IL PROG FINLANDESE DEL 2000 

 

Ogni terra ha i suoi miti, anche in ambito musicale. La leggenda vuole che le radici del prog finlandese si vedano, come ogni paese che si rispetti nella storia del rock, negli anni ’60 con i Blues Section. Da questa band germoglieranno due delle principali attrattive della scena finlandese: i Wigwam e i Tasavallan Presidentti. E negli anni ’70 ne troviamo tanti di artisti meritevoli di entrare nell’epopea progressive grazie a lavori originali e bellissimi. A partire dai favolosi Haikara e proseguendo con i vari Nimbus, Nova, Fantasia, Finnforest, Elonkorju, Tabula Rasa, Kalevala e senza dimenticare le carriere soliste di Pekka Pohjola, Jukka Tolonen, Jukka Gustavson, Jim Pembroke, ecc…

Poi la solita storia… Le difficoltà della fine del decennio, lo scarso interesse verso un tipo di musica così lontano dalla commercialità, il decennio “nero” per il prog negli anni ’80 (periodo a cui però risale la piccola gemma degli Scapa Flow)... Poi un po’ di luce negli anni ’90. Eppure, se in questo periodo altrove c’erano delle scene che vedevano nascere gruppi, album, case discografiche, fanzine in continuazione e spesso con qualità elevata, nella terra del Kalevala le cose stentano un po’. A parte qualche episodio un po’ isolato (Hoyry-Kone, XL, Moon Fog Prophet, Ageness, il ritorno degli Haikara, i più psichedelici Circle), in Finlandia la carne al fuoco non è tantissima.

Col nuovo millennio qualcosa inizia a cambiare. I positivissimi esordi di Alamaailman Vasarat, Uzva e Groovector nel 2000 sono segnali importanti. E nel 2001, annata che ha dato tanti bei regali agli amanti del prog (è l’anno di grandi album quali Mind vol. 2, The gates of Omega, Bucsuzas, Vendredi 13, Cielo e terra, Mekano, Springsongs, Metanoia, Diffraction, Elementi, Supersisterious, Culinarie lingus e degli esordi di ottimi gruppi come Artsruni, Avant Garden, Glass, Kvazar, Magenta), possiamo riconoscere una data che segna il rifiorire e il ritornare su livelli di eccellenza della Finlandia progressive.

In quest’anno due eventi sembrano particolarmente emblematici. Il primo è dato dall’uscita di alcuni nuovi interessanti album di artisti che hanno fatto la storia. L’altro riguarda la pubblicazione addirittura di un disco tributo al prog proveniente dalla Finlandia. Da quel momento ad oggi si sono moltiplicate le uscite in cd di gruppi finlandesi che stanno riportando questa nazione ai vertici del prog mondiale.

Non bisogna poi dimenticare come la fanzine Colossus e la casa discografica Mellow Records stiano dando un contributo significativo a questo rinnovato sviluppo. La rivista, oltre alla sua classica attività di informazione, ha organizzato costantemente concerti, eventi e progetti che suscitano un crescente interesse da parte degli appassionati. Da non dimenticare, in particolare, le varie proposte discografiche che traggono spunto da poemi epici, libri e pellicole cinematografiche (finora Kalevala, Spaghetti Epic 1 e 2, The Colossus of Rhodes, The Odyssey, 7 Samurai e Treasure Island), delle quali trovate ampie disamine nella sezione Recensioni dischi. L’etichetta italiana, dal canto suo, ha scovato anno dopo anno nuovi talenti finnici, pubblicandone i validissimi cd.

 

Tuonen tytar – A tribute to Finnish Progressive

Ed è proprio dal connubio di queste due forze che nasce e viene realizzato Tuonen Tytar, questo doppio cd tributo alla scena finlandese degli anni ’70. Un bel po’ di artisti di quell’epoca sono omaggiati attraverso nuove versioni di composizioni che qualsiasi cultore del prog dovrebbe conoscere. Spiccano, su tutti, i “nuovi” Haikara che, sempre guidati da Vesa Lattunen, rielaborano Yksi Maa - Yksi Kansa, uno dei migliori episodi del loro primo, omonimo, album. A loro la palma dei migliori e l’onore di essere tributati anche dai Circle con un’onirica e allucinata versione di Kun menet tarpeeksi kauas tulevaisuuteen, huomaat olevasi menneisyydessä, che risulta bella e convincente.

A partecipare al lavoro sono soprattutto artisti emergenti e/o sconosciuti ai più ed è un piacere ascoltare le prestazioni di Scarlet Thread, Pleromah, Overhead, o anche dei lituani Holy Lamb, giusto per citare alcuni dei gruppi presenti che si sono fatti valere. Nomi che possono dire poco (anche se per alcuni di essi Tuonen tytar è stato una sorta di trampolino di lancio verso un cammino affascinante, vedi proprio gli Scarlet Thread e gli Overhead), ma che in questa occasione hanno brillato magnificamente.

Inevitabilmente, gli artisti più coverizzati sono anche i più noti: Wigwam, Haikara, Pohjola, Tasavallan Presidentti. E, ovviamente, nel susseguirsi di brani, troviamo sia versioni riprodotte in maniera fedele all’originale, sia stravolgimenti alla ricerca di una nuova veste che risulti comunque credibile.

La qualità audio varia di volta in volta e si deve anche denotare qualche brano registrato non proprio benissimo. In generale, comunque, gli standard artistici restano particolarmente alti, al punto che individuerei Tuonen tytar come uno dei migliori tributi che siano mai stati realizzati in ambito progressive: può essere un piacere ascoltare questi brani per chi già li conosceva e può essere un primo interessantissimo passo di approfondimento per chi è ancora un po’ all’oscuro della scena prog finnica.

 

Gli Haikara

E sono gli Haikara che nello stesso anno di Tuonen tytar sfornano un disco favoloso, Tuhkamaa. Dopo l’ottimo ritorno sulle scene di qualche anno prima con IV: Domino, stavolta viene realizzato un album perfetto, impeccabile sotto ogni punto di vista. Un vero e proprio saggio di bravura che ha pochi eguali. In trentasette minuti e mezzo Lattunen e soci sfoggiano una prova maiuscola. La breve introduzione fa da preambolo ad una serie di brani che indicano un lavoro un po’ diverso dal passato, visto che si privilegiano composizioni di breve durata, rispetto a quelle su lunga distanza che maggiormente si ritrovano negli anni addietro. Ma questa forma più concisa non vuol dire affatto una semplificazione della proposta, anzi… Ci sono tutte quelle qualità che rendono gli Haikara una delle meraviglie del prog non solo finnico. Una fortissima personalità di base, intrecci strumentali continui, connubio di diversi stili musicali, miscele semiacustiche bilanciate alla perfezione, alternanza di parti maestose e rilassate, timbriche sempre mutevoli grazie all’apporto di numerosi strumenti (chitarre, tastiere, sax, violoncello, sitar), melodie vocali (cantato in madrelingua) intriganti e mai sopra le righe.

Ecco cosa troviamo in Tuhkamaa: l’originale folklore di Kosovo, il vigore di Valtakunta che unisce rock e musica classica, la leggerezza di Harlekini, l’elegiaca Klovni, intrisa di malinconiche melodie, il rock sinfonico imprevedibile di Hymni, aperto dai toni ecclesiastici e dallo stile quasi vandergraafiano, con sax e chitarra elettrica in bella evidenza, scandito da ritmi irrequieti e utilizzo del sitar verso la conclusione, l’arioso finale di Oodi. E poi c’è quella title-track incredibile, l’unico episodio di questo disco in cui si va oltre i sei minuti e mezzo (sfiora i nove), con un tema di base affascinante ed un crescendo strumentale in cui i musicisti danno il meglio di sé. Un cd meraviglioso, che non dovrebbe mancare in una discografia prog che si rispetti.

Dopo quest’opera ritroviamo gli Haikara impegnati in due dei progetti della Colossus e sono così presenti nel Kalevala (dedicato al libro che narra la mitologia finlandese) e nello Spaghetti Epic (dedicato al film C’era una volta il West). Ancora una volta mostrano una forma eccezionale. In particolare con la suite The West, composizione particolarmente epica che può essere tranquillamente messa alla pari con le migliori pagine musicali che la band ha realizzato nei seventies. Chissà, avrebbero potuto fare altri grandi cose in futuro, ma l’improvvisa dipartita di Vesa Lattunen nel 2005 ci ha privato di un musicista eccezionale e del suo genio musicale che tanto ha dato al mondo del prog.

 

Gli altri nomi storici

Gli Haikara sono stati, tra i gruppi classici del prog finlandese, quello che ha dato risultati migliori negli ultimi anni. Ma non sono stati i soli a riproporsi con successo nel panorama odierno.

Il nome per eccellenza della scena finnica è quello dei Wigwam, band che tuttoggi sforna lavori dignitosissimi, anche se un po’ lontani da quel magico progressive che li rese famosi negli anni ’70. Il loro rock è comunque credibile negli album Titans wheels (2002), Some several moons (2005) e nel bel live Wigwam plays Wigwam (2001). Tra i membri del nucleo storico della band, segnaliamo che mentre Jukka Gustavson continua una prolifica carriera solista e Jukka Tolonen si dedica ad un album omaggio a John Coltrane, il solito grande Pekka Pohjola si fa notare con l’ottimo Views (2001), album a cavallo tra jazz-rock e classica contemporanea, vagamente sullo stile ECM (se si eccettua un unico brano cantato e curiosamente indirizzato verso un gradevole pop-rock dalla verve zappiana). E mentre i Piirpauke proseguono un’attività praticamente ininterrotta, è da segnalare anche la reunion dei Tasavallan Presidentti, dapprima con un buon disco dal vivo intitolato Live – Still struggling for freedom (2001) e poi con il lavoro in studio Six (2006).

 

I Groovector

Intanto nuove leve stanno attirando l’attenzione dei progfans e degli addetti ai lavori.

La Mellow Records già nel 2000 ha inaugurato la serie di felici pubblicazioni che vedono come luogo d'origine la Finlandia. La prima scoperta della casa discografica di Mauro Moroni risponde al nome di Groovector, gruppo che con Ultramarine esordisce in quell’anno nel migliore dei modi. L’album in questione è pregno di progressive di estrazione romantico/sinfonica, eppure non siamo di fronte a qualcosa di già sentito, visto che emerge una spiccata personalità. Interamente strumentale, il cd è uno splendido susseguirsi di note che rievocano i fasti dei vari Camel, Bo Hansson, Epidaurus, con tante tastiere analogiche e flauto in abbondanza. Gli amanti dei seducenti suoni di mellotron, Hammond, Rhodes trovano il sound che fa per loro grazie a composizioni che sono delizie sonore di rara bellezza, quali Krawagna, Walzwerk, Selangor, Berceuse e la suite Elegie, in un lavoro tra i migliori del genere degli ultimi anni. Con l’abbandono del flautista ed il nuovo album Enigmatic elements, datato 2003, si ha un cambiamento netto di direzione: brani più brevi, più diretti, presenza del cantato, sound tecnologico, una leggera vena floydiana, spinte jazz-rock. Altro grandissimo disco! Solo apparentemente di più facile ascolto e più accattivante, la musica dei Groovector è adesso una commistione di generi diversi e presenta tanti di quegli spunti interessanti e intelligenti, con trame elettroacustiche e momenti solistici pieni di magia, che in realtà richiede diversi ascolti per essere capita appieno. Gli intrecci dei vari strumenti, l’equilibrio raggiunto alternando pezzi rilassati ed altri dalle ritmiche più spedite, le melodie armoniose e, soprattutto, una produzione eccellente, sono i punti di forza del nuovo album. La band si mostra abile anche in concerto: tra il 2001 e il 2002 viene registrato Darklubing at Tavastia, gran disco dal vivo, che vede la luce grazie ad una nuova collaborazione tra Mellow e Colossus nel 2005. I musicisti si mostrano bravi a riproporre sul palco le loro composizioni e presentano anche inediti ed improvvisazioni che evidenziano tutte le potenzialità di questo gruppo che può essere inquadrato tra i punti di riferimento della scena prog mondiale del decennio.

 

Gli Uzva

L’altra punta di diamante del prog finlandese del 2000 risponde al nome di Uzva, band nata dalle ceneri dei bravissimi Hoyry-Kone e che ha all’attivo tre album: Tammikuinen Tammela (2000), Nittoaika (2002) e Uoma (2006). Questa fantastica formazione si caratterizza per l’ampio uso di strumenti acustici quali violino, clarinetto, fisarmonica, violoncello e fiati vari ed etnici i cui suoni vanno ad affiancare quelli più tipicamente rock. Il risultato musicale è una magica combinazione di elementi di musica classica, di folklore nordico pastorale e di progressive raffinato, con incursioni nel jazz e nella scuola canterburiana. Interamente strumentale, la proposta degli Uzva presenta dinamiche fantasiose, trasmette una sorta di “malinconica serenità” e si caratterizza per una capacità di comunicazione che, nonostante il linguaggio musicale particolare adottato, riesce ad essere carica di feeling. Gruppo assolutamente straordinario!

 

I Moon Fog Prophet

I Moon Fog Prophet si affacciano nel panorama musicale verso la fine degli anni ’90, portando avanti un bellissimo discorso che unisce prog vandergraafiano, psichedelia ricercata e folklore nordico. Dopo tre validi album caratterizzati da una psych stravagante e personale, vagamente imparentata col progressive (e tra i quali spicca l’ottimo When they opened their parachutes… silence, datato 1999), è con Taunting tin bells through the mammal void (datato 2002 e pubblicato dalla Mellow) che giungono alla consacrazione. Il gruppo crea un rock sinfonico particolarissimo, lunatico, dai toni un po’ oscuri, che a tratti riporta alla mente i Van der Graaf Generator, per le parti vocali e per l’atmosfera che si respira; in altri momenti, invece, viene fuori una personalità fortissima, grazie alla quale sono create perle musicali di grande qualità. Un album che sembra una lunga fiaba oscura, ma che non spaventa, anzi affascina per le soluzioni sonore trovate da questi bravissimi e sorprendenti musicisti. Un album capace di tenerci sulle spine con ritmi marziali e lunghe parti strumentali tese ed oniriche, prima di esplodere in un sound classicheggiante e maestoso. Un lavoro davvero ottimo che li proietta tra le migliori realtà del momento.

Parallelamente, la band, che sembra avere idee e energie inesauribili, porta avanti progetti teatrali ed un’altra proposta con il nome Kuusumun Profetta, sigla attraverso la quale realizzano svariati e validissimi cd pregni di un incantevole folk-prog bucolico e principalmente acustico.

 

Gli Scarlet Thread

Parlavamo di folk-prog? Ecco una band che merita la migliori attenzioni. Gli Scarlet Thread, dopo un piacevole esordio sul Kalevala, realizzano due album di notevole caratura: Psykedeelisiä joutsenlauluja  (2003) e Valheista kaunein (2006). Si tratta di una band capace di unire suggestioni elettriche ed acustiche, facendo avvicinare due anime ben distinte, il prog-rock e il folk nordico, e raggiungendo un unicum finale di grande spessore artistico. La proposta di questa band è interamente strumentale: i suoni di chitarra elettrica e tastiere si fondono magnificamente con quelli di flauto e violino e l’equilibrio raggiunto da un punto di vista timbrico è perfetto. Così accade che il sound tagliente e abrasivo della sei corde è spesso mitigato dai puntuali e magistrali interventi acustici. Felice anche la scelta di non puntare sulla lunga distanza. I brani sono tutt’altro che chilometrici, finemente costruiti, e sanno essere complessi negli arrangiamenti, ma diretti nel feeling; lo stesso dicasi per gli album, la cui durata contenuta è sintomo di capacità di sfruttare al meglio le proprie idee, evitando riempitivi, prolissità  e senza quindi correre il rischio di essere dispersivi dilungandosi eccessivamente.

 

Nick Arse & the Arsenicks

Questo gruppo dallo strano nome può essere considerato una delle realtà finlandesi più interessanti apparse negli ultimi anni, eppure è passato purtroppo praticamente inosservato, almeno finora. I Nick Arse & the Arsenicks hanno realizzato una serie di autoproduzioni, tra le quali spicca in particolar modo Kamara, cd uscito nel 2004, nel quale regalano quasi un’ora di prog vivacissimo. Sembrano in qualche modo riprendere le lezioni degli Haikara, attualizzandole, partendo sempre dall’unione di folk-rock e prog sinfonico, aumentando l’energia e spingendo spesso sull’acceleratore. La qualità è tanta e non si avvertono punti deboli: buono il cantato in madrelingua; ottima l’interazione tra i musicisti, capaci di creare momenti di insieme intriganti e tecnici, ma anche di ritagliarsi spazi in cui poter mostrare la loro abilità solistica; sempre elevato il feeling, che vien fuori con belle melodie o con un sound che travolge e coinvolge l’ascoltatore. Pregevole, come per i loro maestri, anche il ricorso a timbri elettroacustici, con il violino ed il sax che spesso vanno ad accompagnare la chitarra e le tastiere nelle loro contorsioni. Nove brani ricchissimi, presentati da una band che dovrebbe essere tenuta nella massima considerazione.

 

Gli altri artisti emergenti

Un’altra cosa bisogna pur dire: ce n’è per tutti i gusti! Siete amanti del rock sinfonico più classico? Eccovi serviti con Khatsaturjan e Overhead! I primi, dopo un mini cd non realizzato ufficialmente, esordiscono nel 2006 con Aramed forces of simantipak, lavoro contenente un prog sfarzoso, maestoso, classicheggiante, nella migliore tradizione del genere, con tastiere altisonanti e chitarra elettrica elegante. I secondi, invece, hanno all’attivo due intriganti lavori (Zumanthum del 2002 e Metaepitome del 2005), nei quali si ravvisano sia influenze degli anni ’70, che del new-prog del decennio successivo, con in più il giusto pizzico di aggressività. Bravissimi nelle composizioni di più lunga durata, dove costruiscono intrecci strumentali affascinanti e rifiniture melodiche di gran gusto, gli Overhead hanno sfornato due cd apprezzati da critica e pubblico e si attende con curiosità il loro prossimo passo. Comunque entrambi i gruppi si sono rivelati particolarmente validi e meritano un’elevata considerazione nell’affollato filone di band dedite al progressive di estrazione sinfonico-romantica.

Saltando quasi di palo in frasca, bisogna assolutamente ricordare gli Alamaailman Vasarat, che si sono messi in mostra con un’eccellente proposta di R.I.O. moderno. Negli album Vasaraasia (2000), Käärmelautakunta (2001), Kinaporin Kalifaatti (2005) e Maahan (2007) si riscontra una qualità musicale particolarmente elevata, con quel sound che fa avvicinare prog e musica da camera, soprattutto grazie all’utilizzo di strumenti quali sax, trombone e violoncello. Spesso si evince una notevole vivacità quasi circense che li fa allontanare dai gruppi storici del genere con i quali possono avere delle assonanze (tipo Univers Zero e Art Zoyd), e ci si avvicina anche ad umori propri del folk nordico. Così la band si caratterizza per questa sorta di continua danza d’avanguardia, con una batteria prorompente a dettare i ritmi e solo a tratti fa capolino qualche momento dalle atmosfere più buie. Tra gli artisti che negli anni recenti si sono impegnati in quel ramo più complesso del progressive, in cui si abbina una certa difficoltà di ascolto ad una ricerca strumentale inusuale, con virtuosismi non autocompiacenti, gli Alamaailman Vasarat meritano un posto di particolare rilievo.

Vogliamo passare al jazz-rock? E allora bisogna menzionare i Mist Season, autori di due notevoli autoproduzioni, l’esordio omonimo del 2004, stracolmo di jazz e fusion (anche se un po’ troppo di maniera) e suonato benissimo, e Woodlands del 2006, ancora più interessante per merito di una maggiore varietà e di accentuate caratteristiche progressive-sinfoniche nella musica. Gli album sono interamente strumentali: fiati, chitarra e tastiere interagiscono alla grande e la sezione ritmica si mostra abilissima. Da rimarcare anche la parte grafica, con i booklet pieni di bellissime fotografie. Artefici di un discorso più personale, invece, gli XL, straordinari musicisti e collaboratori di Pekka Pohjola, che hanno realizzato una manciata di ottimi album di jazz-rock personale, moderno, dalle atmosfere brumose, che catapultano in una dimensione sognante. Suoni tecnologici, ma anche acustici, commistione con la classica contemporanea, unione di energia e di feeling e grande perizia esecutiva per questa band di cui si parla troppo poco e che invece dovrebbe essere alla ribalta. La loro discografia comprende XLent (1994), Jukola (1998), Jeti (1999), Live ballet (2001), Surreal (2002) e Visual (2003). Cercateli e godete dell’ascolto!

Ci sono poi dei gruppi non facilmente catalogabili, che hanno puntato su un processo di contaminazione di stili diversi arrivando a risultati anche esaltanti. Prendiamo i Viima, ad esempio… Nel loro Ajatuksia maailman laidalta (2006) sono bravissimi a partire da un romanticismo bucolico e un po’ folk e a dirigersi poi, con trame elettroacustiche e ritmi spediti, verso una combinazione strumentale d’effetto in cui chitarre, tastiere e flauto vanno che è una meraviglia. Anche le parti cantate (in finlandese) affidate ad una brava vocalist contribuiscono ad elevare il fascino arcaico di questo lavoro. Genesis e Haikara non sono mai stati così vicini… Disco davvero molto bello! Un’altra deliziosa proposta, non così dissimile da quella dei Viima, è quella degli Aardvark in Tuntematon sotilas (2006), concept-album trascinante e dinamico, spesso guidato da una chitarra elettrica arroventata, anch’esso in bilico tra rock sinfonico di derivazione britannica e progressive figlio degli Haikara e degli altri gruppi finnici dei seventies. E non è certo meno interessante la proposta dei Project nel loro , cd datato 2005 in cui fanno avvicinare due mondi abbastanza distanti: quello dei Pink Floyd più atmosferici e romantici e quello del folk irlandese! Con un sound dalle tinte leggermente fosche, eleganti chitarre, sax, cornamuse e ritmi conturbanti ci guidano in un percorso coraggioso e decisamente particolare.

Possiamo anche arrivare a nomi che hanno trovato la giusta via di mezzo tra prog e psichedelia. Probabilmente i più ispirati sono i Giant Hogweed Orchestra, che, a dispetto del nome tipicamente genesisiano, nell’omonimo album del 2004, avvolgono l’ascoltatore con un sound onirico, dilatato, ammaliante. Chitarre acide dai suoni espansi, ritmi ipnotici, magnifica presenza del flauto, variegate rifiniture grazie all’utilizzo di moog, tromba e didjeridoo, echi di fluttuante post-rock, per una proposta strumentale di squisita fattura. La sola meravigliosa suite Halogen vale l’acquisto! Stiamo parlando senza dubbio di uno dei gruppi migliori tra le recenti avventure finniche.

Sullo stesso versante, gradevoli, ma un po’ troppo imitatori della nuova psichedelia degli inglesi Ozric Tentacles, troviamo gli Hidria Spacefolk, autori di una serie di album fotocopia, proprio come i più noti colleghi britannici. Né si possono dimenticare i frenetici Circle, forti di un’intensa attività live e di una discografia sterminata, i cui lavori sono pregni di una proposta psichedelica d’attualità, caratterizzata da uno space-rock visionario, ipnotico e quasi ossessivo.

I Magyar Posse, dal canto loro, hanno realizzato alcuni album di confine, tra prog e post-rock, con le classiche caratteristiche di chi si cimenta in questo filone: presi come punti di partenza i King Crimson, i Pink Floyd e i corrieri cosmici tedeschi, creano atmosfere particolari, suoni prolungati e quei crescendo strumentali sempre attraenti.

Meritano un discorso un po’ a parte i Velvet Desperados, autori di un EP psichedelico, ma soprattutto di due magiche suite per i progetti Colossus The Colossus of Rhodes e Treasure Island. In entrambe le composizioni si avverte una vena classicheggiante costantemente presente, ma pronta ad unirsi a stili diversi, cosa favorita dalla ricchissima strumentazione utilizzata: si va dalle tastiere vintage a fiati di ogni tipo, da chitarre elettriche ed acustiche a percussioni varie e finanche alla cornamusa, in una serie di intrecci timbrici e di soluzioni sonore da brividi. Abili creatori di melodie estatiche, i Velvet Desperados hanno evidenziato finora eccellenti capacità di songwriting. Se manterranno questi livelli e non si perderanno per strada, si può prevedere senza difficoltà un futuro estremamente roseo per loro.

A completare questa disamina, sperando che gli artisti finlandesi riescano anche in futuro a soddisfare la nostra sete di ascolti prog, come stanno facendo oggigiorno, concludiamo elencando altre cosette che vi consigliamo di segnare: i Taipuva Lotisuora influenzati dai King Crimson, i Kemialliset Ystavat, impegnati sul fronte psichedelico, il jazz-rock avanguardistico di Raoul Björkenheim, i Lau Nau che uniscono psych, kraut e post-rock in una proposta di non facilissimo ascolto e, last but not least, le miscele di folk bucolico e rock dei Gjallarhorn.

 

Links

http://www.vasarat.com/

http://www.circlefinland.com/

http://www.gjallarhorn.com/main.html

http://www.hidriaspacefolk.st

http://www.khatsaturjan.net/

http://www.magyarposse.com

http://www.mistseason.com/

http://www.moonfogprophet.com/

http://www.arsenicks.com/

http://www.overhead-band.com/

http://www.rockadillo.fi/pekkapohjola/

http://www.ppry.org/

http://uzva.utopisti.org/

http://www.velvetdesperados.net/

http://www.viima.org/

http://www.xlfinland.com/

http://www.colossus.fi

http://www.mellowrecords.com

http://www.musearecords.com/

Ultimo aggiornamento (Sabato 30 Agosto 2014 12:07)