Emanuele Tarasconi (compositore, tastiere, voce), classe 1990. Francesca Zanetta (chitarre), 1989. Francesco Orefice (basso, seconda voce), 1994. Federico Bedostri (batteria e percussioni), 1992. A volte forse è bene sottolineare la data di nascita, perché questo giovane quartetto, denominato Unreal City, dopo un EP autoprodotto, è entrato in contatto con Fabio Zuffanti, che ha fiutato il loro talento e ha pubblicato tramite la sua Mirror Records, il cd La crudeltà di aprile, che è ben più di un gioiello di valore nell'odierno panorama italiano di rock sinfonico. Abbiamo contattato la band per qualche domanda.

Inizio con una domanda che non vi ha fatto sicuramente nessuno: ci raccontate come è nata la band? :-)

EMANUELE: La band nasce nel 2008 da un'idea mia e di Francesca Zanetta. All'epoca suonavamo a Milano, in un gruppo prog chiamato The Syllogism. Per questioni logistiche (fondamentalmente perché ho allestito la sala prove privata dove suoniamo ora e ormai era diventato impossibile spostare tutte le settimane quintali di tastiere in treno) il gruppo si è trasferito a Parma e ha cambiato nome in Unreal City, che deriva dal nostro comune amore per l'opera del poeta inglese T.S.Eliot. Dopo vari cambi di line up sono entrati Francesco Orefice e Federico Bedostri.

Cosa spinge dei ragazzi poco più che ventenni (e qualcuno neanche ventenne) a cimentarsi nel progressive rock, che specie oggigiorno dà la quasi assoluta certezza di non avere riscontri commerciali?

FRANCESCA: Sicuramente i nostri percorsi formativi musicali e strumentali. Io ho fin da bambina apprezzato quelle sonorità, Emanuele ci si è avvicinato un po' più tardi (intorno ai 14 anni) dopo una lunga gavetta nella musica classica. Viceversa, Francesco perviene al prog da una prospettiva un po' differente, di matrice prevalentemente rock blues, mentre Federico è forse il musicista più "modern oriented" fra di noi.

Come siete entrati in contatto con Fabio Zuffanti e che ruolo ha giocato nello sviluppo dei lavori che ha portato al cd La crudeltà di aprile?

FRANCESCA: Emanuele ed io Contattammo Fabio nell'agosto dello scorso anno. Avevamo appena pubblicato l' EP omonimo del gruppo e andavo in cerca di "pareri" circa gli aspetti migliorabili delle composizioni. Ovviamente conoscevo Fabio per i suoi lavori con Maschera di Cera, Finisterre e, soprattutto, Hostsonaten. Nell'EP erano peraltro presenti, in lingua inglese, tre brani presenti in italiano ne La Crudeltà di Aprile. Fabio ascoltò questo cd home made e si disse interessato ad approfondire il discorso. Ci invitò quindi a Genova intorno a ferragosto e lì, nell'Hilary Studio di Rox Villa, ci parlò del progetto Mirror Records per la prima volta.

Come è nato La crudeltà di aprile e quanto tempo ci avete messo a realizzarlo?

EMANUELE: Quando cominciai a comporre le canzoni per il primo EP, davo (chissà per quale ragione) per scontato il fatto che le liriche dovessero essere in inglese. Fu un'idea di Fabio la trasposizione in italiano. La prima canzone del disco, Little Will (la versione inglese del brano Dell'Innocenza Perduta) la scrissi nel novembre del 2010, ma la proposi a Francesca (Francesco e Federico non erano ancora entrati nel gruppo) solo più avanti, intorno ad Ottobre 2011. Decidemmo quindi di fare il grande salto e cominciare a proporre dal vivo, oltre alle solite cover di Emerson Lake & Palmer, Pink Floyd, King Crimson, Jethro Tull, anche la nuova canzone. Da lì le altre canzoni vennero di conseguenza. Arrivò l'incontro con Fabio e la proposta di trasporre i testi in Italiano. Questo mi ha dato la possibilità di evitare molte "ingenuità" linguistiche che inevitabilmente emergono quando si canta in un idioma non naturale e di poter inserire nei testi molti rimandi e citazioni tratte dalle opere che preferisco.

Cosa vi ha spinto a puntare su testi che trattano tematiche così particolari? Vi va di analizzare un po' quest'aspetto della vostra proposta?

EMANUELE: La cosa che si è cercato di dimostrare (in linea con un pensiero che condividiamo anche con Fabio, peraltro) è che il prog non si può limitare ad essere solo struttura musicale, laddove il testo rimane una sorta di contorno, una cosa da scrivere ed eseguire a denti stretti e il prima possibile. Molte volte sembra che non sia stato a pieno assimilata la lezione dei Van Der Graaf Generator in merito (o, per fare un esempio italiano, del Balletto Di Bronzo). Non è così scontato che il testo in un brano prog debba per forza essere ancella della musica, reggere lo strascico delle sezioni strumentali: così facendo si perde molto, perché si rinuncia ad un fattore comunicativo estremamente importante. Per quanto riguarda le tematiche, esse riflettono ovviamente gli interessi miei e degli altri componenti del gruppo, al di là dei divertissement citazionistici (di cui il disco è zeppo, spero non eccessivamente). Non è snobismo culturale: si punta ad una sorta di comprensione per intuizione che renda non necessarie le eventuali "chiavi di lettura".

L'impressione che si ha ascoltando La crudeltà di aprile è che a livello di sonorità avete cercato di utilizzare sia timbri vintage che un sound più moderno. Da cosa deriva questa scelta e, per gli amanti del mondo degli strumenti, che tipo di attrezzature utilizzate?

EMANUELE: A livello di strumentazione, abbiamo preferito non utilizzare strumenti moderni. Siamo convinti che quel genere di strumenti non abbia per nulla esaurito il proprio potenziale comunicativo (d'altronde se un pianoforte non invecchia, perché dovrebbe farlo un mellotron?). Ovvio che dietro a questa scelta fondamentale c'è ovviamente la ricerca di determinate sonorità, chiamiamole "derivative" ma anche "inattuali", volendo. Per quanto riguarda le tastiere, senza dubbio la sezione più vintage del disco, abbiamo deciso in comune accordo con Fabio di gettare a mare la sintesi digitale di quelle che in gergo vengono chiamate "macchine ibride" e affidarci quanto più possibili a strumenti acustici (Pianoforti, Clavicembalo), elettroacustici (Rhodes, Clavinet), elettrici (Mellotron, con precursori e derivati) e sintetizzatori sottrattivi classici (Minimoog). Francesca utilizza invece Fender stratocaster e Les Paul amplificate da una testata Hiwatt Hiwatt Custom 100 (DR103) degli anni 70 e una chitarra acustica Ovation. Per quanto riguarda il fattore modernità, credo che il vero "motore" di questa caratterizzazione siano le linee di batteria di Federico Bedostri. I pezzi che compongo risentono in modo quasi eccessivo degli schemi canonici degli anni '70 (anche perché, fondamentalmente, in ambito rock è la musica che ascolto di più) e Federico, con i suoi arrangiamenti delle parti di batteria, riesce perfettamente a stemperare quest'aura vintage che ricopre un po' tutto, dal modo di suonare/cantare, agli strumenti utilizzati.

Mi sembra di capire che oltre a suonare progressive rock, siete anche appassionati di questa musica. Avete degli "idoli" e delle fonti di ispirazione? E, vista anche la giovane età e la collaborazione con Zuffanti, vi hanno influenzato anche artisti un po' più vicini agli anni nostri?

EMANUELE: Venendo dal pianoforte classico al rock, purtroppo non ho molti punti di riferimento "contemporanei". I miei riferimenti per quanto riguarda la musica rock sono Keith Emerson, Rick Wright, Rick Wakeman, Dave Sinclair e fra gli italiani Premoli, Nocenzi, Pagliuca e Corradi.

FRANCESCA: Concordo con Emanuele: nemmeno io sono una grande fruitrice di musica contemporanea (salvo, ahimè, artisti "fortemente derivativi", come dicono i critici prog). Così se il mio chitarrista preferito in assoluto è David Gilmour, altri miei punti di riferimento costanti sono Andy Latimer e Robert Fripp, fra gli italiani sicuramente Franco Mussida della PFM.

Ci sono giovani leve del prog che vi hanno colpito maggiormente?

FEDERICO: La scena Prog moderna a mio avviso è estremamente ricca ed innovativa. Paradossalmente, questa innovazione a volte non viene accolta positivamente da alcuni fan del genere, rimasti arroccati fra i mostri sacri del passato. Fra i gruppi "nuovi", consiglio, fra le tante proposte interessanti, gli ormai affermatissimi Dream Theater (soprattutto gli album degli anni '90) fondatori del canone progressive metal, e gli svedesi Opeth, Pain of Salvation ed Änglagård. Un consiglio particolare verso i Tool (anche se non penso sia corretto definirli progressive, ma non saprei come identificarli) e infine, rimanendo su sonorità più classiche, Big Elf, Transatlantic e i progetti solisti di Neal Morse.

Com'è il vostro processo di composizione?

EMANUELE: la struttura musicale (armonia e melodia) solitamente nasce sul mio pianoforte (solamente qualche sezione interna di Horror Vacui, se non erro, l'ho composta a chitarra), mentre gli arrangiamenti dei vari strumenti vengono discussi assieme durante le prove. Il testo nasce il più delle volte dopo: solitamente le prime prove di un brano vedono un cantato in "babbling" su cui poi si innesterà il testo definitivo. Un'attenzione particolare la mettiamo nel scegliere soluzioni che ci diano modo di poter riproporre dal vivo la canzone nella sua interezza, senza l'ausilio di sequenze o basi preregistrate (che non amiamo e che peraltro nemmeno sapremmo gestire su un palco). Per quanto riguarda i testi cerco di condensare quanto più possibile in un dato argomento fonti differenti, sprazzi anche istantanei di teorie differenti e immagini che mi hanno colpito. Da qui forse deriva il citazionismo di cui parlavamo prima. Prendendo per esempio il brano Catabasi, ho cercato di mescolare assieme, fra gli altri, elementi del Faustus di Marlowe, il Faust-Urfaust di Goethe, il Mefistofele di Arrigo Boito, Le montagne della follia di Lovecrat e il Gog-Magog di Peter Hammill, soprattutto per la caratterizzazione del mefistofelico personaggio all'inizio. Tuttavia mi sono divertito anche ad inserire alcune citazioni dall'Iliade (ma riletta da Goethe) e da Nietzsche.

Il disco è uscito da un paio di mesi, com'è stata l'accoglienza finora?

FRANCESCA: Per ora il disco sembra andare bene, e così anche all'estero. Nelle numerosissime recensioni abbiamo ricevuto molti commenti positivi anche da Giappone, Corea, Messico, Brasile, Canada. Il video della canzone Dove La Luce è Più Intensa ha raggiunto più di 4000 visualizzazioni nel giro di un mese e mezzo dall'uscita del disco, un risultato che sinceramente non ci aspettavamo. Per questo dobbiamo sicuramente ringraziare l'ottimo lavoro che sta svolgendo e ha svolto il nostro ufficio stampa, MAT2020 e Athos Enrile.

Per promuovere l'album avete anche girato un video per il brano Dove la luce è più intensa. Come è nata l'idea e come sono andate le registrazioni?

FRANCESCA: L'idea di fare un video è nata da Fabio, che ha visto nel brano Dove La Luce E' Più Intensa una potenziale interpretazione "visiva". Ci siamo affidati ai ragazzi di Sibecomunicazione a Genova, e abbiamo registrato il video nel paese di Fontanigorda, vicino Torriglia, in due location differenti. Da una parte un salotto dalle tinte gotiche e decadenti, dall'altro il meraviglioso "bosco delle fate" di Fontanigorda. E' stata sicuramente un'esperienza bellissima per noi (non avevamo mai registrato un videoclip professionale), e il fatto che il video sia stato visto da molte persone è una grande soddisfazione.

Dal video sembra che curiate attentamente anche l'immagine, quasi a ricercare anche una certa riconoscibilità visiva... Come avete scelto questo look particolare (oserei dire vampiresco, sbaglio?)? Pensate che vi possa in qualche modo aiutare?

EMANUELE: Il look del video, trucchi compresi deriva essenzialmente dal modo di vestirci che abbiamo sempre utilizzato live sul palco. Io credo che da questo punto di vista, se da una parte i look dei musicisti possono sembrare "frammentari", dall'altra posso assicurare che rispecchiano fedelmente in modo quasi parafrastico le loro personalità soggettive. A proposito di vampiri: il cerone bianco nel video, per quanto mi riguarda, doveva essere un rimando a Carmelo Bene, artista che amo profondamente: Purtroppo, però, i parallelismi, a giudicare dai commenti riportati, sono fatti su una nota saga vampiresca per ragazzine, molto in voga qualche tempo fa. Sconforto.

Domanda diretta e antipatica per Francesca (l'abbiamo posta anche a Elisa Montaldo del Tempio delle Clessidre): pensi che il fatto di essere una ragazza ti abbia penalizzata/avvantaggiata nelle tue esperienze musicali e possa in qualche modo influire sulla carriera della band?

FRANCESCA: Non credo che il fatto di essere una ragazza abbia potuto in qualche modo penalizzarmi o avvantaggiarmi a livello musicale, né penso che possa influire sulla carriera della band se non come fattore "novità" in quanto è effettivamente vero che ci sono poche ragazze che suonano prog. Certo, spesso si vedono in giro gruppi musicali totalmente al femminile che passano il loro tempo a sbandierare ai sette venti il fatto di essere ragazze e di avere un gruppo, ma credo che un comportamento come questo sia futile e dannoso: in questo modo passa l'idea che la qualità principale di una musicista donna sia appunto il suo essere donna, mettendo in secondo piano ogni aspetto attinente alla musica.

Che tipo di esperienza live avete finora? E come si prevede l'attività concertistica futura?

FRANCESCA: Il gruppo ha sempre sostenuto una quanto più possibile ricca attività live, finalizzata a proporre la nostra musica anche nei contesti apparentemente meno "prog". Paradossalmente, proprio in quei contesti abbiamo trovato i pubblici più "accoglienti" e curiosi. Oggi, secondo me, la grande sfida per i gruppi prog dovrebbe essere quella di uscire dai soliti giri dei templi specializzati e cominciare a proporre la propria musica anche in situazioni meno convenzionali. Altrimenti rimarrà sempre un genere autoreferenziale.

Si fa un gran parlare di cosa è il prog, di modernità e di "regressive", di "attitudine", ecc. Proprio tenendo conto che oltre che protagonisti siete anche appassionati, per voi cosa è il prog?

EMANUELE: "Progressive" è una definizione di fatto vuota, formale, adattabile di per sé. Il problema è che si è caricata nel tempo di molte valenze qualitative che ne hanno, forse, distorto, il significato principale, cioè quello di essere musica fortemente oppositiva verso certi cliché del rock classico. Il tempo ha velato di nostalgia vintage quell'attivissima voglia di rinnovare dialetticamente che ha contraddistinto il prog della golden age. Si parla di Neo-prog e New-prog non considerando affatto la natura ossimorica di queste espressioni: ovvio che così si cada nella regressione. Regressione che deve essere comunque distinta da quella sorta di mitologia dell'antichità che porta molti gruppi prog moderni (noi compresi), soprattutto composti da gente che quegli anni non li ha vissuti, a rielaborare i paradigmi musicali di quell'epoca. In questo processo è ovviamente essenziale rendersi conto anche della "forza" di questo genere: il prog non è moderato. Come ogni cosa difficile da conquistare (e da comprendere) lega a sé in modo speciale, praticamente vincolante, e questo senso di vincolo viene amplificato dalla già citata riverenza verso il passato che per forza di cose deve animare il musicista prog contemporaneo. In uno scenario che vede la musica contemporanea influenzata nei suoi gradi di importanza da fattori extramusicali (si pensi alle rivoluzioni sociali del punk e del blues, o le sottoculture jazz) il prog si manifesta come fenomeno esclusivamente artistico, strappato all'attualità. In questo senso ho sempre sostenuto che il prog è oggi come ieri un genere profondamente inattuale.

Anno 2013. Internet, social networks, disponibilità praticamente immediata di ricevere qualsiasi informazione... Se una decina di anni fa le fanzines dedicate al prog hanno dovuto chiudere i battenti o trasferirsi su internet, oggi ritieni ancora utile il lavoro dei numerosi siti che si dedicano al prog?

Ora come ora è essenziale il lavoro svolto dai siti di appassionati. Ben vengano i forum e ben vengano i siti monografici. Il brutto di certe situazioni informatiche (soprattutto anglofone) è il rischio di trattare di musica con elenchi, archivi, liste. Chi si avvicina oggi al prog e guarda cose di questo tipo è di per sé spinto a considerarlo qualcosa di "archiviato", di polveroso. La passione per la materia che sgorga da certi articoli soggettivi, o dagli anche brutali litigi sui forum, invece, esprimono perfettamente la vitalità del genere e la sua importanza nel panorama della musica contemporanea. Certo che l'appassionato di prog (soprattutto degli anni '70) debba adottare una sorta di approccio archeologico verso questo genere, ma la meraviglia sta appunto nello scoprire, sotto la sabbia del tempo, un organismo ancora vivo, pulsante e funzionante.

Chiudiamo con un altra domanda che non fa nessuno: progetti futuri? :-)

Stiamo lavorando al secondo disco, che nei nostri progetti potrebbe uscire nel 2014. Nel mentre continuiamo la nostra attività live, facendo promozione a La Crudeltà di Aprile.

Peppe
luglio 2013

 

Emanuele Tarasconi (compositore, tastiere, voce), classe 1990. Francesca Zanetta (chitarre), 1989. Francesco Orefice (basso, seconda voce), 1994. Federico Bedostri (batteria e percussioni), 1992. A volte forse è bene sottolineare la data di nascita, perché questo giovane quartetto, denominato Unreal City, dopo un EP autoprodotto, è entrato in contatto con Fabio Zuffanti, che ha fiutato il loro talento e ha pubblicato tramite la sua Mirror Records, il cd La crudeltà di aprile, che è ben più di un gioiello di valore nell’odierno panorama italiano di rock sinfonico. Abbiamo contattato la band per qualche domanda.

 

Inizio con una domanda che non vi ha fatto sicuramente nessuno: ci raccontate come è nata la band? :-)

 

EMANUELE: La band nasce nel 2008 da un’idea mia e di Francesca Zanetta. All’epoca suonavamo a Milano, in un gruppo prog chiamato The Syllogism. Per questioni logistiche (fondamentalmente perché ho allestito la sala prove privata dove suoniamo ora e ormai era diventato impossibile spostare tutte le settimane quintali di tastiere in treno) il gruppo si è trasferito a Parma e ha cambiato nome in Unreal City, che deriva dal nostro comune amore per l’opera del poeta inglese T.S.Eliot. Dopo vari cambi di line up sono entrati Francesco Orefice e Federico Bedostri.

 

 

Cosa spinge dei ragazzi poco più che ventenni (e qualcuno neanche ventenne) a cimentarsi nel progressive rock, che specie oggigiorno dà la quasi assoluta certezza di non avere riscontri commerciali?

 

FRANCESCA: Sicuramente i nostri percorsi formativi musicali e strumentali. Io ho fin da bambina apprezzato quelle sonorità, Emanuele ci si è avvicinato un po’ più tardi (intorno ai 14 anni) dopo una lunga gavetta nella musica classica. Viceversa, Francesco perviene al prog da una prospettiva un po’ differente, di matrice prevalentemente rock blues, mentre Federico è forse il musicista più “modern oriented” fra di noi.

 

Come siete entrati in contatto con Fabio Zuffanti e che ruolo ha giocato nello sviluppo dei lavori che ha portato al cd La crudeltà di aprile?

 

FRANCESCA: Emanuele ed io Contattammo Fabio nell’agosto dello scorso anno. Avevamo appena pubblicato l’ EP omonimo del gruppo e andavo in cerca di “pareri” circa gli aspetti migliorabili delle composizioni. Ovviamente conoscevo Fabio per i suoi lavori con Maschera di Cera, Finisterre e, soprattutto, Hostsonaten. Nell’EP erano peraltro presenti, in lingua inglese, tre brani presenti in italiano ne La Crudeltà di Aprile. Fabio ascoltò questo cd home made e si disse interessato ad approfondire il discorso. Ci invitò quindi a Genova intorno a ferragosto e lì, nell’Hilary Studio di Rox Villa, ci parlò del progetto Mirror Records per la prima volta.

 

Come è nato La crudeltà di aprile e quanto tempo ci avete messo a realizzarlo?

 

EMANUELE: Quando  cominciai a comporre le canzoni per il primo EP, davo (chissà per quale ragione) per scontato il fatto che le liriche dovessero essere in inglese. Fu un’idea di Fabio la trasposizione in italiano. La prima canzone del disco, Little Will (la versione inglese del brano Dell’Innocenza Perduta) la scrissi nel Novembre del 2010, ma la proposi a Francesca (Francesco e Federico non erano ancora entrati nel gruppo) solo più avanti, intorno ad Ottobre 2011. Decidemmo quindi di fare il grande salto e cominciare a proporre dal vivo, oltre alle solite cover di Emerson Lake & Palmer, Pink Floyd, King Crimson, Jethro Tull, anche la nuova canzone. Da lì le altre canzoni vennero di conseguenza. Arrivò l’incontro con Fabio e la proposta di trasporre i testi in Italiano. Questo mi ha dato la possibilità di evitare molte “ingenuità” linguistiche che inevitabilmente emergono quando si canta in un idioma non naturale e di poter inserire nei testi molti rimandi e citazioni tratte dalle opere che preferisco.

 

Cosa vi ha spinto a puntare su testi che trattano tematiche così particolari? Vi va di analizzare un po' quest'aspetto della vostra proposta?

 

EMANUELE: La cosa che si è cercato di dimostrare (in linea con un pensiero che condividiamo anche con Fabio, peraltro) è che il prog non si può limitare ad essere solo struttura musicale, laddove il testo rimane una sorta di contorno, una cosa da scrivere ed eseguire a denti stretti e il prima possibile. Molte volte sembra che non sia stato a pieno assimilata la lezione dei Van Der Graaf Generator in merito (o, per fare un esempio italiano, del Balletto Di Bronzo). Non è così scontato che il testo in un brano prog debba per forza essere ancella della musica, reggere lo strascico delle sezioni strumentali: così facendo si perde molto, perché si rinuncia ad un fattore comunicativo estremamente importante. Per quanto riguarda le tematiche, esse riflettono ovviamente gli interessi miei e degli altri componenti del gruppo, al di là dei divertissement citazionistici (di cui il disco è zeppo, spero non eccessivamente). Non è snobismo culturale: si punta ad una sorta di comprensione per intuizione che renda non necessarie le eventuali “chiavi di lettura”.

 

L'impressione che si ha ascoltando La crudeltà di aprile è che a livello di sonorità avete cercato di utilizzare sia timbri vintage che un sound più moderno. Da cosa deriva questa scelta e, per gli amanti del mondo degli strumenti, che tipo di attrezzature utilizzate?

 

EMANUELE: A livello di strumentazione, abbiamo preferito non utilizzare strumenti moderni. Siamo convinti che quel genere di strumenti non abbia per nulla esaurito il proprio potenziale comunicativo (d’altronde se un pianoforte non invecchia, perché dovrebbe farlo un mellotron?). Ovvio che dietro a questa scelta fondamentale c’è ovviamente la ricerca di determinate sonorità, chiamiamole “derivative” ma anche “inattuali”, volendo. Per quanto riguarda le tastiere, senza dubbio la sezione più vintage del disco, abbiamo deciso in comune accordo con Fabio di gettare a mare la sintesi digitale di quelle che in gergo vengono chiamate “macchine ibride” e affidarci quanto più possibili a strumenti acustici (Pianoforti, Clavicembalo), elettroacustici (Rhodes, Clavinet), elettrici (Mellotron, con precursori e derivati) e sintetizzatori sottrattivi classici (Minimoog). Francesca utilizza invece Fender stratocaster e Les Paul  amplificate da una testata Hiwatt Hiwatt Custom 100 (DR103) degli anni 70 e una chitarra acustica Ovation. Per quanto riguarda il fattore modernità, credo che il vero “motore” di questa caratterizzazione siano le linee di batteria di Federico Bedostri. I pezzi che compongo risentono in modo quasi eccessivo degli schemi canonici degli anni ’70 (anche perché, fondamentalmente, in ambito rock è la musica che ascolto di più) e Federico, con i suoi arrangiamenti delle parti di batteria, riesce perfettamente a stemperare quest’aura vintage che ricopre un po’ tutto, dal modo di suonare/cantare, agli strumenti utilizzati.

 

Mi sembra di capire che oltre a suonare progressive rock, siete anche appassionati di questa musica. Avete degli "idoli" e delle fonti di ispirazione? E, vista anche la giovane età e la collaborazione con Zuffanti, vi hanno influenzato anche artisti un po' più vicini agli anni nostri?

 

EMANUELE: Venendo dal pianoforte classico al rock, purtroppo non ho molti punti di riferimento “contemporanei”. I miei riferimenti per quanto riguarda la musica rock sono Keith Emerson, Rick Wright, Rick Wakeman, Dave Sinclair e fra gli italiani Premoli, Nocenzi, Pagliuca e Corradi.

 

FRANCESCA: Concordo con Emanuele: nemmeno io sono una grande fruitrice di musica contemporanea (salvo, ahimè, artisti “fortemente derivativi”, come dicono i critici prog). Così  se il mio chitarrista preferito in assoluto è David Gilmour, altri miei punti di riferimento costanti sono Andy Latimer e Robert Fripp, fra gli italiani sicuramente Franco Mussida della PFM.

 

 

Ci sono giovani leve del prog che vi hanno colpito maggiormente?

 

FEDERICO: La scena Prog moderna a mio avviso è estremamente ricca ed innovativa. Paradossalmente, questa innovazione a volte non viene accolta positivamente da alcuni fan del genere, rimasti arroccati fra i mostri sacri del passato. Fra i gruppi "nuovi", consiglio, fra le tante proposte interessanti, gli ormai affermatissimi Dream Theater (soprattutto gli album degli anni '90) fondatori del canone progressive metal, e gli svedesi Opeth, Pain of Salvation ed Änglagård. Un consiglio particolare verso i Tool (anche se non penso sia corretto definirli progressive, ma non saprei come identificarli) e infine, rimanendo su sonorità più classiche, Big Elf, Transatlantic e i progetti solisti di Neal Morse.

 

Com'è il vostro processo di composizione?

 

EMANUELE: la struttura musicale (armonia e melodia) solitamente nasce sul mio pianoforte (solamente qualche sezione interna di Horror Vacui, se non erro, l’ho composta a chitarra), mentre gli arrangiamenti dei vari strumenti vengono discussi assieme durante le prove. Il testo nasce il più delle volte dopo: solitamente le prime prove di un brano vedono un cantato in “babbling” su cui poi si innesterà il testo definitivo. Un’attenzione particolare la mettiamo nel scegliere soluzioni che ci diano modo di poter riproporre dal vivo la canzone nella sua interezza, senza l’ausilio di sequenze o basi preregistrate (che non amiamo e che peraltro nemmeno sapremmo gestire su un palco). Per quanto riguarda i testi cerco di condensare quanto più possibile in un dato argomento fonti differenti, sprazzi anche istantanei di teorie differenti e immagini che mi hanno colpito. Da qui forse deriva il citazionismo di cui parlavamo prima. Prendendo per esempio il brano Catabasi, ho cercato di mescolare assieme, fra gli altri, elementi del Faustus di Marlowe, il Faust-Urfaust di Goethe, il Mefistofele di Arrigo Boito, Le montagne della follia di Lovecrat e il Gog-Magog di Peter Hammill, soprattutto per la caratterizzazione del mefistofelico personaggio all’inizio. Tuttavia mi sono divertito anche ad inserire alcune citazioni dall’Iliade (ma riletta da Goethe) e da Nietzsche.

 

Il disco è uscito da un paio di mesi, com'è stata l'accoglienza finora?

 

FRANCESCA: Per ora il disco sembra andare bene, e così anche all’estero. Nelle numerosissime recensioni abbiamo ricevuto molti commenti positivi anche da Giappone, Corea, Messico, Brasile, Canada. Il video della canzone Dove La Luce è Più Intensa ha raggiunto più di 4000 visualizzazioni nel giro di un mese e mezzo dall’uscita del disco, un risultato che sinceramente non ci aspettavamo. Per questo dobbiamo sicuramente ringraziare l’ottimo lavoro che sta svolgendo e ha svolto il nostro ufficio stampa, MAT2020 e Athos Enrile.

 

Per promuovere l'album avete anche girato un video per il brano Dove la luce è più intensa. Come è nata l'idea e come sono andate le registrazioni?

 

FRANCESCA: L’idea di fare un video è nata da Fabio, che ha visto nel brano Dove La Luce E’ Più Intensa una potenziale interpretazione “visiva”. Ci siamo affidati ai ragazzi di Sibecomunicazione a Genova, e abbiamo registrato il video nel paese di Fontanigorda, vicino Torriglia, in due location differenti. Da una parte un salotto dalle tinte gotiche e decadenti, dall’altro il meraviglioso “bosco delle fate” di Fontanigorda. E’ stata sicuramente un’esperienza bellissima per noi (non avevamo mai registrato un videoclip professionale), e il fatto che il video sia stato visto da molte persone è una grande soddisfazione.   

 

Dal video sembra che curiate attentamente anche l'immagine, quasi a ricercare anche una certa riconoscibilità visiva... Come avete scelto questo look particolare (oserei dire vampiresco, sbaglio?)? Pensate che vi possa in qualche modo aiutare?

 

EMANUELE: Il look del video, trucchi compresi deriva essenzialmente dal modo di vestirci che abbiamo sempre utilizzato live sul palco. Io credo che da questo punto di vista, se da una parte i look dei musicisti possono sembrare “frammentari”, dall’altra posso assicurare che rispecchiano fedelmente in modo quasi parafrastico le loro personalità soggettive. A proposito di vampiri: Il cerone bianco nel video, per quanto mi riguarda, doveva essere un rimando a Carmelo Bene, artista che amo profondamente: Purtroppo, però, i parallelismi, a giudicare dai commenti riportati, sono fatti su una nota saga vampiresca per ragazzine, molto in voga qualche tempo fa. Sconforto.

 

Domanda diretta e antipatica per Francesca (l'abbiamo posta anche a Elisa Montaldo del Tempio delle Clessidre): pensi che il fatto di essere una ragazza ti abbia penalizzata/avvantaggiata nelle tue esperienze musicali e possa in qualche modo influire sulla carriera della band?

 

FRANCESCA: Non credo che il fatto di essere una ragazza abbia potuto in qualche modo penalizzarmi o avvantaggiarmi a livello musicale, né penso che possa influire sulla carriera della band se non come fattore “novità” in quanto è effettivamente vero che ci sono poche ragazze che suonano prog. Certo, spesso si vedono in giro gruppi musicali totalmente al femminile che passano il loro tempo a sbandierare ai sette venti il fatto di essere ragazze e di avere un gruppo, ma credo che un comportamento come questo sia futile e dannoso: in questo modo passa l’idea che la qualità principale di una musicista donna sia appunto il suo essere donna, mettendo in secondo piano ogni aspetto attinente alla musica.

 

Che tipo di esperienza live avete finora? E come si prevede l'attività concertistica futura?

 

FRANCESCA: Il gruppo ha sempre sostenuto una quanto più possibile ricca attività live, finalizzata a proporre la nostra musica anche nei contesti apparentemente meno “prog”. Paradossalmente, proprio in quei contesti abbiamo trovato i pubblici più “accoglienti” e curiosi. Oggi, secondo me, la grande sfida per i gruppi prog dovrebbe essere quella di uscire dai soliti giri dei templi specializzati e cominciare a proporre la propria musica anche in situazioni meno convenzionali. Altrimenti rimarrà sempre un genere autoreferenziale.

 

Si fa un gran parlare di cosa è il prog, di modernità e di "regressive", di "attitudine", ecc. Proprio tenendo conto che oltre che protagonisti siete anche appassionati, per voi cosa è il prog?

 

EMANUELE: “Progressive” è una definizione di fatto vuota, formale, adattabile di per sé. Il problema è che si è caricata nel tempo di molte valenze qualitative che ne hanno, forse, distorto, il significato principale, cioè quello di essere musica fortemente oppositiva verso certi cliché del rock classico. Il tempo ha velato di nostalgia vintage quell’attivissima voglia di rinnovare dialetticamente che ha contraddistinto il prog della golden age. Si parla di Neo-prog e New-prog non considerando affatto la natura ossimorica di queste espressioni: ovvio che così si cada nella regressione. Regressione che deve essere comunque distinta da quella sorta di mitologia dell’antichità che porta molti gruppi prog moderni (noi compresi), soprattutto composti da gente che quegli anni non li ha vissuti, a rielaborare i paradigmi musicali di quell’epoca. In questo processo è ovviamente essenziale rendersi conto anche della “forza” di questo genere: il prog non è moderato. Come ogni cosa difficile da conquistare (e da comprendere) lega a sé in modo speciale, praticamente  vincolante, e questo senso di vincolo viene amplificato dalla già citata riverenza verso il passato che per forza di cose deve animare il musicista prog contemporaneo. In uno scenario che vede la musica contemporanea influenzata nei suoi gradi di importanza da fattori extramusicali (si pensi alle rivoluzioni sociali del punk e del blues, o le sottoculture jazz) il prog si manifesta come fenomeno esclusivamente artistico, strappato all’attualità. In questo senso ho sempre sostenuto che il prog è oggi come ieri un genere profondamente inattuale.

 

 

Anno 2013. Internet, social networks, disponibilità praticamente immediata di ricevere qualsiasi informazione... Se una decina di anni fa le fanzines dedicate al prog hanno dovuto chiudere i battenti o trasferirsi su internet, oggi ritieni ancora utile il lavoro dei numerosi siti che si dedicano al prog?

 

Ora come ora è essenziale il lavoro svolto dai siti di appassionati. Ben vengano i forum e ben vengano i siti monografici. Il brutto di certe situazioni informatiche (soprattutto anglofone) è il rischio di trattare di musica con elenchi, archivi, liste. Chi si avvicina oggi al prog e guarda cose di questo tipo è di per sé spinto a considerarlo qualcosa di “archiviato”, di polveroso. La passione per la materia che sgorga da certi articoli soggettivi, o dagli anche brutali litigi sui forum, invece, esprimono perfettamente la vitalità del genere e la sua importanza nel panorama della musica contemporanea. Certo che l’appassionato di prog (soprattutto degli anni ‘70) debba adottare una sorta di approccio archeologico verso questo genere, ma la meraviglia sta appunto nello scoprire, sotto la sabbia del tempo, un organismo ancora vivo, pulsante e funzionante.  

 

 

Chiudiamo con un altra domanda che non fa nessuno: progetti futuri? :-)

Stiamo lavorando al secondo disco, che nei nostri progetti potrebbe uscire nel 2014. Nel mentre continuiamo la nostra attività live, facendo promozione a La Crudeltà di Aprile.

 

Peppe

Luglio 2013

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Ultimo aggiornamento (Martedì 23 Luglio 2013 15:44)