Un vulcano di idee. Una vena compositiva continuamente in agitazione. Un appassionato di musica a 360°. Un musicista alla continua ricerca di cose nuove, di sperimentazione, di arte. E' Luca Vicenzi, mente principale degli Zita Ensemble, una delle più belle e originali realtà italiane degli ultimi anni. E ha molte cose da raccontarci...

Direi di togliere subito il dente che duole e di partire dalla fine: a quanto pare Volume 2 sarà l'ultimo album degli Zita Ensemble. Ci spieghi le motivazioni per le quali non proseguirete con questo progetto? Cosa ha impedito al gruppo di essere più longevo?

Volume 2 chiude un cerchio, un percorso personale e musicale iniziato con Volume 1 e poi con Quintet Sessions, dove umanamente e “sonicamente” ci siamo trovati a vivere momenti molto belli; abbiamo in qualche modo "registrato una stagione" che in questo  momento si è chiusa. I motivi per cui per adesso siamo sostanzialmente sciolti sono molti: le persone cambiano, fare dischi oggi certo è più semplice ed economico, ma noi registravamo e registriamo pur sempre in presa diretta, in studi professionali che rimangono costosi per il tipo di tecnologia che offrono e pensare di registrare in casa un disco degli Zita non ha senso e non si può fare. La musica cambia e il livello di aspettativa autoimposto è stato sempre più elevato; una insaziabile curiosità sonora e concettuale… per cui registravamo il 30% del materiale composto; questo ti porta inevitabilmente ad essere forse troppo severo verso te stesso.

Il genere di musica proposto e il modo in cui è stato proposto ci hanno portato ad avere una buona risposta di pubblico, ma non sufficiente a stimolare una band nel proseguire date e impegni di altro genere. Lo stesso vale per gli addetti ai lavori, per lo più impegnati a cercare di definire il gruppo senza riuscirci, troppo poco "prog" per il circuito prog, troppo complicato per quello "indie".

Stanchezza e piccole discussioni hanno sottratto energia, anche se è giusto dire che quello che avevamo da dire finora è stato detto... siamo tutt'oggi in contatto tra di noi, con idee e scambi di demos, ma siamo lontani dal tornare a fare dischi, credo. Prevalentemente per colpa mia, che ho cento idee a settimana, ma la verità è che tornerei subito in studio se avessimo due lire in più e se riuscissi a sviluppare concretamente la mia idea fissa da tempo: abbiamo fatto tre dischi di cui sono molto orgoglioso, ma vorrei - se dovessimo tornare a farne - davvero farne un quarto che sia "comunicativo"; è un discorso lungo, ma ancora più slegato da certi preconcetti e da certe strutture, un disco davvero intenso al massimo. Penso che per ora manchi la concentrazione di tutti per farlo; è troppo impegnativo, ma chissà…

Quali sono state le più grandi soddisfazioni e le più grandi delusioni per gli Zita Ensemble?

Posso dirti a titolo personale. Le più grandi soddisfazioni sono in realtà quotidiane, le tante persone che in privato più che pubblicamente hanno sinceramente ascoltato e apprezzato i dischi. Non sono dischi che ho scritto per una "nicchia", ma per il panettiere dietro l'angolo e per la gente giù in strada, che poi ci trova quello che vuole... se qualcuno mi dicesse: fantastico, ci ho trovato un sacco di... Gianni Morandi piuttosto che di Mahavishnu, be’, per me è uguale! E’ stupendo il fatto che qualcuno ascolti e sia mosso in qualche modo. Questo è ciò che mi dà soddisfazione.

Poi sicuramente alcuni concerti, anche se di fronte a poche persone, 40 o 50… Be’, sono le cose che ricordo di più, un grande e sincero trasporto; il resto è bello, ma è "gadget".... se c'è ok, ma non è sostanziale.

Delusioni... uhm… perché parlarne? Ma poi in fondo non ne ho, non mi sento per nulla un artista, non avevo e non ho aspettative se non fare quello che mi piace e dunque è difficile rimanere delusi quando non chiedi nulla a nessuno, forse posso dire che personalmente più che altro mi delude continuamente il livello culturale di certi ambienti musicali. O troppo snob o troppo ottusi. Non c'è la serenità di saper prendere le cose per quello che sono... la solita forma di “criticonismo” italico per cui sento qualcosa e prima di dire ciò che mi piace, elenco i difetti o ciò che manca... troppa gente tesa... e in questo contesto la tua gioia musicale viene spesso fraintesa o bistrattata.

La tecnologia sembra ormai un'arma a doppio taglio: da un lato è sempre più facile registrare un disco, dall'altro ci sono sempre più prodotti in circolazione; inoltre internet permette di avere maggiore visibilità, tra siti internet specializzati, myspace, youtube, facebook e altro ancora, ma allo stesso tempo si incrementa il download selvaggio. Insomma, tra le numerose difficoltà che incontra una giovane band che oggigiorno lancia una proposta ben lontana dal facile ascolto e dalla commerciabilità ci sono sia il fatto di inserirsi in un mercato di nicchia sempre più affollato e nel quale è arduo emergere, sia il dover partire già con l'idea che le vendite saranno frenate a causa della poca correttezza degli ascoltatori che non acquistano, ma scaricano la musica. Quali sono le tue idee al riguardo?

Uhm… è un discorso complesso; io dico: le band "emergenti" prendevano calci nel culo 10 anni fa, come 15 anni fa (per mia memoria ed età), come ne prendono ora; il problema del download selvaggio riguarda di più chi di musica pretende di camparci... Io farei di necessità virtù. Per innumerevoli e complessi motivi siamo arrivati in questa situazione; prima di tutto lasciami dire che nella mia tenera età, dunque la metà degli anni '90, ricordo bene la politica dei "singoli" attuata dalle grandi etichette... e a forza di spingere singoli brani, siamo arrivati alla totale assuefazione del pubblico, che fondamentalmente non ha fatto altro che seguire le indicazioni di mercato: volevi farmi comprare il singolo? Eccoci qui! Solo che adesso te lo metto dove sappiamo... E non lo pago neppure più... Album? Cos'è un album?  Be’, ce lo hanno insegnato loro...

E’ vero, è più semplice fare dischi; è vero, c'è una certa e conseguente inflazione di offerta; è vero, c'è un problema culturale (anche se, chi siamo noi per giudicare? Ogni epoca ha le sue mode e i suoi deliri); però c'è una cosa che a me piace molto di questi tempi: ok, il download selvaggio genera indubbiamente una serie di problemi, però è democratico. Mi spiego meglio: si comprano sicuramente meno dischi, però, in termini di "rispetto" dell'ascoltatore, io mi scarico il disco e se l’artista mi ha preso per il naso, cioè come spesso accade, ha fatto un disco miserrimo, ben lontano da mire artistiche elevate, ma come succede a volte ruffiano, volutamente ammiccante, ecc., l'ho scaricato, non lo comprerò e ti dirò di più, lo cancello o mi tengo solo un pezzo o due... E checché se ne dica succede molto di più con i grandi gruppi o solisti stranieri. Il pubblico che compra roba come Zita potrebbe scaricare, sentire se lo aggrada e se Luca ha scritto qualcosa di reale o delle cagate ambient soporifere, e poi, per la forma mentis che ha, il background e mille cose che sappiamo, se lo va a comperare.

Credo che i nodi siano arrivati al pettine e io personalmente non mi sento né meglio né peggio di prima; ho scoperto tante band sconosciute sulla rete, ho il loro disco masterizzato e in alcuni casi era tanto bello che volevo l'originale e l'ho preso. Quelli che ascoltano pop-songs da classifica non comperavano in massa i dischi prima e non li comprano certo ora... L'appassionato comperava prima e compra un po' meno adesso... Però diciamo pure che il trend delle ristampe in mille formati ha sputtanato anche il mercato dei "cultori"... Caro Bob Fripp, sei un genio. Ok il nuovo mix di Wilson, quello che volete... ma non credi di esagerare? Quante copie di Island o In the court o Red, ecc. devo ancora comperare? Qui non si parla di soldi o scaricare, ma di livello di attenzione... Discorso lunghissimo e su cui a volte si spendono tante parole per poi arrivare al solito punto: basta speculazione! E i primi in lista sono i musicisti, proseguite a fare cose belle davvero! Con impegno! Anche se venderete due copie! E a seguire etichette e tutta la bella compagnia! Chi raccoglie...

 

Un po' di storia: ci parli della nascita e degli esordi degli Zita Ensemble?

Gli Zita sono nati nella vecchia saletta prove dei più noti concittadini Bluvertigo, nel dicembre 2003; una jam di due o tre ore di cui ho ancora i nastri, tra me, Marco al basso, il primissimo batterista Daniele e Marcello, un amico che suonava note noise di sax e declamava poesie. Ci siamo subito organizzati per farne qualche altra improvvisata e dopo poco eravamo un gruppo; già a gennaio ricordo che si parlava di pezzi e strutture. Io devo aver pesato molto in termini di genere e di suono perché dopo qualche concerto Daniele è passato ai noise e laptop, lasciando la batteria a Pier Paolo (che avrebbe poi registrato con noi Volume 1), un batterista meno free-jazz di Daniele, ma molto più solido. Marcello era un po' un esperimento e naturalmente senza forzature non è rimasto in line-up. Si parlava sempre di più di pezzi strumentali, anche molto lunghi citando tanti gruppi di riferimento, ma c'era un grande rapporto anche parlando di libri, o cinema, di cui io e Marco siamo grandi appassionati e questo era fondamentale per fare musica.

Dopo un annetto ci siamo detti “ragazzi, abbiamo sei o sette pezzi più o meno, se li registrassimo per farci qualche data e avere su disco qualcosa di degno da far sentire in giro?”. Capitò che, come sempre, avevamo davvero pochissimi soldi a disposizione; il proprietario del SoundWorkshp Studio di Monza, Cristiano Sanvito, un ingegnere del suono stupendo, ci prese per cosi dire in simpatia, solo che con la sola simpatia non si prenota uno studio professionale... Ebbene in quel mese il comune di Monza sponsorizzava con non pochissimi euro un disco alle band che si fossero presentate in studio entro gennaio. Eravamo a fine dicembre, e senza la minima idea di farne uno... siamo entrati in studio abbiamo suonato tutto in presa diretta, volutamente con pochissime sovraincisioni e un breve mixaggio; ecco fatto!

A quel punto eravamo rimasti in tre. Poco dopo la registrazione Pier alla batteria avrebbe lasciato e dopo una fase di qualche mese di ricerca, anche con jam interessanti e conoscenze amene, sarebbe entrato Fabio, con cui avremmo fatto tutti gli altri dischi, che si dichiarò un nostro inaspettato fan e che mollò la sua band con cui era già in rotta per venire con noi, prima come percussionista (abbiamo avuto una fase molto " Santana" con Joao Ceser, un gran pazzo batterista che ora fa house music e riscuote anche molto successo, e Fabio alle congas) e poi a tutti gli effetti come batterista. Da qui in poi tutto il lavoro su Quintet Sessions, il secondo disco, esperimento, ecc....

Come è nata la collaborazione con la Lizard, la casa discografica che ha pubblicato i vostri cd?

Un conoscente di Marcello, il nostro poeta nei primissimi giorni degli Zita, era conduttore radiofonico per Popolare network e radio Onda d'Urto se non ricordo male... Grande appassionato di musica "strana"... Una sera davanti ad un locale mi prese da parte e mi disse: “tu sei Luca? No, perché sai... so che avete registrato un disco e io avrei un etichetta che sarebbe di sicuro interessata”. Io risposi che non sono un musicista, non voglio pubblicare dischi, non mi interessa "l'ambiente musicale" e quello non è un disco... è ben poca cosa... Insistette e gli girai il lavoro di cui tanto bene gli avevano parlato. Diventò letteralmente matto, gli piacque da impazzire, dopo due giorni mi chiama un trevigiano di nome Loris Furlan e mi dice: “mi ha parlato gran bene di sto disco degli Zita, me lo mandi?”. Lo inviai e lui ovviamente mi disse che gli piaceva alla grande e che voleva farlo uscire, mi spiego cos'era Lizard, la sua mentalità e devo dire che per un buon anno sono stato diffidente perché non avevo (come fatico tutt'ora) intenzione di firmare carte, prendere impegni , parlare con gente che mi fa domande di cui non gli interessano le risposte o comunque vendere nulla... La sua passione e onestà mi hanno convinto e abbiamo proseguito insieme fin'ora.

Parliamo un po' della musica. L'esordio della band, con Volume 1, mostrava subito voglia di rischiare: un sound moderno, prog dalla natura crimsoniana, post-rock e psichedelia si uniscono con intelligenza, senza forzature, per una musica che viaggia costantemente su "terre di confine". Che processo di composizione c'era alla base e a cosa puntavate?

Troppo buono, grazie! A cosa puntavamo? A quello che hai appena descritto a dire il vero! Esattamente a quello! E più in generale era un punto fermo per noi rimanere figli del nostro tempo, sia come ascolti che come suoni che come persone, sapendo, senza fanatismi e con la chitarra e il basso in mano anziché lo scopino per la polvere, infilare anche le nostre influenze di musiche meno recenti. Io in primis forse ero quello che più ha scritto e che più ha cercato questo connubio tra un certo post-rock, una certa psichedelia e gli ascolti che “generazionalmente” ho assorbito da mio padre, dai Crimson ai Van der Graaf a Return to Forever, ELP, Mahavishnu Orchestra ecc...

Il processo di composizione è rimasto invariato negli anni, io arrivo in sala e comincio a rompere le palle prima a Marco, spiegandogli cosa ho in mente prima emotivamente e poi facendogli sentire le note, dopodiché lui che generalmente è molto aperto e mi ha sempre davvero sostenuto e apprezzato sinceramente, comincia a far frullare il basso, per poi passare alla batteria (nella fattispecie c'era PierPaolo alla batteria) e cerchiamo di spiegarci a vicenda con versi, facce e occhiate i beats su cui stiamo vaneggiando finché non troviamo la cosa perfetta e ci diciamo: “oh cavolo! cosi è figo!”. I riferimenti posso essere innumerevoli, magari su pezzi definibili "alla Tortoise", pensando ad un beat alla Bestie Boys e un riff alla Crimson di Larks' tongues, ecc... In quel momento, però, tolti brani come Frida e le parti inserite poi come forma "suite" di Glass Pty o Suite n.1 ,che erano scritte e pensate per poi essere suonate in sala, molte cose nascevano da improvvisazioni, magari su temi e riffs miei che poi diventavano altro con i ragazzi.

Il secondo album è stato Quintet sessions, un lavoro diverso, più improvvisato e sperimentale e poi più elaborato in fase di produzione. Cosa vi spinse verso questa operazione? E quali sono stati i vari passi per giungere al risultato finale?

Dopo Volume 1 la carne al fuoco era tanta, però non avevamo idea di come muoverci; Fabio era appena subentrato alla batteria, stavamo suonando nel 2006 i pezzi del primo disco e iniziando a comporre materiale nuovo con lui, che è un batterista molto più jazz, anzi decisamente jazz-fusion, e quindi io nel mentre mi trastullavo facendo improvvisazione con la chitarra acustica insieme a un amico alle tablas indiane, sulla falsa riga di certe cose di Shakti (ovviamente molto più modeste e decisamente più "bluesy" o pan-africane, pensavo a certe cose di Ali Farka Tourè, solo chitarra, un looper come nota dominante per simulare un po' la Veena indiana o certi ragas mediorientali e le tabla). Insomma, suonando e registrando queste improvvisazioni su temi portati da me (altre volte pure e semplici improvvisazioni) mi sono accorto che era non cosi male provare un mega esperimento (tutt'oggi mi pento per certi versi): utilizzare i nastri registrati su Dat in presa diretta su soli due canali con la band e suonarci sopra con interventi psichedelici, batterie jazz, contrabbasso e loops o inserti di chitarra di vario tipo... Avevo già in mente tutto in un pomeriggio, ho scritto le parti, ho proposto l'idea e i ragazzi hanno accettato: ci siamo detti che probabilmente mentre scrivevamo il seguito di Volume 1, potevamo tranquillamente fare questo mega esperimento, perché no? Cosi siamo entrati al Frequenze Studio di Monza, i cui proprietari sono amici e mentre registravamo il disco, tra battute di apprezzamento e anche critiche tecniche a volte non sempre simpatiche, Luca Urbani, con un trascorso pop sanremese con i Soerba e compagno di merende dei Bluvertigo ora produttore discografico, che era ed è nostro amico, sentendo il disco, mi buttava lì alcune idee e io un giorno gli dico: “senti, sai che a me piace molto una certa elettronica, un certo trip-hop, i Massive Attack e compagnia bella... se ti dessi i nastri e provassi su alcuni brani a metterci delle idee e a smontare, filtrare e editare?”.

Lui accettò e finì che ci trovammo in una situazione folle, avevamo un disco pronto - tendenzialmente quello che si sente nei brani dove suona la band con le acustiche, la batteria le tabla e tutto il resto - e un secondo disco di elettronica, molto bello, dove tutto era destrutturato o rimontato a Bristol....

Follia: lasciamo fuori una serie di outtakes e di brani che secondo noi funzionavano meno e mettiamo tutto insieme, facendo un disco a due lati, uno più etnico-psichedelico suonato e uno più elettronico, alternando i brani nella scaletta. Cosi abbiamo fatto con sbigottimento di molti, tra cui Loris Furlan della Lizard, che metaforicamente si mise le mani nei capelli in un primo momento. Andammo a suonare a Castelfranco Veneto, e la nottata, dopo il concerto tra un bicchiere e l'altro, gli dico: “senti, ma lo facciamo uscire il disco o me lo tengo nel cassetto?”. Be’, lui non sapeva che parole usare per dirmi che non era un azzardo... di più! Poi credo ci abbia rinunciato. Pensavo di essere insultato molto di più per quel disco, per aver bestemmiato dicendo che per me rappresentava umoralmente certe cose dei Can o degli Aktuala italiani più "scazzati", insieme a Shakti che si fa un giro in jeep con Ali Farka e poi finisce a bere nella taverna dei Portishead.

Al gruppo ho chiesto molto in quel caso in termini di impegno e di sperimentazione, ci sono momenti in cui me ne pento ma col senno di poi è logico che vada cosi... In fondo se guardo a me stesso sono felice di averlo fatto, era ciò che sentivo e l'ho fatto fregandomene di molti commenti inutili.

Infine, Volume 2, il disco della maturità, trascinante, con una percentuale maggiore di prog e contenente una mole impressionante di buone idee. Come sono nati i brani e come giudichi il vostro ultimo cd?

Ti dirò, credo sia il migliore, da più punti di vista, innanzitutto in termini di produzione, sonori, ho mixato personalmente con il supporto di Francesco Agostoni, tutto il disco per più di un mese di fila, prendendomi il mio tempo, masterizzato a puntino in uno studio molto valido in Brianza, pre-prodotto da me e Luca Urbani in seduta notturna alcuni brani come Adagio - riduzione psichedelica per band e Una folle folle corsa, dove ci siamo messi uno di fronte all' altro, io con la 12 corde e la Telecaster, un paio di loops e di sovraincisioni, un leggero riverbero, le 2 o le 3 di notte e il fresco delle sere di primavera e poi registrato sempre in presa diretta, però con l'urgenza reale di volerci mettere davvero tutto stavolta.

Capisco il fatto che sembri il più "prog", ma per me rappresenta davvero ciò che è stato il gruppo finora e ci trovo davvero tutto ciò che mi piace e che volevo fare con la band; molto scritto rispetto agli altri due, molto preparato e ripensato insieme, secondo i modi che ti raccontavo prima a livello compositivo e di interazione tra di noi, però davvero intenso, al punto che siamo arrivati esausti dopo averlo fatto. Ha influito non poco sui futuri equilibri del gruppo; io stesso anche qui ho chiesto davvero tanto a Marco e Fabio e anche a me stesso per certe cose. Non credo certo di aver scritto un capolavoro, anzi… Ma sono felice che sia uscito. Se fosse l'ultimo sarebbe per me un buon lascito, è stato inoltre largamente condiviso da tutti e tre e credo l'unico disco in cui davvero abbiamo avuto mano libera per poter fare tutto come volevamo senza preoccuparci di altro. Una produzione kamikaze, è il più prog, eppure l'ho scritto nel momento in cui mi sono sentito davvero distante anni luce dal prog, per tanti versi ormai.

Ci sono tanti riferimenti nel disco, ma quello che più mi piace è il "modo" in cui è suonato. Alcuni brani continuavamo a smontarli e rimontarli dopo mesi giocandoci durante le jam session; per noi era anche dura, perché ogni prova che facevamo era come fare un live, senza riserve e senza tirarsi indietro e dunque poi arrivare a dire “ok, questo è ciò che rappresenta gli Zita nel terzo disco”; era dura, che fare? Registrare minuti e minuti di jam o mettere insieme con un duro lavoro i momenti migliori dimenticandosi tutto il resto? Abbiamo scelto quest'ultima. E sentendo i brani una volta finiti ci siamo accorti che la lista delle band creditrici era lunga, anche se devo dire che ci siamo più volte detti in sala che avrebbe dovuto suonare come una sorta di A kind of blue psichedelico, post-rock.

C'è qualcosa che oggi cambieresti in questi album?

Forse mixerei i maniera migliore il primo, e farei qualcosa di ancora più radicale con il secondo, che per quanto appaia già come un delirio, mi ha lasciato l'amaro in bocca intermini di produzione finale. Ma è normale, era davvero troppo complicato mettere insieme tutto, su un esperimento così e pensare che non avesse sbavature o inflessioni. Per il resto no, anche perché, compresi gli errori, sono ciò che eravamo in quel momento.

Cosa vi ha spinto ad intraprendere un discorso musicale interamente strumentale?

Non lo so, è stato naturale, io suonavo, agli altri piaceva, loro suonavano, ci divertivamo e siamo andati avanti così... poi negli anni senti Maria Callas, Bjork, Jeff Buckley, Nina Simone, Marvin Gaye, Nusrat Fateh Ali Kahn e pensi: “Un cantante? O un reader?”. Scherzi a parte, è difficile cantare sulle cose che suonavamo e inoltre è difficile trovare musicisti o cantanti che vengano con noi a suonare (pur apprezzandoci, spesso la cosa finisce lì giustamente) e aggiungo che alla fine ci lasciava più liberi compositivamente e dunque abbiamo proseguito così. E poi comunque le band strumentali c'erano anche nei '90! Mogwai, Tortoise... Credo di aver accarezzato l'idea per un breve momento di inserire qualcosa che si avvicinasse a Emidio Clementi, Massimo Volume per intenderci, ma non sono cose che generi artificialmente, devi avere un poeta e un controllo pazzesco della voce comunque.

Avete avuto modo di proporre la vostra musica dal vivo?

Certo, più volte. Di solito "presentavamo" il disco in uscita facendo un po' di date qua e là, anche in contesti carini come il Premio Omaggio Demetrio Stratos o il Milano Film Festival. Poi però abbiamo sempre optato per una politica ben diversa come gruppo, sui live: suonare meno, ma in contesti accettabili, sbagliando forse, ma l’Italia (e la Brianza tutta) è fatta di pub e disco pub, regni incontrastati delle cover band. E’ un brutto mondo là fuori...

Che riscontri hanno avuto i vari album, sia da parte degli appassionati che dagli addetti ai lavori?

Non lo so in realtà fino in fondo... Vedo sostanzialmente due "scuole di pensiero": quelli che ti apprezzano, ma in fondo gli stai sulle palle e sei un fichetto perché non abbastanza in un modo o in un altro, però non possono dirti che sei uno scarpone perché incontrano quelli dell'"altra banda"... che di norma sono persone che ascoltano davvero di tutto, che invece apprezzano e se ne fregano di tutto il resto e gli ricordano che il progressive, come tutta la musica in genere oggi come oggi ormai, non è fatto di cliché e algoritmi musicali sempre uguali,ma è lo sviluppo e l'insieme di più generi e gusti musicali personali... Dunque, silenzio, aprire le orecchie e nulla di più; o, se preferite, party selvaggio, musica alta e ok anche così.

In generale Volume 1 è stato valutato come un esordio e da un lato ho accettato consapevolmente le critiche perché reali e condivisibili in certe cose, da un altro invece mi ha subito sorpreso come ci siano state persone che hanno colto non tanto il lato pratico, quanto di più i lato ideale, cioè hanno inteso che tipo di "solco" si stava cercando di lasciare - nel piccolo s'intende - e lo hanno apprezzato.

Quintet, posso dirti che con mia enorme davvero sorpresa, in tanti mi hanno contattato complimentandosi; io personalmente pensavo avrebbe ricevuto accoglienza molto poco calorosa (ed è arrivata che quella, ma davvero da pochi), mentre mi pare di intendere che su Volume 2 siano un po' tutti d'accordo nel considerarlo il lavoro migliore del gruppo; così mi dicono almeno.

Passiamo adesso al musicista Luca Vicenzi: che background musicale hai?

Nella mia testa convivono amabilmente senza problemi i Morphine con Curtis Mayfield insieme a Steve Reich e ai Soft Machin; che a loro volta sono vicini di casa dei Battles, che convivono con gli Yes insieme a Zakir Hussain e Bang on a Can, Herbie Hancock insieme agli Headhunters e Miles con Bill Evans e i Tortoise, salsa e merengue insieme alla musica colta, jazz, rock, pop, dance… non so!!!! La vita è cosi ampia, cosi piena di cose, come la musica! Mi innamoro continuamente di ogni tipo di musica, di ibrido, soprattutto se la parola "sperimentazione" non significa tedio, ma creare delle linee d'ombra dove si incrociano cose a volte anche distanti, o semplicemente cose meravigliose, nel senso dello stupore che sanno generare. Ogni tipo di musica… Mettiamola così: quando ero ragazzino mio padre mi  svegliava mettendo sul piatto Welcome  o Close to the edge, grazie a Dio direi… Non sarei qui a parlare degli Zita, credo...

Poi pian piano ho iniziato ad alzarmi da solo con tutte le mille cose rock, elettroniche, ecc. che uscivano nei '90. Ho messo insieme tutto e mi sono reso conto che esistono davvero poche cose, che se fatte bene, con gusto (o almeno quello che a me piace), non mi garbano davvero; nel mio stereo c'è di tutto, dalla techno minimal tedesca al blues, al progressive, al jazz, al rock di diverse epoche, alla classica, alla musica etnica… tutto insomma quello che mi incuriosisce! Magari vedo un film e c'è un pezzo... Mi intrippa, lo cerco, mi cerco il disco, poi l'artista, oppure leggo un libro e mi fa pensare a certi suoni e metto su un disco adeguato! Non so! E’ fantastico! E’ tutto libero e meraviglioso così per me!

C'è qualche tua composizione a cui sei particolarmente legato e/o di cui sei orgoglioso di esserne l'autore?

No, però diciamo che ci sono cose che si sono avvicinate di più a quello che avevo in testa , alcuni momenti in alcuni brani, ad esempio Suite n.3 da Volume 2, o Fiori di Gulnara in Volume 1, e Montezuma da Quintet.

Una domanda che non può mancare: le influenze principali che ti hanno animato nel corso degli anni?

Sarò molto banale e lo so, però davvero non so rispondere, credimi. Ti giuro che dovrei citare un immensità di dischi. La verità è che partendo di testa per generi diversi e tanti artisti diversi, quello che mi ha guidato di più è un certo "modo"; spesso mi ripeto che "l'unico obbiettivo è il percorso" e nella musica è davvero importante per me il modo in cui senti le note, il modo in le condividi, in cui le crei, il modo in cui ti poni, senza chiedere nulla, avendo solo da dare, dare ,dare, è importante.

In certi momenti con gli Zita si citavano molto i Mars Volta, i Tortoise, i Genesis, i Crimson, i Massive Attack, DJ Shadow, Miles Davis, gli Area, i Soft Machine, Return to Forever, i Tool.... Questo per quanto ricordo in studio... Poi chiaramente nel personale ognuno aveva i suoi riferimenti. Io personalmente considero influenze sicuramente quelle musicali, alcuni dischi meravigliosi che ho sentito, ma molti pezzi ad esempio sono nati dalla visione di film o dalla lettura di libri, o dall' idea di un quadro, ad esempio Fiori di Gulnara (Rizard Kapucinski), Frida (Khalo), Chi illuminerà questo grande buio (Elio Petri), La paura mangia l'anima (R.W. Fassbinder) , Glass Pty (Tenessee Williams - Lo zoo di vetro) , Don't you find me sexy you fuckin' marine? (anonimo da quadro).

I tuoi dischi da isola deserta?

Uh cavoli! Impossibile dirlo. E aggiungo (non che importi a qualcuno che leggerà) che tra gli ascolti di quest'anno mi hanno influenzato e sicuramente influenzeranno i lavori futuri c'è il lavoro magnifico fatto da quel genio di Brian Wilson in Pet Sound e Smile, rispettivamente nel ‘66 con i Beach Boys e poi nel 2004 terminando le sessions di Smile. In Italia mi ha colpito ultimamente il Teatro degli Orrori.

E cosa stai ascoltando negli ultimi tempi?

Molta roba americana, Calexico, Earth, Morphine , Black Heart Procession, Jon Spencer Blues Explosion. Molta elettronica tipo  Pantha du Prince o Jazzanova e ibridi come i Jaga Jazzist , Murcof. Ogni tanto qualche masterpiece del rock o del progressive che non guasta. Colonne sonore, su tutti da tempo Gustavo Santaolalla. Dischi funk da Fela Kuti a Marvin Gaye e le suite per cello di Bach quando faccio colazione

Pensi che nel 2010, dopo circa cinquanta anni, il rock possa ancora rinnovarsi e dire qualcosa di nuovo? (e se sì, come? - io credo di no :-) )

Rinnovarsi direi decisamente di si, basta sentire le ultime produzioni, soprattutto made in USA da Animal Collective a Mgmt, a tante altre cose minori, all' ultimo stupendo Flaming Lips.

Come? Be’, come ha fatto fin ora, cercando continuamente di rimescolare le carte, di tirare la tovaglia da tavolo, di mischiare, tritare e fondere stili e generi. E’ il bello di questo momento! A volte escono o pacciughi senza senso, o banalità immense, ma spesso ci sono a anche cose interessanti.

Mi pare di capire, però, che prima, per tanti motivi, si condensava di più tutto in un disco di una band, che faceva una grande cose, zeppa di intuizioni geniali. Ora la dose di intuito è più diluita, è più difficile fare cose davvero diverse e stimolanti, ma è pur vero che quando succede non è affatto male. Nella media, invece, ci sono piccole intuizioni interessanti in tanti piccoli lavori, il limite è non andare oltre quello... Non è un limite ciò che "rock"... è il limite di non essere tutti dei Miles Davis o dei Bruno Munari.

Cosa aspettarsi dal futuro musicale di Luca Vicenzi?

Non ne ho la più pallida idea davvero, sono tra il mandare al diavolo tutto e il registrare un triplo album. Per ora uscirà un quarto disco che ho seguito io, un collettivo nato durante le registrazioni di Volume 2 degli Zita, che si chiama Orchestra Panica, più virato a certe sonorità vicine a Steve Reich, o Terry Riley, o un certo Miles Davis elettrico à la Big Fun, sempre per la Lizard. Il disco si chiama Journey to devotion. Però, ripeto, sono in bilico su un filo... vedremo…

 

Peppe

maggio 2010

Ultimo aggiornamento (Giovedì 20 Maggio 2010 20:27)