alt  Brani:
1-Bianco; 2-Sclerotic days; 3-La suora nera; 4-La bambola di lana; 5-L'ultimo incontro; 6-Dodecahedron; 7-La torre; 8-Il bambino e il sogno; 9-I can not let go; 10-The Moon is pale tonight; 11-I left for home; 12-Il padre che vedevo distante.
Formazione:

DAAL are:
Alfio Costa: Hammond organ, Leslie cabinets, Grand piano, mimimoog, mellotron, Fender-Rhodes Mark II piano, synthesizers, dulcimer, samplers and noises; Davide Gudioni: acoustic and electronic drums, acoustic and electronic percussions, Synhestesia mandola drum pad, Kimerism Gongs, octobane, samplers, disconnecting cables.
Special guests:
Ettore Salati: electric guitars, slide guitar, classical guitar, ithemba and kehru; Luca Scherani: bouzouki; Roberto "Bobo" Aiolfi: electric bass, double bass, fretless bass; Alessandro Papotto: sax, flute, clarinet; Vincenzo Zitello: bardic harp, bass flute; Marcella Arganese: classical guitar; Chiara Alberti: cello; Sylvia Trabucco: violin.

Prodotto da Daal

2012, Agla Records - Durata totale: 70:36

All'inizio poteva sembrare un progetto estemporaneo e invece i DAAL, al secolo Davide Guidoni e Alfio Costa, sono giunti già al terzo album con questo Dodecahedron.
Per il loro nuovo parto hanno messo delle basi un po' diverse: hanno chiesto, infatti, a fan e amici di inviare dei racconti gotici. Tra questi, i due musicisti ne hanno scelti dodici che sono andati a formare appunto Dodecahedron. Brevi storie di mistero, di paure, di incubi, di malinconia. La musica creata dai DAAL stavolta parte da qui e, fantasticando, la si può immaginare come perfetta colonna sonora delle opere di Poe e Lovecraft. Anche in questa occasione intervengono diversi ospiti che arricchiscono il parco strumenti e possiamo così trovare, oltre l'armamentario di tastiere e percussioni di Alfio e Davide, anche chitarre, bouzouki, basso, fiati, arpa, archi, ecc. E' un piacere segnalare che anche stavolta l'artwork è curatissimo (ovviamente da Guidoni) e che l'edizione limitata che era possibile acquistare in preordine comprendeva, oltre al cd in confezione digipack, un altro EP dal titolo The call of the witches, il tutto inserito in un sacchetto di tessuto nero.
Ma passiamo ai contenuti musicali. Subito l'opener Bianco mostra una continuità con i precedenti lavori, per merito di un sound moderno e tecnologico, che sa essere asfissiante con le sue connotazioni fortemente dark. Ma qualcosa di diverso si incomincia a vedere in quel finale del brano affidato alla chitarra classica, che dona una vena romantica e malinconica, ben presente anche nella traccia successiva Sclerotic days, che sviluppa un horror rock sinfonico, ricordando magiche pagine di Goblin e Morte Macabre e inserendo anche i primi vagiti floydiani. Legami con la musica classica si possono intravedere anche ne La suora nera, con le tastiere altisonanti di Costa (a tratti "sporche", quasi à la Atomic Rooster) a dettare le danze con slanci potenti ed epici, controbilanciati dagli inserti più pacati, ma non meno sinistri, del violoncello. Cominciamo ad avere già un quadro della situazione, con queste sonorità che si mostrano allo stesso tempo maestose, eleganti e decadenti, che uniscono timbriche ricercate ed elettriche/elettroniche con i suoni acustici di strumenti classici e che vengono sviluppate abilmente anche nelle seguenti composizioni, come La bambola di lana (immaginate un Banco del Mutuo Soccorso a tinte fosche con, in più, interventi degli archi assolutamente magistrali), I can not let go (una modernizzazione degli insegnamenti emersoniani?), The Moon is pale tonight (dalla grazia conturbante) e Il padre che vedevo distante (magistrale conclusione del cd dall'incedere particolarmente prorompente, con ritmi quasi marziali, ma pronti a variazioni, tastiere sinfoniche e archi da brividi).
Tanti elementi interessanti emergono comunque anche nelle altre tracce. Il conturbante sax di Papotto sembra disegnare melodie esotiche in L'ultimo incontro, pezzo minaccioso, dalle molteplici sfaccettature, col mellotron in un crescendo carico di tensione, percussioni tribali ed una chitarra acustica accompagnata dalle onde del mare in sottofondo nel finale. La breve La torre viaggia addirittura su coordinate medievali che sfociano in atmosfere new-age.
I momenti più sperimentali li possiamo trovare ne Il bambino e il sogno, tra atmosfere stranianti e divagazioni quasi jazz-rock, nelle contaminazioni di I left for home e nella title-track. In quest'ultima si assaporano chiaramente soprattutto nella parte inizale, dove dissonanze, ritmi tenui ma scomposti e tastiere cosmiche spingono quasi verso l'avanguardia e i viaggi sonori dei Tangerine Dream o dei Pink Floyd. Negli ultimi due minuti, invece, la chitarra elettrica di Ettore Salati si lancia, con fare che sembra liberatorio, in un assolo meraviglioso.
Il duo Davide-Alfio, con il contributo di un bel po' di amici, ci regala così un'altra grande opera in cui il progressive riesce a non perdere le caratteristiche sperimentali e di ricerca del suono che erano state peculiarità fondamentali dei primi due album, mantenendo una componente dark non indifferente e, al contempo, diventando anche più sinfonico. Poliedrici, i DAAL sfornano così un lavoro più variegato rispetto al passato, ma che prosegue un percorso sonoro sempre più coinvolgente e intelligente, con il quale si continua a guardare in avanti, cercando soluzioni sonore non convenzionali, che ancora una volta sfociano in una musica da favola (nera). Chapeau!

Peppe
giugno 2013

Ultimo aggiornamento (Venerdì 07 Marzo 2014 14:47)