alt Brani:

Live at Luna Park
1-Bridges in the Sky; 2-6:00; 3-The Dark Eternal Night; 4-This Is the Life; 5-The Root of All Evil; 6-Lost Not Forgotten; 7-Drum Solo; 8-A Fortune in Lies; 9-The Silent Man; 10-Beneath the Surface; 11-Outcry; 12-Keyboard Solo; 13-Surrounded; 14-On the Backs of Angels; 15-War Inside My Head; 16-The Test That Stumped Them All; 17-Guitar Solo; 18-The Spirit Carries On; 19- Breaking All Illusions; 20-Metropolis Pt. 1: The Miracle and the Sleeper ; 21-These Walls; 22-Build Me Up, Break Me Down; 23-Caught in a Web; 24-Wait for Sleep; 25-Far from Heaven; 26-Pull Me Under.

Dream Theater
1-False Awakening Suite (2:42): I. Sleep Paralysis, II. Night Terrors, III. Lucid Dream; 2-The Enemy Inside (6:17); 3-The Looking Glass (4:53); 4-Enigma Machine (6:01); 5-The Bigger Picture (7:40); 6-Behind the Veil (6:52); 7-Surrender to Reason (6:34); 8-Along for the Ride (4:45); 9-Illumination Theory (22:17): I. Paradoxe de la Lumière Noire, II. Live, Die, Kill, III. The Embracing Circle, IV. The Pursuit of Truth, V. Surrender, Trust & Passion.

Formazione:
James LaBrie: vocals; John Petrucci: guitars; Jordan Rudess: keyboards; John Myung: bass, Chapman stick; Mike Mangini: drums.
 2013, Roadrunner

Ho scelto di recensire insieme le due uscite dei Dream Theater per tracciare un primo bilancio dei tre anni trascorsi dall’abbandono del socio fondatore Mike Portnoy e dall’entrata di Mike Mangini. Partirei dalla prova dal vivo perché temporalmente precede l’ultima uscita da studio sebbene la sua pubblicazione abbia seguito quella del disco da studio di un mese circa. Sono stato testimone della data di Milano dei Dream Theater nel febbraio del 2012 e l’impressione che ne avevo ricavata era di una band rinata dopo due tour in po’ in sordina. Sembrava di essere ritornati ai fasti del tour di Octavarium: Mangimi era ben inserito nel gruppo sebbene si notasse una certa emozione di fronte a fan che seguono la band da tempo. E l’impressione ricevuta al concerto si è conservata anche sul disco, soprattutto grazie alla qualità delle composizioni del precedente A dramatic turn of events, qui presenti praticamente al completo. Si parte infatti alla grande con l’emozionante Bridges in the sky baciata da un grande ritornello e continui cambi per poi viaggiare indietro con il classico 6:00 e l’aggressiva ma debole Dark Eternal Night. Si ritorna quindi all’ultima prova in studio con la bellissima ballad This is the life (moderna Surrounded, con annesso assolo alla Steve Rothery di Petrucci) e Lost not Forgotten (che forse potevano lasciare fuori dalla setlist) alternate dal piccolo moderno classico The Root of all Evil. Dopo l’assolo di Mangimi è tempo ancora di ricordi con A fortune in lies che però fa rimpiangere tempi ormai andati con quel suo incedere liquido ed avvincente che ha fatto scuola. Il primo cd (dei tre totali, disponibili solo nella bellissima edizione limitata stile “album di matrimonio”, con due dvd e un blu ray)  si chiude con le ballad The Silent man e Beneath the surface a chiudere un ideale circolo del protagonista di Awake che si risveglia sulla corda sospeso sul blu della copertina del disco del 2011. 

Il secondo cd è il migliore. Praticamente un “best of” di moderne suites che comprende: - la drammatica Outcry, Surronded (introdotta da un breve solo di Rudess); - il singolo On the Backs of Angels, a cui si lega War inside my head e The test that stumped them all, come al solito meglio riuscite rispetto alla resa su Six degrees of inner turbulence; - il vecchio classico The Spirit carries on introdotta da un magniloquente assolo di Petrucci; - il moderno capolavoro Breaking all Illussions, in cui Petrucci dà veramente il meglio di sé inseguendo tastiera e batteria in un confronto epico di scale e controtempi; - l’immortale Metropolis part I. Il terzo cd poco aggiunge, presentando una soffice These Walls, le classiche Caught in the web, Wait for sleep (suonata dal vivo molto raramente negli ultimi anni) e Pull me under intervallate però da due episodi deboli di A dramatic turn of events come Build me up Break me down e Far from Heaven.

E’ con questo fardello, dopo un anno e due mesi di estenuante tour, che i Dream Theater sono ritornati puntuali in studio nel 2013 per realizzare l’omonimo studio album uscito nello scorso ottobre. La tensione dovuta al nuovo acquisto si era ormai stemperata, ma dal disco traspare la tensione di dover confermare quanto di buono fatto nel 2011. Tenuto conto anche dell’uscita del progetto solista di Labrie (ormai sempre più orientato al metalcore) il risultato non poteva essere che un tentativo di ricaricare le batterie cercando di eseguire il compito come da contratto ma senza emozionare. La sensazione dopo quasi quattro mesi di ascolti è di un disco che ci si augura di passaggio e che apre la strada ad un successore che eviti la fastidiosa sensazione che i nostri si siano nuovamente avvitati in una spirale del tipo Systematic ChaosBlack clouds and silver linings. Infatti, la sensazione sgradevole che si porta con sé questo omonimo è prima di tutto che i brani siano inutilmente lunghi. Il singolo The enemy inside (titolo che richiama In the presence of enemies) è l’unico veramente ben strutturato con un ottimo ritornello e un grande assolo. I dubbi già ci assalgono con la successiva The Looking glass che sembra AOR ma non ha  le linee melodiche di una Afterlife o una Status Seeker. Lo strumentale Enigma Machine è fine a se stesso, mentre The Bigger picture è una semi ballad poco riuscita per gli standard dei nostri. Behind the veil ricorda molto i vecchi Elegy, mentre Surrender to reason è la tipica Dream Theater song che renderà sicuramente meglio dal vivo che da disco. E dopo l’anonima Along for the ride arriviamo alla pietra dello scandalo, la suite Illumination Theory. Ammetto che nonostante i ripetuti ascolti questa lunga cavalcata mi lascia ancora perplesso forse perché si trascina troppo stancamente in tutte le sue cinque parti, di cui due totalmente strumentali. Di queste, The embracing circle sembra un velleitario tentativo da colonna sonora che ricorda film musicali degli anni 50-60. Le ultime due parti si trascinano stancamente e salverei solo l’ultima che almeno ha un crescendo epico alla Octavarium.
In conclusione, i nostri avrebbero potuto diminuire la lunghezza dell’album cercando di capitalizzare sui pochi spunti geniali disseminati nei quasi 70 minuti del disco. Ci auguriamo che questo semi-passo falso sia stato dovuto solo alla stanchezza e che presto i nostri ritornino a regalarci emozioni.

Italo Testa
febbraio 2014

Ultimo aggiornamento (Martedì 02 Settembre 2014 10:31)