Concerto conclusivo dell'Afrakà Festival 2012 di estremo interesse e direi per palati fini. Gli Stick Men sono un bocconcino prelibato: Tony Levin allo stick, bassista da sempre di Peter Gabriel, ma anche presente in diverse formazioni del Re Cremisi; Pat Mastellotto, batterista dei King Crimson, ma dalle poliedriche collaborazioni con tantissimi nomi di caratura (ha suonato ad esempio con Bjork e XTC giusto per citarne un paio); Markus Reuter allo string touch guitar, strumento di sua invenzione, ma con la stessa filosofia dello stick, musicista che si innesta perfettamente nel “meccanismo” del trio. Insomma, musicisti di spessore con tantissima esperienza e che non fanno mistero delle radici su cui si basa la loro musica: il progressive rock (e vivaddio, a volte pare che gli stessi protagonisti di questo filone musicale rinneghino le cose fatte nel passato (vedi le interviste a Phil Collins o a Tony Banks).

Ad aprire il concerto per gli Stick Men, un altro trio, romano, gli Euristicks, ha intrattenuto piacevolmente l'auditorio con i loro tre stick. Quattro pezzi molto piacevoli che hanno fatto ben capire le potenzialità di uno strumento tanto affascinante qual è il Chapman Stick: peccato per l'uso della batteria elettronica (pilotata, o meglio suonata, tramite uno stick), la musica suonata meritava un accompagnamento "umano". Spero di poterli rivedere presto per godermi una set-list completa.
Ma veniamo al piatto forte.
Ero andato al concerto con la paura di perdermi in uno spettacolo ricco di tecnicismo e con poca emozione  ma, sebbene la proposta del trio non sia di quelle più immediate, la musica e il cuore l'ha fatta da padrone.
Un istrionico Levin ha condotto per mano il pubblico nei meandri della proposta del suo trio con bravura e tanta simpatia.
Alternando sapientemente pezzi nuovi, con cose più conosciute (sia del trio che dei King Crimson) l'ora e quarantacinque minuti di musica è scivolata via come un bel bicchiere di birra fresca e frizzante.
Un Mastellotto (che non avevo mai visto dal vivo) assoluto animale pestante: può non piacere per questo, ma di certo ha uno stile personalissimo ed è estremamente funzionale alla musica degli Stick Men.
Il concerto inizia con quella Concussion che sembra proprio un manifesto d'intenti e fa capire cosa si ascolterà da lì a poco. Ritmi dispari, pause, aggressività ma tutto con tanta classe. Non si pensi però che il concerto sia stato aspro e ruvido: momenti rarefatti e ipnotici non sono mancati, soprattutto quando
la sperimentazione e l'improvvisazione l'hanno fatta da padrone.
Parlo di pezzi ome Open pt.3, tratto da Open, che dal vivo è stato veramente suggestivo.
Nude Ascending Staircase e Crack in the sky cantata in italiano (Uno spiraglio nel cielo) sono altri bei momenti in cui Levin sembra un tutt'uno con Reuter in ottima forma.
Cusp diventa cattivissima e ci potrebbe stare bene in un concerto del Re Cremisi.
E a proposito del Re, viene ricordato e onorato con Vrooom Vrooom prima e con Red a fine concerto (al secondo bis).
Breathless di papà Fripp viene eseguita in una versione veramente coinvolgente.
Stupendo, poi, l'arrangiamento del quarto movimento dell'Uccello di fuoco di Stravinsky.

Ma se il gruppo non ha deluso le aspettative (anzi, come dicevo ha positivamente sorpreso), quello che mi ha ulteriormente soddisfatto è stato il pubblico attento ma anche calorosamente coinvolto: tanti ragazzi e non che insieme hanno dato il loro buon supporto ai tre musicisti mentre la musica sovrana scivolava via su tutti.

Si conclude così più che degnamente direi la diciottesima edizione dell'Afrakà rock festival che contro un po' tutto e tutti Lino Vairetti continua (e gliene siamo grati) a curare e proporre ora, nella città di Napoli.

Montag
gennaio 2013