Una delle cose che sono evidenti all’ascolto della vostra opera prima è l’affiatamento che c’è tra voi. Ci dite come nascono i Camera chiara e da quanto suonate insieme?

Francesco: I Camera Chiara esistono dalla fine del 2006. Siamo partiti come trio “chitarra/tastiera/batteria”, a cui poi si è aggiunto il basso; nel 2009 siamo tornati in trio con “basso/tastiera/batteria” e dal 2011 siamo di nuovo una rockband dalla “formazione classica”.
Questi continui cambiamenti hanno rallentato non di poco il nostro progetto, data la necessità di riarrangiare spesso interi brani e, a volte, di cambiarli del tutto. Nondimeno, sembrerà contraddittorio, non ci è mai sembrata troppo penalizzante tale discontinuità, piuttosto abbiamo sempre sofferto della mancanza di seri spazi d’esibizione o anche solo d’espressione (e pensare che sarebbe il problema più semplice da risolvere!). Fin dalla prima prova in garage abbiamo scelto di non suonare cover, ma di dar forma alle nostre idee nel modo più diretto possibile.
A farci incontrare e a tenerci uniti in sala prove, dopo tutti questi anni, è stata nient’altro che la comune voglia di creare qualcosa di bello, innanzitutto per noi stessi.
Non ho mai visto profonde differenze tra chi cerca, in modo creativo, di abbellire la propria casa, e noi quattro mentre discutiamo di un bridge, un’intro, un finale… Abbiamo sempre concepito la musica come una possibilità d’espressione artistica personale, prima ancora di immaginarci su un palco e persino prima di definire, col nome di un genere musicale, quello strano ibrido, figlio di tutti e di nessuno di noi quattro!
Antonio: Riascoltandoci - registravamo le prove con mezzi rudimentali (abbiamo centinaia di file, provini e voci fuori campo) - abbiamo capito che si trattava di Progressive o, per lo meno, che questo era l’unico genere con cui definire il nostro atteggiamento creativo. Da allora abbiamo sempre cercato non di imitare, ma di imparare dalle grandissime band del genere, a cominciare da quelle italiane che reputiamo ancora, senza alcun orgoglio patriottico, essere le più “stimolanti”!
Così, non appena si sentiva “troppo Banco – Osanna – ma anche Pink Floyd, o Genesis” rifacevamo tutto daccapo, senza però eccessive costrizioni, perché l’obbiettivo finale era, e continua ad essere, quello di non tradire se stessi! Semmai ci lasciavamo andare a delle palesi “citazioni” – come quando chiudevamo Chiaroscuri con un breve assaggio del Blue Rondò alla turca degli ELP.

Come è stato registrato il disco?

A: Poiché non potevamo essere tutti contemporaneamente in loco durante le sessioni, abbiamo scelto la strada più comoda, nonché l’unica possibile, della registrazione a tracce separate. Eravamo entrati in studio con l'idea di fare un EP da destinare esclusivamente alla promozione per etichette e locali.
F: I piani cambiarono non appena ci rendemmo conto della bravura di Francesco Tedesco (Danamaste, Imakerecords) che ha permesso alle nostre idee di “venir fuori” nel modo più autentico possibile. Forse non vengono spese abbastanza parole sugli aspetti artistici di una produzione, limitandosi, generalmente, a quelli tecnici, ma un disco non deve solo “sentirsi bene”… Chiunque abbia avuto la fortuna di registrare in uno studio, sa benissimo che più che la competenza tecnica, comunque indispensabile, per la buona riuscita finale dell’opera conta soprattutto la sensibilità di chi sta dietro la regia. Per questo il lavoro dello studio di registrazione è a dir poco fondamentale, e ogni volta che riascoltiamo questo disco, rimaniamo sempre meravigliati del buon risultato finale, nonostante il poco tempo e lo scarso budget a disposizione.

I riferimenti musicali riportati nella recensione, vi trovano d’accordo? C’è dell’altro sicuramente, c’è qualche riferimento improprio o che è stato trascurato, secondo voi?

F: Dare ragione o torto implicherebbe una sottile limitazione alla libera interpretazione… per questo motivo preferisco non rispondere. Ognuno può leggervi o sentirvi quello che vuole. Noi stessi a volte divergiamo sulle associazioni dei singoli frammenti! Finiamo persino col non capirci, a volte, quando vogliamo riferirci alle medesime parti di un brano che per me è Goblin mentre per Vincenzo è Scott Henderson! Ognuno di noi ascolta più di una sfumatura del Rock esistente e, quindi, ognuno di noi ha le sue personali influenze.
Danilo, ad esempio, ascolta molto i Tool, Vincenzo i Rush, Antonio i Soft Machine e io i primi Anathema, ma non solo, e così ci sono diverse sfumature in questo disco che non vengono direttamente dal Progressive.
Alcune atmosfere, ad esempio, sono contaminate dal jazz (probabilmente più da parte di Antonio), altre, invece, da un certo tipo di musica minimalista contemporanea (Glass, Enaudi...).
Dopotutto il lavoro del musicista è questo: inseguire quelle "giuste" note, che sono tanto più giuste quanto più si avvicinano a quel primo e personale impulso indescrivibile, strappandolo dall'indeterminatezza e consegnandolo alle sensibilità altrui.
A: Bisogna ascoltare, studiare e a volte prendere in prestito, smussare, rifinire al meglio per poi creare qualcosa di nuovo, uno stile inconfondibile e personale.
Magari può sembrare pretestuosa la scelta di citare in maniera così plateale il synth di Shine On you crazy diamond proprio nei primi secondi del disco, ma è stato quasi necessario per far capire all'ascoltatore le nostre intenzioni: .

Quale traccia è per voi quella rappresentativa del vosto progetto musicale?

F: Credo sia Nel tuo Mondo. È il brano che esprime meglio l’equilibrio fra i nostri gusti. L’abbiamo sempre considerato come una sorta di “biglietto da visita”, forse perche è quello più adatto anche ad una linea vocale…

Come stanno andando le vendite?

A: Considerando quanto possa essere difficile vendere un disco senza un'etichetta, una distribuzione, un management che parli di te e ti inserisca nei vari cataloghi, abbiamo pensato che sarebbe stato saggio stampare (a spese nostre) 300 copie.
Siamo più che soddisfatti del fatto che, in un anno, ne sono state vendute quasi 200, molte delle quali sono state destinate al mercato estero (americano e tedesco). Abbiamo avuto la giusta intuizione di rendere ascoltabile l’intero disco on-line, inoltre, da autoproduttori abbiamo potuto capire subito in quale paese sia stato più richiesto e, sorprendentemente, l'Italia non è al primo posto.

Come mai avete scelto l’autoproduzione piuttosto che cercare di farvi pubblicare l’album da una casa discografica?

A: Sono pochi quelli che scelgono di investire nella musica in questo momento, soprattutto nel Rock Progressivo. Come dicevo prima, inoltre, il nostro obiettivo primario è la realizzazione delle nostre idee, ed a tale fine abbiamo dedicato le nostre già esigue risorse. Cercare un’etichetta sarebbe stato molto più dispendioso. Ora, invece, abbiamo già un disco che stiamo vendendo e che, a poco a poco, aiuterà a rimetterci in pari con le spese.

State lavorando a nuovo materiale?

A: Si, e questa volta non ci precludiamo voci, testi, e qualche piccola dose di elettronica.
Con un po' di fortuna potremmo avere qualcosa di pronto per il prossimo anno.

Pensate in futuro di legarvi ad una casa discografica o continuerete così?

F: Continueremo così finché sarà necessario. Se si presentasse l’opportunità straordinaria di poter collaborare con un’etichetta interessata davvero al nostro progetto, accetteremmo senza pensarci due volte! Sarebbe bello poter dedicare le proprie energie soprattutto all’aspetto creativo del nostro progetto e lasciare il lavoro di promozione e booking ad altri…

Ringraziamo i Camera Chiara per la loro disponibilità nella speranza di avere presto, e in anteprima, buone nuove!!

Silvio Leccia

agosto 2014

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Una delle cose che sono evidenti all’ascolto della vostra opera prima è l’affiatamento che c’è tra voi. Ci dite come nascono i Camera chiara e da quanto suonate insieme?

           

Francesco: I Camera Chiara esistono dalla fine del 2006. Siamo partiti come trio “chitarra/tastiera/batteria”,  a cui poi si è aggiunto il basso; nel 2009 siamo tornati in trio con “basso/tastiera/batteria” e dal 2011 siamo di nuovo una rockband dalla “formazione classica”.

Questi continui cambiamenti hanno rallentato non di poco il nostro progetto, data la necessità di riarrangiare spesso interi brani e, a volte, di cambiarli del tutto.

Nondimeno, sembrerà contraddittorio, non ci è mai sembrata troppo penalizzante tale discontinuità, piuttosto abbiamo sempre sofferto della mancanza di seri spazi d’esibizione o anche solo d’espressione (e pensare che sarebbe il problema più semplice da risolvere!). 

Fin dalla prima prova in garage abbiamo scelto di non suonare cover, ma di dar forma alle nostre idee nel modo più diretto possibile.

A farci incontrare e a tenerci uniti in sala prove, dopo tutti questi anni, è stata nient’altro che la comune voglia di creare qualcosa di bello, innanzitutto per noi stessi.

Non ho mai visto profonde differenze tra chi cerca, in modo creativo, di abbellire la propria casa, e noi quattro mentre discutiamo di un bridge, un’intro, un finale… Abbiamo sempre concepito la musica come una possibilità d’espressione artistica personale, prima ancora di immaginarci su un palco e persino prima di definire, col nome di un genere musicale,  quello strano ibrido, figlio di tutti e di nessuno di noi quattro!

Antonio: Riascoltandoci - registravamo le prove con mezzi rudimentali (abbiamo centinaia di file, provini e voci fuori campo) - abbiamo capito che si trattava di Progressive o, per lo meno, che questo era l’unico genere con cui definire il nostro atteggiamento creativo. Da allora abbiamo sempre cercato non di imitare, ma di imparare dalle grandissime band del genere, a cominciare da quelle italiane che reputiamo ancora, senza alcun orgoglio patriottico, essere le più “stimolanti”!

Così, non appena si sentiva “troppo Banco – Osanna – ma anche Pink Floyd, o Genesis” rifacevamo tutto daccapo, senza però eccessive costrizioni,  perché l’obbiettivo finale era, e continua ad essere, quello di non tradire se stessi!  Semmai ci lasciavamo andare a delle palesi “citazioni” – come quando chiudevamo Chiaroscuri con un breve assaggio del Blue Rondò alla turca degli ELP. 

 

Come è stato registrato il disco?

 

A: Poiché non potevamo essere tutti contemporaneamente in loco durante le sessioni,  abbiamo scelto la strada più comoda, nonché l’unica possibile, della registrazione a tracce separate.

Eravamo entrati in studio con l'idea di fare un EP da destinare esclusivamente alla promozione per etichette e locali.

F: I piani cambiarono non appena ci  rendemmo conto della bravura di Francesco Tedesco (Danamaste, Imakerecords) che ha permesso alle nostre idee di “venir fuori” nel modo più autentico possibile. 

Forse non vengono spese abbastanza parole sugli aspetti artistici di una produzione, limitandosi, generalmente, a quelli tecnici, ma un disco non deve solo “sentirsi bene”… Chiunque abbia avuto la fortuna di registrare in uno studio, sa benissimo che più che la competenza tecnica, comunque indispensabile, per la buona riuscita finale dell’opera conta soprattutto la sensibilità di chi sta dietro la regia.

Per questo il lavoro dello studio di registrazione è a dir poco fondamentale, e ogni volta che riascoltiamo questo disco, rimaniamo  sempre meravigliati del buon risultato finale, nonostante il poco tempo e lo scarso budget a disposizione.

 

I riferimenti musicali riportati nella recensione, vi trovano d’accordo? C’è dell’altro sicuramente, c’è qualche riferimento improprio o che è stato trascurato, secondo voi?

 

F: Dare ragione o torto implicherebbe una sottile limitazione alla libera interpretazione… per questo motivo preferisco non rispondere. Ognuno può leggervi  o sentirvi  quello che vuole. 

Noi stessi a volte divergiamo sulle associazioni dei singoli frammenti! Finiamo persino col non capirci, a volte, quando vogliamo riferirci alle medesime parti di un brano che per me è Goblin mentre per Vincenzo è Scott Henderson! Ognuno di noi ascolta più di una sfumatura del Rock esistente e, quindi, ognuno di noi ha le sue personali influenze.

Danilo, ad esempio, ascolta molto i Tool, Vincenzo i Rush, Antonio i Soft Machine e io i primi  Anathema, ma non solo, e così ci sono diverse sfumature in questo disco che non vengono direttamente dal Progressive.

Alcune atmosfere, ad esempio, sono contaminate dal jazz (probabilmente più da parte di Antonio), altre, invece, da un certo tipo di musica  minimalista contemporanea (Glass, Enaudi...).

Dopotutto il lavoro del musicista è questo: inseguire quelle "giuste" note, che sono tanto più giuste quanto più si avvicinano a quel primo e personale impulso indescrivibile, strappandolo dall'indeterminatezza e consegnandolo alle sensibilità altrui.

A: Bisogna ascoltare, studiare e a volte prendere in prestito, smussare, rifinire al meglio per poi creare qualcosa di nuovo, uno stile inconfondibile e personale.

Magari può sembrare pretestuosa la scelta di citare in maniera così plateale il synth di Shine On you crazy diamond proprio nei primi secondi del disco, ma è stato quasi necessario per far capire all'ascoltatore le nostre intenzioni: .

 

Quale traccia è per voi quella rappresentativa del vosto progetto  musicale?

 

F: Credo sia Nel tuo Mondo. È il brano che esprime meglio l’equilibrio fra i nostri gusti. L’abbiamo sempre considerato come una sorta di “biglietto da visita”, forse  perche è quello più adatto anche ad una linea vocale…

 

Come stanno andando le vendite?

 

A: Considerando quanto possa essere difficile vendere un disco senza un'etichetta, una distribuzione, un management che parli di te e ti inserisca nei vari cataloghi, abbiamo  pensato che sarebbe stato saggio stampare (a spese nostre) 300 copie.

Siamo più che soddisfatti del fatto che, in un anno, ne sono state vendute quasi 200, molte delle quali sono state destinate al mercato estero (americano e tedesco).  

Abbiamo avuto la giusta intuizione di rendere ascoltabile l’intero disco on-line, inoltre,  da autoproduttori abbiamo potuto capire subito in quale paese sia stato più richiesto e, sorprendentemente, l'Italia non è al primo posto.

 

Come mai avete scelto l’autoproduzione piuttosto che cercare di farvi pubblicare l’album da una casa discografica?

 

A: Sono pochi quelli che scelgono di investire nella musica in questo momento, soprattutto nel Rock Progressivo.

Come dicevo prima, inoltre, il nostro obiettivo primario è la realizzazione delle nostre idee, ed a tale fine abbiamo dedicato le nostre già esigue risorse. Cercare un’etichetta sarebbe stato molto più dispendioso. Ora, invece, abbiamo già un disco che stiamo vendendo e che, a poco a poco, aiuterà a rimetterci in pari con le spese.

 

State lavorando a nuovo materiale?

 

A: Si, e questa volta non ci precludiamo voci, testi, e qualche piccola dose di elettronica.

Con un po' di fortuna potremmo avere qualcosa di pronto per il prossimo anno.

 

Pensate in futuro di legarvi ad una casa discografica o continuerete così?

 

F: Continueremo così finché sarà necessario.

Se si presentasse l’opportunità straordinaria di poter collaborare con un’etichetta interessata davvero al nostro progetto, accetteremmo senza pensarci due volte! Sarebbe bello poter dedicare le proprie energie soprattutto all’aspetto creativo del nostro progetto e lasciare il lavoro di promozione e booking ad altri…

 

 

Ringraziamo i Camera Chiara per la loro disponibilità nella speranza di avere presto, e in anteprima, buone nuove!!

 

Silvio Leccia

Ultimo aggiornamento (Lunedì 25 Maggio 2015 11:02)