, in quanto il primo concept è da sempre individuato nel successivo Felona e Sorona, ma tutto Uomo di Pezza è un disco che parla di donne, e, ricordo che,  un concept non deve essere necessariamente una suite!

 

Così tutte le paure e fragilità dell'altra metà del cielo vengono messe a nudo: la donna che s’innamora (una dolcezza nuova), la donna che non vive le sue passioni, forse schiacciata dai tabù o dalle sue incertezze (la porta chiusa), la bambina che diventa donna (gioco di bimba), la donna malata di mente (figure di cartone), la donna che si concede (forse a tanti) sulla spiaggia (aspettando l’alba), la donna come apparizione fugace e bellissima (breve immagine).

 

Anche qui, si toccano tematiche “scottanti” e i testi sono tutti molto belli. In Gioco di Bimba, il singolo che fece la fortuna de Le Orme in quel periodo, si racchiude un piccolo affresco che a detta dell'autore (Tony Pagliuca) è dedicato a un suo amore dell'infanzia.

 

Il testo, però, è scritto così sapientemente da dare libero sfogo alle interpretazioni più strambe: alla fine un buon testo è proprio quello che può avere diversi significati a molteplici livelli.

 

La canzone parla di una bambina che di notte va a dondolare su una altalena. Un uomo di pezza, un'ombra furtiva, sveglia la bambina, e pentitosi, al mattino per sempre ripete che non avrebbe voluto svegliarla così. Riporto qui un’interpretazione diversa dalle dichiarazioni dell’autore  (il testo nella sua interezza è riprodotto nel box): l'uso di termini come "ombra furtiva" e "uomo di pezza" può alludere ad una persona non degna di questo nome, una persona "cattiva".

 

Il suo risvegliare, potrebbe avere il senso di un risvegliare i sensi di una bimba che diventa una donna suo malgrado,  cioè di farne un abuso. (, nel senso che a causa dell’abuso, la donna che poteva divenire  la bambina non potrà più esistere).

 

Tanto è vero che al mattino, l'uomo di pezza (uno dei più bei versi scritti da Tony) e pentito piange il suo dolore, il fatto di averla risvegliata in un modo che lei non voleva. Non ci crederete, sarà cervellotica, ma questa è sempre stata la mia personale lettura di questo pezzo: una condanna alla  pedofilia!

 

Da notare poi, in Figure di cartone, l’accento al fatto che sebbene malata di mente, una donna resta tale, immaginandosi madre.

 

Canzone triste questa, in cui appunto si resta impietositi da questa malata di mente che pur vorrebbe vivere normalmente ma non può. Ricordiamoci  che in quel periodo i manicomi erano ancora aperti e alcune depressioni od esaurimenti nervosi erano ancora curati con gli elettroshock.

 

Affrontare tali temi fa capire la sensibilità, la forza ma anche la sicurezza che Le Orme avevano assunto con il successo dell'album precedente e conferma la volontà di denuncia di realtà scomode.

 

Nel terzo capitolo, il concept dei concept, quel Felona e Sorona (1973) che l'anno scorso ha compiuto il 40nnale, la solitudine, che come un'ombra colpisce tutti compreso Dio, è la grande protagonista. Nel concept si narra la vicenda di due pianeti, uno felice e ormai dimentico da dove viene tutta quella felicità (Felona) e di Sorona, più sfortunato, in cui la vita a fatica cerca di emergere da uno stato abulico-vegetativo (come lo definiscono Le Orme ), ma i cui abitanti non perdono la fede in un miracolo e pregano costantemente Dio al fine di un miglioramento delle loro condizioni. Alla fine l'essere supremo, acconsente a dare un po' di sollievo a chi si ricorda ancora di lui, ma così facendo si rompe l'equilibrio naturale e i due pianeti scompaiono distruggendosi vicendevolmente. Il concept, così è anche metafora della necessità dell'esistenza del male affinché possa esistere il bene.

 

La morale della storia è rivelata dalle parole del Dio che sono distribuite in due punti nella narrazione: a fine del primo lato in cui Dio afferma di sentirsi solo e che quindi decide di volgere lo sguardo verso chi aspetta un gesto per vivere, e in ritratto di un mattino, dove viene chiaramente detto che : la necessità di relazionarsi di comunicare la propria gioia più che di chiudersi in bolle isolate (come facevano gli abitanti di Felona) e gioire del proprio stato sociale o emotivo.

 

Insomma un disco di spessore che comunque continua la strada della denuncia morale: in un mondo in cui l'alienazione comincia ad essere moda, Le Orme ricordano che c'è bisogno di empatia per poter essere in sintonia col tutto. Ma i temi bui e densi (musicalmente parlando) di Felona e Sorona vengono squarciati dalla freddezza dell'album successivo Contrappunti (1974).

 

Il primo brano cantato è una grande poesia, Frutto Acerbo: un ritratto delle emozioni di un giovane adolescente  combattuto tra la bellezza dell’amore platonico e quello fisico.

 

Viene splendidamente raccontato il tormento dei tabù religiosi, con il diavolo che già festeggia la sua vittoria sotto il letto , ma anche la paura dello scoprire il corpo dell'altro sesso.

 

Così semplicemente, il bambino, nel fienile, con la sua amata, alla resa dei conti << disse sincero,  non lo voglio fare, ma la pregava di restare per un minuto, un minuto solo >>.

 

Il ritratto riesce alla perfezione e resta una di quelle canzoni chitarra e voce più intense mai scritte dall'accoppiata Pagliuca/Tagliapietra.

 

Ma è con India e La Fabbricante d'Angeli che ritornano le denunce alla situazione socio politica del tempo che Le Orme ormai ci hanno abituato. India racchiude tutta la delusione da parte di tanti giovani sulla sua nuclearizzazione. Perché il simbolo della pace degli anni 60, il paese che diede i natali a Gandhi, aveva necessità di armarsi con la bomba atomica?

 

E così l'India viene descritta come una madre che non ama i suoi figli e li avvelena con il suo incenso….

 

Si torna in Italia con un problema tutto italiano con La Fabbricante D'Angeli: a quei tempi non era legale l'aborto (legalizzato solo dal 1978 in poi) e molte giovani andavano da anziane esperte che praticavano abusivamente tale pratica.

 

Nella canzone l'anziana di turno spicca i suoi ferri arrugginiti per rendere una giovane di nuovo un "angelo" ma : qualcosa va male e la giovane muore.

 

In  Maggio, si descrive l’atmosfera di rinascita della natura, ma anche della gioia del prossimo arrivo della bella stagione, senza perdere l'occasione di dare qualche frecciatina qua e là a certe ipocrisie tipiche italiane come il rapporto comunisti-cattolici: e così c'è anche l'affresco del sacerdote chiuso nella sua chiesa che però spia i festeggiamenti pagani (e comunisti) che si tengono in piazza.

 

Nell'album successivo, Smogmagica (1975) registrato a Los Angeles, con la novità di un chitarrista in formazione (Tolo Marton), non ci sono testi degni di nota a sottolineare un momento particolarmente difficile della band.

 

Interessante però il testo di Sera un brano che non trova posto nel nuovo disco, ma con cui il gruppo partecipa al Festival Bar.

 

In Sera , racchiude tutto il disagio di chi cerca di vivere in un mondo che va in direzioni diverse da quelle volute.

 

Le Orme dovevano trovare una nuova strada e lo fecero con l'album successivo Verità Nascoste (1976), composto e registrato in Inghilterra. In tutto l'album, a parte qualche esempio surreale come in il gradino più stretto del cielo, si parla di cose molto serie. In Vedi Amsterdam, è la droga ad essere protagonista pur non essendo mai nominata. Ma e , fanno capire bene a che tipologia di viaggio si allude. Amsterdam presa come riferimento, in quanto all'epoca c'era una maggiore circolazione di stupefacenti rispetto all'Italia. Ma anche Regina a Troubadour è legata a quel mondo o la stessa Salmoni, la cui caparbietà a risalire il fiume per depositare le uova e poi morire, assomiglia al viaggio che un eroinomane compie ormai non padrone del suo raziocinio. La title track poi, con il suo incedere soave a sottolineare la bella voce di Aldo, è un bell'affresco all'amore segreto e inizialmente non corrisposto e la volontà di avere una seconda occasione ().

 

Con l'album  successivo, Storia o Leggenda (1977),  si vola tutti a Parigi! E la Francia con il suo romanticismo pervade sia i suoni che i testi di tutto l'album. Tra amori, cuori infranti, spiccano i testi de Il Quadro e Se io lavoro. Il primo narra un incontro con una pittrice di strada squattrinata, e il suo tentativo di vendere un quadro… Dice che in esso è rappresentato l'uomo che ama che ha perso e ritrovato, ma nel quadro  vi è rappresentato, invece di un uomo,  solo una farfalla. Il ritmo della narrazione è la chiave della riuscita di questo pezzo che è uno di quelli che si fa ricordare.  Se io lavoro, invece viene ricordato per la sua disarmante asserzione: .

 

E' in realtà una frase di Maurizio Costanzo che Aldo Tagliapietra (autore del testo) fa sua in questa canzone in cui fa capire appunto che sebbene sia lontano dalla famiglia, il palco è l'unica sua possibilità di realizzazione personale. Archiviato Storia o Leggenda, il gruppo si ferma per studiare ed esce due anni più tardi con Florian (1979), con il grande ritorno di Reverberi che per i due precedenti non era stato coinvolto. Il disco è uno dei loro migliori sebbene fu un flop commerciale: proporre musica da camera nel momento in cui esplodeva la Disco Music fu una malefica sincronia. Colpisce Fine di un viaggio in cui c'è la consapevolezza della fine di un periodo musicale e si arriva ad esortare tutti al cambiamento dove Mr Tamburine è ovviamente riferito a Bob Dylan e quest'ultimo preso come rappresentante del Rock tutto. Non contenti della batosta, Le Orme confezionano Piccola Rapsodia Dell'Ape (1980) con l'apporto compositivo maggiore di Serafin che dal '76 non ha lasciato il suo posto di chitarrista e violinista.Per me un disco validissimo, che inaugura la moda dell'unplugged almeno 15 anni prima. Su tutte le canzoni di questi due album, ma probabilmente su tutta la produzione lirica de Le Orme, La mia bianca sposa vola indisturbata. Una canzone sulla morte scritta con un'eleganza e una bellezza tale da non poter essere descritta (ne riporto il testo in un box).

 

Tralasciamo gli anni ’80 e inizi ’90 dove un mercato discografico accantona Le Orme, a favore di una musica più semplice e radiofonica, e riosserviamo Le Orme quando ritornano a fare Prog con la trilogia Il fiume (1996), Elementi (2001) e Infinito (2004), dove Aldo si prende carico di scrivere i testi. Aldo ha uno stile diverso da Tony, più stringato e a servizio della metrica, ma è interessante che in questa trilogia, si riprendono un po’ alcune cose lasciate nell’aeree nei dischi precedenti: la necessità di comprendere il senso della realtà, di indagare l’ultraterreno. Lo abbiamo visto nella richiesta del disadattato di Sguardo verso il cielo, in Felona e Sorona, in Sera. Qell’inquietudine, qui viene affrontata e narrata con la consapevolezza di una persona matura. E se la filosofia indiana è chiara ispiratrice di quanto si dice, il contenuto non può che essere condivisibile: alla fine il mondo siamo noi, siamo noi che lo creiamo e le risposte, l’universo, il bene e il male è tutto dentro di noi. Se la nostra vita è un fiume, tutti alla fine sfoceremo nel mare unico, nella verità che solo la morte ci potrà dare.

 

In Le vie della seta (2011), e con la fuoruscita di Aldo per la sua attività solista,  Le Orme affrontano invece il concetto dell’integrazione. Lo fanno ricordandosi delle origini venete, dell’India di Marco Polo.

 

Anche qui non  si hanno testi particolarmente interessanti, mentre il concept è chiaramente permeato alla realtà che viviamo.

 

 

Riassumendo, lungo una carriera si è parlato di omosessualità, di rapporto uomo-religione, di solitudine, di droga, di pacifismo, di aborto clandestino, della morte, si è sfiorato il tema cattolici-comunisti, si è parlato del bisogno dell'uomo di sentirsi parte del tutto, si è parlato della necessità dell’integrazione.

 

 

Giudicate voi se  i testi, in questo caso, siano più che centrati sulla realtà e tutt'altro che leggeri o ridicoli appendici, necessarie al solo completamento delle composizioni.

 

 

Spero tanto che questo mio viaggio sproni, chi finora ancora non l'abbia fatto, ad ascoltare con diversa attenzione la grande musica che Le O

Ultimo aggiornamento (Sabato 09 Maggio 2015 10:50)