alt Brani:
1-Fifty; 2-Duajo & Guruji; 3-Capistrano Road; 4-Lamboya; 5-Kalingga; 6-Campuhan Hill; 7-Surya Namaskar; 8-Dalem Waturenggong.
Formazione:
Dewa Budjana: electric & acoustic guitars; Jimmy Johnson: bass guitar; Vinnie Colaiuta: drums.
with special guests
Gary Husband: synthesizers on 1; Micheael Landau: electric guitar solos on 6.
and with
Mang Ayi: vocals on 5; Kang Pupung: tarawangsa (Sundanese violin) on 5; Kang Iya: kacapi (Sundanese harp) on 5.
2014, Moonjune Records - durata totale: 55:45

E' dai lontani(ssimi) tempi dei Cream che si parla di "supergruppo". Quando più musicisti che vengono individuati come maestri del proprio strumento si uniscono per dar vita a band nuove si attende sempre la scintilla dei grandi. Dewa Budjana è un chitarrista indonesiano che, grazie anche alla promozione della Moonjune Records, sta facendo parlare molto di sé negli ambienti del prog e del jazz-rock. Forse non si può dire che abbia ancora un'affermazione globale, per la gran massa di appassionati di buona musica, ma se due colleghi del calibro di Jimmy Johnson e Vinnie Colaiuta si "scomodano" per registrare con lui un album qualcosa vorrà significare... I tre si incontrano a Los Angeles e in due session diverse, il 25 e il 27 ottobre 2013 incidono otto brani magnifici. Le capacità improvvisative e le grandi doti tecniche dei tre sono per l'occasione indirizzate verso una fusion di classe, aperta all'autocompiacimento, ma non troppo e carica di un feeling che raramente emerge in album di questo tipo. Già la prima traccia Fifty, che vede Gary Husband ospite alle tastiere punta subito in alto e ci regala sette minuti e mezzo carichi di pathos, di temi affascinanti e di linee melodiche che catturano facilmente. E tutto l'album si mantiene su standard di questo tipo, mostrandosi molto omogeneo, con continue invenzioni da maestro in brani densi, scorrevoli e incentrati sulle incredibili scorribande di Dewa. Di sicuro campioni come Johnson e Colaiuta non sono lì a fare da semplici accompagnatori e sfoderano la loro bravura suonando meravigliosamente, condendo il tutto di virutosismi mai fini a sé stessi e mostrando un affiatamento notevole. Ma alla fine resta il chitarrista indonesiano la vera stella del disco. A differenza dei due precedenti lavori targati Moonjune, in Surya Namaskar c'è poca Indonesia, avvertibile esclusivamente nella composizione denominata Kalingga, in cui ci sono ospiti alle parti vocali, al violino sundanese e all'arpa sundanese e nel quale vengono create melodie stravaganti ed una musica che mantiene un forte sapore esotico, anche quando il sound si fa più robusto. Il resto è una fusion di stampo un po' holdsworthiano (evitando, però, troppe note a raffica) mostruosamente bella e suonata mostruosamente bene. Scusate se è poco.

Peppe
maggio 2014

Ultimo aggiornamento (Domenica 08 Giugno 2014 18:16)