alt Brani:
1-Aspic temple; 2-The flying norseman; 3-Dive; 4-In to my eye; 5-Moerket; 6-Fall til marken; 7-TV; 8-Strange frame of mind, 9- Have you ever seen the rain, pt. 2; 10-Arabide; 11-Hocus pocus.
Formazione:
Eskil Nyhus: drums, percussion; Jonstein Smeby: guitars, vocals; Erik Paulsen: bass, vocals; Stig Arve Jorgensen: organ, keyboards, vocals
Produced by Arabs in aspic, Kjartan Hesthagen.

2010, ristampa 2011, Black Widow - Durata totale: 44:09

La label nostrana Black Widow ci permette di conoscere gli Arabs in Aspic, interessantissimo gruppo proveniente dalla Norvegia che con Strange frame of mind ci offre una proposta di grande fascino che sembra provenire direttamente dagli anni '70.
Aspic temple apre il cd con meno di un minuto di scorci floydiani dipinti da una chitarra spacey e da tastiere d'atmosfera, ma è solo il preludio per un lavoro che già con la seguente The flying norseman diventa più agguerrito, fatto di suoni ruvidi, pronti ad innescare una psichedelia acida e onirica allo stesso tempo. E' un tuffo indietro nel passato, con la band norvegese prontissima a lanciarsi in un sound agguerrito e trascinante che prende spunto dalle basi gettate nei seventies da Hawkwind, Atomic Rooster, Pink Floyd e Black Sabbath, miscelando al meglio le influenze. La sezione ritmica crea una base sonora molto solida, dove chitarre taglienti e tastiere "sporche" (organo Hammond in primis) possono destreggiarsi a meraviglia, creando una musica fortemente sanguigna. Nella track-list (che talvolta scorre senza soluzione di continuità, quasi a formare delle minisuite) si alternano brani brevi spesso orientati verso uno space-rock liquido e coinvolgente e altri più prolungati in cui viene a galla tutta l'energia che sono capaci di sprigionare gli Arabs in aspic, sia con melodie vocali dal giusto tiro che con voli strumentali imponenti. Il disco scorre con naturalezza ed è un piacere ascoltarlo. Volendo segnalare qualche picco, come non citare il riff granitico di Moerket, la cavalcata Fall til marken (dalle dinamiche imprevedibili, piena di cambi di tempo, di atmosfera, di stravaganti melodie e persino con aperture al romanticismo cameliano), il Sabbath meets Floyd di TV e i risvolti hard-blues di Arabide? Piccolo divertissement con il finale affidato alla cover della celeberrima Hocus Pocus, inno sempreverde degli olandesi Focus.
Gli Arabs in Aspic realizzano quindi un disco efficacissimo, ruvido al punto giusto, con un sound caldo e ancorato al passato, ma che suscita immediatamente sensazioni positive, similmente a quanto fatto in anni recenti da colleghi scandinavi del calibro di Black Bonzo e Siena Root.

Peppe
novembre 2012

Ultimo aggiornamento (Martedì 15 Gennaio 2013 21:40)