alt Brani:
1-The Revealing Science of God - Dance of the Dawn; 2-The Remembering - High the Memory; 3-The Ancient - Giants Under the Sun; 4-Ritual - Nous Sommes Du Soleil.
Formazione:

Jon Anderson: vocals; Steve Howe: guitars; Chris Squire: bass guitar; Rick Wakeman: keyboards; Alan White: drums.

1974, Atlantic

Se c’è un album che nel bene e nel male raccoglie quella che è l’essenza della musica degli Yes, questo non può che essere la loro sesta fatica in studio: Tales from Topographic Oceans, mastodontico doppio contenente ben quattro suite, una per ogni facciata dell'LP, due per ogni disco nell’edizione in cd (non considerando le nuove rimasterizzazioni). Un concept album ispirato al libro Autobiografia di uno Yogi di Paramhansa Yoganada.
Un tema non banale, composto in maniera magniloquente e sicuramente complessa, così come complesso è il risultato ottenuto; difficile, quindi, dare un giudizio definitivo, sta di fatto che sia fans che detrattori della band nell’esprimere il proprio giudizio non sbagliano. Verrebbe da dire che quattro suite rappresentano sicuramente un eccesso, queste infatti si portano dietro temi fin troppo allungati e riempitivi di cui sinceramente non se ne sente la necessità, ma allo stesso tempo, all’interno di quest’album, troviamo forse alcuni dei migliori passaggi sonori prodotti dalla band, in particolare da Steve Howe protagonista assoluto in The Ritual - Giant Under the Sun e da Rick Wakeman in The Revealing Science of God – Dance of the Dawn. L’eccentrico tastierista però si dichiarerà contrariato dal risultato e dalla situazione in cui il lavoro era stato sviluppato finendo con l’abbandonare la band dopo il successivo tour. La compattezza non è certo la caratteristica principale di questo lavoro, in tutte le tracce c’è sempre un momento di stanca, o un tema forse fin troppo ripetuto, come nel caso di The Remembering – High the Memory o nella conclusiva Ritual - Nous Sommes du Soleil, dove Howe ripropone alcuni passaggi dei precedenti brani. Di contro sono proprio questi eccessi a far apprezzare i momenti migliori, come le fughe di Wakeman, le atmosfere create al mellotron, la slide di Howe, mai così protagonista come in quest’album e ancor di più nel successivo Relayer. Chris Squire è sempre l’eccellente bassista dal tocco inconfondibile accompagnato questa volta da un nuovo compagno dietro i tamburi: Alan White, qui al suo primo album in studio dopo aver sostituito Bill Bruford (passato ai King Crimson) durante il tour precedente. Come sempre ottima la prestazione vocale di Jon Anderson, uno dei marchi di fabbrica del gruppo.
Concludendo, Tales of Topographic Oceans è, nel bene e nel male, la summa dello Yes pensiero, nel periodo del loro massimo splendore in cui emergono due aspetti: un album fin troppo imponente che per quanti vogliono avvicinarsi al gruppo può risultare fin troppo ostico (meglio allora cominciare dalle precedenti pubblicazioni: da The Yes Album a Close to the edge, senza dimenticare lo splendido live Yessongs). Per i fan invece un lavoro da avere, il cui peccato originale di essere troppo pretenzioso, passa in secondo piano rispetto alle bellissime soluzioni che la band riesce a proporre in ognuno dei quattro tasselli che lo compongono.

Roberto Cembali
agosto 2014

Ultimo aggiornamento (Giovedì 16 Ottobre 2014 13:01)