Musorgskij ed il progressive rock: Quadri di un'esposizione
Musorgskij eD IL PROGRESSIVE ROCK:
QUADRI DI UN’ESPOSIZIONE
L’opera Quadri di un’esposizione è una suite (brano strutturato in parti) del compositore russo Modest Petrovič Musorgskij. Egli fa parte dei musicisti conosciuti in Italia come il “Gruppo dei Cinque” (gli altri componenti sono M. Balakirev, C. Cui, A. Borodin e N. Rimskij‑Korsakov), i quali hanno dato un’influenza ed un’autorevolezza nazionalista alla musica tradizionale russa. Musorgskij è da identificare come compositore e musicista romantico: la sua musica esprime inquietudine e trepidazione, questo in parte a causa di disturbi di nevrosi e depressione.
La suite nacque nel 1874 dopo una visita ad una galleria di quadri allestita in onore di un suo carissimo amico pittore ed architetto, Viktor A. Hartmann, che era morto improvvisamente l’anno prima. «Mio caro, mio buono – scrive Musorgskij a Stasov (critico d’arte e critico musicale al quale è stata dedicata l’opera) – che orrore, che dolore! Perché mai vivono i cani ed i gatti, e muoiono gli Hartmann?». Dunque, Quadri di un’esposizione rappresenta una guida musicale della intera esposizione. Più che esaltare i quadri di Hartmann, però, il capolavoro di Musorgskij ha come scopo quello di ricordare una forte amicizia, sullo sfondo di timbri, sonorità, temi misteriosi e grandiosi che caratterizzano l’opera russa. La composizione del Maestro è stata eseguita dai più grandi musicisti, tra cui Aškenazi, Kissin e Pletnëv, ma la versione che merita un maggior riguardo è quella di Richter, laddove tutti i suoni sono calibrati nel modo migliore, tutti i quadri sono eseguiti con un’interpretazione che rende giustizia all’intento dell’autore ed allo spartito. Musorgskij ha concentrato gran parte della sua produzione nel periodo, esattamente tre anni, in cui si trasferì in campagna dal fratello. Tra le sue opere citiamo Una notte sul Monte Calvo (1867, di cui parleremo in un prossimo articolo), alcune liriche per pianoforte dal titolo Canti e danze della morte (1874), Boris Godunov (in due versioni, 1868‑69 e 1871‑72), considerato il suo massimo capolavoro ed, inoltre, l’unico melodramma messo in scena mentre era ancora in vita.
La struttura dei Quadri
La partitura presenta dieci “quadri”, non contando le Promenade tra i brani. La Promenade è un motivo sontuoso e regale che intercorre tra ogni brano e, dunque, tra ogni quadro, come se volesse neutralizzare lo spirito e le sensazioni dell’osservatore tra un quadro e l’altro. Nella Promenade confluiscono diversi temi della tradizione popolare russa. Analizziamo con maggior dettaglio i brani che compongono l’opera, dichiarandone il carattere:
- Promenade
- Gnomus [tr. It. Lo gnomo]. Pesante e tenebroso. Rappresenta il movimento di uno gnomo raffigurato in un quadro e che colpì particolarmente Musorgskij.
- Promenade
- Il vecchio castello. Struggente e malinconico. È il quadro più romantico e lirico di tutta la composizione. Un menestrello intona il suo dolore davanti alle mura di un vecchio castello (ambientato in Italia, perciò anche il titolo originale è in italiano).
- Promenade
- Tuileries (Dispute D'enfants Après Jeux) [tr. It. Tuileries (Litigio di fanciulli dopo il gioco)]. Capriccioso ma non troppo. La composizione rappresenta il gioco dei bambini sorvegliati dalle mamme nei giardini parigini delle Tuileries, ed il conseguente litigio finale.
- Bydlo. Moderato ma pesante. Con tema rigorosamente russo, in questo “quadro” Musorgskij descrive il movimento dei pesantissimi carri dei contadini polacchi.
- Promenade
- Balet Nevylupivšihsja Ptencov [tr. It. Balletto dei pulcini nel loro guscio]. Leggero e scherzoso. In uno schizzo per un balletto, Hartmann aveva disegnato questi costumi a guscio indossati da alcuni ballerini. L’autore ci fa immaginare il loro movimento.
- Samuel Goldenberg und Schmuÿle [tr. It. Samuel Goldenberg e Schmuÿle]. Andante ed energico. Viene presentato l’incontro di due ebrei polacchi, l’uno ricco l’altro povero. La sovrapposizione del motivo del ricco su quello del povero fa capire il diniego al prestito che il povero e piagnucoloso chiede insistentemente.
- Promenade
- Limoges, Le Marché (La Grande Nouvelle) [tr. It. Limoges, Il mercato (La grande notizia)]. Allegro e patetico. Il vociare dei frequentatori di un mercato a Limoges, e successivo litigio tra alcune contadine.
- Catacombae (Sepulcrum Romanum) - Cum Mortuis in Lingua Mortua [tr. It. Catacombe (Sepolcro romano) - Con i morti in una lingua morta]. Andante ma non troppo, e malinconico. Il compositore scrive note che esplodono di dolore, descrivendo la visita dello stesso Hartmann alle catacombe parigine.
- Izbuška na Kur'ih Nožkah (Baba‑Jaga) [tr. It. La capanna sulle zampe di gallina (Baba‑Yaga)]. Forte e dissonante. Qui si descrive l’orrore che l’autore prova per la strega Baba‑Yaga ed il suo antro. Il sentimento è in sintonia con quello che si trova in Gnomus, ma molto più grande e vasto.
- Bogatyrskie Vorota (V Stol'nom Gorode Kieve) [tr. It. La grande porta (Nella capitale Kiev)]. Allegro e maestoso. È Il ricco e grandioso finale, laddove la monumentale porta di Kiev del titolo fu progettata da Hartmann per celebrare lo zar Alessandro II.
Arrangiamenti e versioni orchestrali
Lo spartito classico è riuscito a infondere un enorme interesse, tanto da esser stato arrangiato da innumerevoli maestri e compositori dal 1886 (da parte di M. Tušmalov, tre quadri e quattro Promenade omesse) fino al giorno d’oggi. La versione orchestrale che ha ottenuto maggior successo di pubblico e critica è quella di Maurice Ravel, compositore francese del tardo Ottocento, realizzata nel 1922.
Piccola premessa. Molti sono i brani che sono stati, poi, trascritti per una diversa organica strumentale (come, ad esempio, la Toccata e fuga in Re minore di Bach trascritta per orchestra da Stokowski o il Concerto per 4 violini ed archi di Vivaldi trascritto per quattro clavicembali ed archi da Bach), molti i casi in cui la versione orchestrale non è mai riuscita a cancellare l’estro e la genialità di quella originale.
Per quanto riguarda la versione pianistica di Musorgskij e la orchestrale di Ravel, il discorso cambia. Con il passar del tempo, la versione originale ha acquisito sempre più rilevanza: la trascrizione ebbe sin dal principio molta fortuna ma non ha mai cancellato la pagina pianistica musorgskiana, anche perché chi ascolta per la prima volta Ravel ha la possibilità, tramite l’avvicinamento all’originale, di provare emozioni e sensazioni del tutto nuove. Le due versioni hanno in parte le stesse note ma sono, pertanto, da considerarsi due opere l’una indipendente dall’altra. La loro differenza ha, però, una ragione ben precisa. Quando Ravel trascrisse l’opera per orchestra, non era in possesso della partitura originale bensì di una revisione di Korsakov. La versione orchestrale si differenzia da quella pianistica anche per le caratteristiche timbriche e sonore delle epoche. Bisogna ricordare che un’opera ottocentesca era stata riproposta, in sostanza, sfondando le porte del Novecento. Trova, infatti, spazio tra le nuove tendenze novecentesche il suono del sassofono usato nel Vecchio castello. Ciò che più mette su due piani di ascolto praticamente opposti è il tono ed il carattere delle due composizioni: quella orchestrale, di carattere più brillante, in contrasto con quella originale, di carattere russo, più duro e cupo.
La versione di Emerson, Lake & Palmer
Quadri di un’esposizione ha, dunque, ispirato musicisti di generi differenti tra cui anche il Progressive Rock. L’arrangiamento che, sia per la sua peculiarità sia per la fedeltà all’opera originale, ha conseguito fama notevole è quello degli Emerson, Lake & Palmer (ELP). Il gruppo britannico si formò nel 1970 e, solo un anno dopo, incise dal vivo il disco Pictures at an Exhibition. L’album è stato realizzato con arrangiamenti di sette brani della suite classica, a cui si alternano altri brani composti dal trio. Possiamo dire che il disco progressive degli ELP si colloca musicalmente in modo perfettamente equilibrato tra lo spartito di Musorgskij e quello di Ravel, tenendo sempre conto di una forte impronta personale di interpretazione: in parte vengono conservate le timbriche pesanti e sontuose del compositore russo, intervallate, però, da momenti in cui la strumentazione degli ELP rende più leggero l’ascolto, proprio come la versione orchestrale.
Pictures si apre con una prima Promenade, che resta sontuosa e fedele all’originale. Il secondo brano è The Gnome, dove lo spartito musorgskiano viene rielaborato, anche se con il dovuto rispetto, ed è reso meno pesante grazie all’intervento della batteria di Carl Palmer. In Gnomus, Musorgskij voleva riprodurre, tramite le note, la rappresentazione di questa strana figura che vi era nel quadro. Lo gnomo suscitava fascino e disprezzo nello spirito dell’autore; inoltre, nella versione originale c’è una particolare alternanza tra note sonore e lunghe a quelle, invece, rapide e subito seguite da un silenzio e, dunque, da una pausa, che stavano a descrivere proprio il movimento dello gnomo. Gli ELP interpretano il brano con sfumature un po’ diverse, in quanto non vi è molta differenza di sonorità tra le note lunghe e quelle rapide, ed infatti, più che una sensazione di incanto e sprezzo, si può notare una continua tensione che persiste nell’arco dell’intera traccia.
Segue una Promenade (reprise 1) cui, però, Greg Lake aggiunge alcune liriche. A questo punto, s’inserisce The Sage (Il saggio), un pezzo dolce e malinconico che può esser definito una sorta di intermezzo del disco. È anche la traccia in cui Lake trova spazio per la sua maestria vocale e chitarristica. La successiva The Old Castle è il brano in cui Musorgskij e gli ELP viaggiano su due lunghezze d’onda opposte. Il compositore russo scrive note struggenti ed ammantate di tristezza, trattandosi della storia di un menestrello che, dopo una lunga assenza da casa, vi ci torna ma la trova distrutta, probabilmente a causa di una guerra. Quest’atmosfera di pena e di dolore non è riprodotta dagli ELP che si esibiscono, invece, in un pezzo di difficile interpretazione caratterizzato da suoni deliranti eseguiti al sinth. La sesta traccia s’intitola Blues Variations, e, a differenza di ciò che potrebbe apparire ad un orecchio profano, non è a sé stante bensì costituisce delle “variazioni” di The Old Castle, ma con un’anima più blues.
Dopo quello che può esser sembrato un allontanamento da Quadri di un’esposizione, le note della Promenade (reprise 2) cantano più vigorose di prima. Arriviamo, quindi, all’ottavo brano del disco, The Hut of Baba Yaga che, nella partitura originale, è reputato uno dei più ardui da eseguire: le forti dissonanze ed un pizzico di inquietudine sono le caratteristiche che rendono “La capanna della strega” così complesso. È per questo motivo che l’intento del gruppo britannico è riuscito in modo egregio. Nonostante l’ovvia ed estrema differenziazione della strumentazione, la vitalità e l’energia dell’originale pervadono tutta la traccia. Poi si passa a The Curse of Baba Yaga, una composizione degli ELP con evidente richiamo all’opera di Musorgskij. Infatti, osserviamo come le note gravi riprodotte dalle tastiere che fungono da basso siano le stesse del brano precedente e, dunque, dell’originale. Siamo quasi giunti al termine dell’album e gli Emerson, Lake & Palmer forniscono un’interessante “rivisitazione” di Baba‑Yaga: non è più un pezzo strumentale ad ispirazione classica, piuttosto un pezzo anche vocale del tutto nuovo che ritorna alle note di Musorgskij solo tramite la Promenade conclusiva.
L’ultimo brano del maestro russo nei Quadri di un’esposizione è La grande porta, il gran finale maestoso che, però, non è proposto allo stesso modo dagli ELP i quali, in The Great Gates of Kiev, seppur mantengano la medesima linea melodica, non trasmettono la gagliardia espressa dai sontuosi accordi della partitura originale. Scelta non fedele, dunque, alla versione classica, ma molto astuta e calibrata: il gran finale è ciò che il pubblico aspetta più di ascoltare, il finale da “fuochi d’artificio”, eppure se gli ELP avessero ribadito la grandiosità della Grande porta di Musorgskij, avrebbero poi dovuto terminare qui il concerto e, quindi, eliminare l’ultima traccia Nut Rocker, perché certamente sminuita in simile contesto.
La conclusione del disco degli Emerson, Lake & Palmer è un’ulteriore conferma della passione e dell’interesse verso la musica classica da parte del trio. Nut Rocker è, infatti, una briosa e fresca rielaborazione della Marcia della suite Lo Schiaccianoci scritta da Pyotr I. Tchaikovsky, coetaneo di Musorgskij ma lontano anni luce dallo stile del “Gruppo dei Cinque”, in quanto più attratto dalla scuola occidentale (soprattutto Mozart, Schumann e Bizet, mentre è noto che non prediligesse Beethoven). La “marcia” degli ELP è più ritmata rispetto alla composizione di Tchaikovsky, tuttavia di uguale vivacità ed intensità. Il gruppo riesce, pertanto, ad offrire un vero e proprio spettacolo, lasciando il pubblico piacevolmente sorpreso fino alla fine.
Flavia Salemme
giugno 2013
The Old Castle
Per comprendere questo pezzo bisogna riflettere su due fattori: il momento storico ed il carattere di Emerson.
Siamo nel ’71, il moog era un mostro di ferro, composto da tanti moduli, fori e cavi che dovevano essere magistralmente inseriti per collegare tra loro le diverse parti al fine di far uscire un suono coerente dall’amplificazione. Era così imponente e spettacolare che molti andavano al concerto quasi solo per vedere come un uomo riuscisse a domare un tale mostro. Se a questo si aggiunge che il sintetizzatore forniva suoni mai sentiti prima, si può immaginare come lo strumento suscitasse tanto clamore ed interesse da costringere i possessori a farne un uso mirato a meravigliare il pubblico, soprattutto durante i concerti. Lo stesso Emerson, ad esempio, non farà un uso così smodato del moog nei dischi in studio.
E non a caso ho adoperato la parola “mostro”. Da sempre Emerson giocava a maltrattare e a manifestare la sua superiorità rispetto allo strumento utilizzato. Basti ricordare come maltrattava il suo povero Hammond (in realtà, era un facsimile non del tutto funzionante, al solo scopo di scena): a fine concerto Emerson si avventava sull’Hammond e lo accoltellava, lasciando premuti i tasti dove il coltello aveva colpito, e agitando l’organo faceva scaturire modulazioni delle note bloccate che simulavano bene il lamento di una “bestia” prossima alla morte.
Come poteva Emerson fare la stessa cosa con il moog? Certamente non lo trattava male, costava troppo; spesso, però, diventava un tutt’uno con lo strumento attraverso i numerosi cavi, quasi a voler anticipare la cultura cyberpunk che si sarebbe poi sviluppata molto più tardi. Ma il colpo di teatro era suonare quel mostro con una slide bar, una semplice “periferica” del moog che, tramite le sue sollecitazioni (non aveva dei veri e propri tasti), riusciva a modulare il suono e far generare tutti gli effetti sonori della traccia, mentre il Nostro liberamente balzava da un punto all’altro del palco.
Il “vecchio castello” era, dunque, uno dei momenti di gloria di Emerson durante i concerti. La cosa strana è che quasi si beava più di questi frangenti “ludici” che delle situazioni in cui effettivamente mostrava tutta la sua bravura nell’esecuzione dei brani. Il perché, poi, gli ELP abbiano mantenuto questo nome al brano, non saprei, ma non mi stupirei se fosse soltanto semplicemente per il “titolo” e l’ambientazione che potevano stimolare la fantasia dell’ascoltatore.
Montag
giugno 2013
Lista di altri artisti rock che si sono ispirati ai ‘Quadri’
Isao Tomita – Pictures at an Exhibition, 1975 (per sintetizzatore)
Oggi inascoltabile, all'epoca aveva la sua motivazione: le persone acquistavano dischi del tipo “Mozart al sintetizzatore” e via dicendo.
Tutti i quadri vengono riproposti, in un atmosfera a volte azzeccata, come per il Balletto dei pulcini nel loro guscio; altre volte, la tendenza eccessivamente “space” fa perdere il carattere del pezzo, lasciando solo il motivo... Insomma, disco particolare, ma non facilmente godibile.
Tangerine Dream – Turn of the Tides, 1994
In questo disco troviamo una versione della Promenade che non aggiunge, ma nemmeno toglie nulla, alla partitura originale.
Mekong Delta – Pictures at an Exhibition, 1996
Tutti i quadri vengono riproposti, con l'aiuto di un'orchestra. La versione è meno interessante rispetto all'originale, ma anche rispetto al lavoro degli ELP, in quanto si perdono quella percussività e quelle asprezze che il pianoforte riesce a dare così bene. Nel suo andamento, l'opera diventa fin troppo statica e sinfonica per un gruppo heavy metal.
Murple – Quadri di un’esposizione, 2008
Ispirati dagli stessi quadri di Hartmann e non direttamente dalla musica di Musorgskij, i Murple “espongono” la loro visione musicale dei dieci quadri dell’opera del Maestro. Il disco, breve ma interessante, merita sicuramente un ascolto attento.
Citazioni possono essere rintracciate in moltissimi altri lavori... ad esempio in Megalázottak és Megszomorítottak degli After Crying... No, non lo svelo, ascoltatevi l'opera del compositore russo in originale, o nella versione di Ravel, e riconoscerete la citazione colta del gruppo ungherese. Se proprio non riuscite a trovarla, scrivetemi!
Montag
giugno 2013
Ultimo aggiornamento (Venerdì 07 Marzo 2014 15:36)