alt Brani:
1. Halloween Part I (20:30)
- a) Halloween Song (1:20)
- b) Tired Answers (9:30)
- c) Colours Of Childhood (6:00)
- d) Sorrow In My Dreams (3:40)
2. Halloween Part II (18:40)
- a) Lone Fantasy (4:50)
- b) Dawn Over Darkness (6:10)
- c) Misty Garden Of Passion (2:15)
- d) Fear Of Frost (3:35)
- e) Time (1:50)
Formazione:

Victor Bosch: drums, percussion, vibes; Gilbert Gandil: guitars, vocals; Michel Masson: bass guitar; Roland Richard: flute, clarinet, acoustic piano, strings; Jacques Roman: keyboards, Mellotron, synthesizers; Xavier Dubuc: congas; Sylvia Ekström: child voice in 1a; Jean-Louis Rebut: voice in 2e; Jean Ristori: cello.

1977, CBS

Forse fuori tempo massimo rispetto al periodo aureo del progressive rock, Halloween però era e rimane tuttora il miglior lavoro (almeno a detta di chi scrive) dei Pulsar. In tempi ormai diversi, la band francese prende il meglio di quanto espresso nei due precedenti lavori e lo condensa in una struttura ormai desueta, considerata barocca, sorpassata e autocelebrativa: la suite; anzi due suite, della durata di poco meno di 20 minuti, in cui il lavoro è suddiviso.
Mai come questa volta la copertina: un ragazzo con il capo appoggiato sulle gambe di una donna dallo sguardo torvo (aprendo il libretto troviamo lo stesso addormentato su una scrivania con in mano la testa miniaturizzata della donna), mentre le musiche fanno trasparire il senso di malinconia e cupezza sfociante nell’angoscia. Il canto bambinesco di Sylvia Ekstrom ci introduce su delicate note di pianoforte in un universo ultraterreno, dettato dalle tastiere di Jacques Roman. Il tutto è pervaso da un senso d’inquietudine crescente, dove trova sfogo la chitarra di Gilbert Gandil (Tired Answer) sulla base pulsante, ossessiva di Victor Bosch. Roman e Bosch dialogano, si rincorrono disegnando un paesaggio sonoro tra i più cupi mai realizzati.
Esistono tuttavia anche dei momenti più quieti, meno asfissianti: Color of Childhood, è caratterizzata dal dialogo tra la 12 corde, la voce di Bosch e le tastiere di Roman, ma è solo una breve pausa in cui successivamente il canto varia, dolente, quasi a invocare aiuto (Sorrow in My Dream).
La seconda facciata sfuma i toni tormentati che avevano caratterizzato l’album fino a questo momento per trasportarci su lidi malinconici, su cui timidamente si affaccia prima un flauto e poi il clarinetto (Lone Fantasy), Gandil ci regala un assolo bellissimo, commovente nel sul incedere, a restituire la luce, come il titolo della sotto parte suggerisce (Dawn Over the Darkness); una risalita progressiva sottolineata dal flauto di Richard prima e dalla chitarra e dalla voce di Gandil successivamente.
Il tutto sembra sfociare in un lieto fine dettato dalle tastiere di Roman, accompagnate dal violoncello (Misty Garden of Passion), ma è la batteria di Bosch a riportarci nelle tenebre seguite dagli effetti psichedelici della chitarra e delle tastiere (Fear of Frost), in un viaggio forsennato nei meandri più oscuri dello spazio in cui è nuovamente il sintetizzatore di Roman a farla da padrone. Il finale è affidato quindi ad un’invocazione eterea, su un tappeto di mellotron che piano piano si spegne.
Halloween, come scritto precedentemente, rappresenta il massimo della creatività espressa dal gruppo francese, il tutto è ben realizzato, ogni nota è al suo posto per un album privo di qualsivoglia riempitivo. Potrà anche essere un frutto tardivo, ma è sicuramente un lavoro che deve essere ascoltato e che ogni amante del progressive non può esimersi dal farlo.

Roberto Cembali
dicembre 2013

Ultimo aggiornamento (Venerdì 03 Gennaio 2014 14:32)