Brani:
1-La Sgargianza Pt. 1; 2-I Problemi di Ferdinando P.; 3-La Sgargianza Pt. 2; 4-Moderno Ballabile; 5-La Sgargianza Pt. 3 e 4; 6-Strativari; 7-Mettiamo il Caso Che (Parte 2); 8-Uccellin del Bosco.
Formazione:
Andrea Beccari: basso, flauto, percussioni, voce; Aldo De Scalzi: tastiere, sax, chitarra, voce; Paolo Griguolo:  chitarra ,flauto; Aldo Di Marco: batteria, vibrafono, organo; Roberto Bologna: tecnico del suono; Roberto Romani: sax, flauto, clarinetto.
1980, L'Orchestra - durata totale: 45:05

I Picchio dal Pozzo sono riconosciuti come una delle pochissime manifestazioni di jazz rock canteburyiano del Bel Paese. Nonostante la loro breve vita (1976-1980, prima della reunion del 2005) sono stati uno dei gruppi più influenti e importanti nella scena della musica underground italiana. Il gruppo genovese è fondato da Aldo De Scalzi, fratello del più famoso Vittorio De Scalzi dei New Trolls, dal chitarrista Paolo Griguolo e dal bassista Andrea Beccari nel 1976. Pubblicano il loro primo album, Picchio dal Pozzo, proprio in quell’anno, e si fanno notare per il loro suono e per il surrealismo dei testi, facilmente accostabile al sound tipico di gruppi come i Soft Machine di Robert Wyatt e i Gong di Daevid Allen. Questo secondo disco Abbiamo Tutti i Suoi Problemi è un lavoro che forse non brilla per originalità come i già famosi “compagni di etichetta” Stormy Six (il disco è prodotto dalla Fondazione L’Orchestra, progetto nato da componenti degli stessi Stormy Six, di Henry Cow e di altri artisti della scena alternativa militante della seconda metà degli anni settanta in Italia), ma si realizza in un collage di sonorità alternative proprie della musica jazz rock d’avanguardia del periodo, dall’avant-jazz al rock in opposition (scena in cui questo album si inquadra decisamente di più rispetto al disco d’esordio). La Sgargianza è un brano di intramezzo che si divide in tre sequenze brevi ad intervallare l’album, è una bislacca ballata jazz folkloristica connotata da liriche nonsense che cercano di definire un concetto che presumibilmente si può interpretare come stato di follia, seguito da paranoia e euforia insensata. In mezzo a queste brevi e deliranti passeggiate si sviluppano tre  meravigliosi brani che spaziano tra il jazz d’avanguardia dei primissimi Henry Cow ne I Problemi di Ferdinando P. (che non maschera palesi influenze direttamente da Leg End), e il Frank Zappa del periodo d’oro (quello tra il 1969 e il 1972 che comincia con Uncle Meat e si chiude con The Grand Wazoo) in Moderno Ballabile e Strativari. Poi arriva il capolavoro del disco, Mettiamo il Caso Che (Parte 2), suite di 16 minuti che comincia con sonorità bucoliche quasi à la Gentle Giant per poi svilupparsi in una briosa e trasognante cavalcata degna delle migliori performance dei National Health (credo richiami alla mente moltissimo le stupende Tenemos Roads e The Byrden 2 Steps). In chiusura la rockeggiante Uccellin dal Bosco in cui si esprime appieno il surrealismo quasi dadaistico o addirittura infantile nel testo, davvero nonsense ma di una musicalità incredibilmente impressionante. Nella fine degli anni settanta, quando tutto il Vecchio Continente era invaso dalla nuova ondata del punk e della new wave che di lì a poco avrebbe sconvolto il mondo della musica, questo gruppo assieme ad altri rari esempi di coraggiosi musicisti che tentarono di autoprodursi in un mercato che ormai non dava più possibilità al genere progressivo di continuare a sopravvivere quale musica mainstream, ha permesso che un’eredità tanto preziosa per la musica europea quale il prog e le espressioni più “colte” del rock non venissero disperse.

Roberto Veneziani
febbraio 2011

Ultimo aggiornamento (Giovedì 10 Marzo 2011 21:04)