Con il termine 'supergruppo' si è soliti definire una band composta non da esordienti bensì da nomi ampiamente conosciuti nell'ambiente musicale; tra i più degni rappresentanti di tale categoria nel progressive sicuramente rientrano gli U.K.

Gli U.K. si formano nel 1977 per opera di Eddie Jobson (già con Curved Air e Roxy Music ad esempio) e John Wetton (Family, King Crimson, Uriah Heep), rispettivamente tastiere/violino e basso/voce; completeranno la formazione Allan Holdsworth alla chitarra (Nucleus, Soft Machine, Gong) e Bill Bruford alla batteria (Yes, King Crimson).

Discografia

U.K. (1978)

 Il primo omonimo album vede la luce all'inizio del 1978, ed è un perfetto concentrato di grande tecnica strumentale mai fine a sé stessa e di orecchiabilità, frutto di una eccellente sinergia tra le multiformi personalità musicali all'interno del gruppo (le influenze classicheggianti di Jobson, l'impronta jazz/fusion di Holdsworth e Bruford e il solido basso di Wetton).
Si parte con la saga (divisa in tre parti) di "In The Dead Of Night", e gli U.K. non potevano scegliere biglietto da visita migliore! Riff geniali, efficaci linee vocali, ottimo assolo di Holdsworth, e soprattutto lo spettacolare intermezzo strumentale (ad opera di Jobson) "Presto Vivace"; "In The Dead Of Night", oltre a essere un superclassico del progressive, è un esempio lampante di come sia possibile scrivere un brano tutto giocato su ritmi dispari senza correre il rischio di stancare l'ascoltatore.
Possiamo vedere come una sorta di mini-suite anche "Thirty Years": atmosferica intro, con bei ricami chitarristici sullo sfondo, sfavillante parte strumentale dove violino e chitarra si dividono gli assoli e trionfale conclusione. L'impetuoso incedere di "Alaska", caratterizzato dal consueto lavoro al synth di Jobson e dal fantasioso drumming di Bruford, funge da intro a "Time To Kill" che, con la sua orecchiabilità e il largo uso di accordi inusuali, anticipa gran parte degli elementi alla base del successivo album. Caratteristiche simili le ritroviamo anche in "Nevermore", che presenta un meraviglioso intermezzo con duelli tra chitarra e tastiera (Eddie cava sonorità eccellenti dal suo sintetizzatore CS 80); degna di nota anche l'intro del brano, dove Holdsworth dimostra tutta la sua maestria. Chiude il disco, sempre ad altissimi livelli tecnico/compositivi, "Mental Medication".

All'uscita del disco segue un tour promozionale, al termine del quale abbiamo l'abbandono di Holdsworth e Bruford per divergenze musicali. Con una mossa a sorpresa, Jobson e Wetton decidono di non rimpiazzare il chitarrista, limitandosi a chiamare Terry Bozzio (Frank Zappa) come sostituto di Bruford.

Danger Money (1979)

Viste le premesse, sembrava impossibile per i "nuovi" U.K. riuscire a ripetere l'exploit qualitativo dell'esordio; invece il secondo (e per ora ultimo, purtroppo, nonostante voci di reunion sempre più insistenti) album di studio degli U.K. si rivela anche superiore al precedente. Chiaramente, vista la formazione, sono le tastiere del fantastico Jobson a spadroneggiare, mentre Bozzio si rivela un sostituto più che degno di Bruford; detto per inciso, Danger Money è un disco molto meno sperimentale e decisamente più compatto di "U.K.", e pressochè privo di punti deboli.
In apertura abbiamo la title-track, dove esce subito allo scoperto la predilezione di Jobson per accordi inusuali che ben si sposano con semplici ma efficaci linee vocali, il tutto dietro ritmiche irregolari (secondo la già collaudata ricetta di "In The Dead Of Night"). "Rendez-vous 6.02" è uno dei brani più melodici del disco, e si basa sui soffici tappeti costruiti dal pianoforte di Jobson. Si giunge quindi al capolavoro del disco, "The Only Thing She Needs", dove succede veramente di tutto: si parte con un'eccellente intro di sola batteria seguita da un incastro ritmico "impossibile" tra Jobson e Bozzio, si procede con un'orecchiabilissima parte vocale (preceduta da una grintosa sezione strumentale), si passa per un intermezzo pianistico dove Bozzio torna a dettare legge e si conclude alla grande con gli assoli di Jobson al violino e all'Hammond.
Il magico violino di Eddie è protagonista assoluto della scatenata "Caesar's Palace Blues", mentre con la poppeggiante "Nothing To Lose" (chiara anticipazione di quello che Wetton produrrà con gli Asia qualche annetto più tardi) si tira un pò il fiato prima del rush finale, costituito dagli epici 12 minuti di "Carrying No Cross": una crepuscolare prima parte (dove Wetton stende le sue solite ammalianti vocals), consueti mirabolanti stacchi in controtempo, che precedono una sezione in cui i synth creano un'atmosfera misteriosa su cui Eddie è libero di salire in cattedra con tutto il suo arsenale tastieristico prima di ritornare al riff portante del pezzo che conduce (come una sorta di cerchio che si chiude) ad una lenta conclusione.

Come di consueto all'uscita del disco segue un tour mondiale, al termine del quale abbiamo lo scioglimento del gruppo: Jobson entrerà nei Jethro Tull, Wetton formerà gli Asia mentre Bozzio lo ritroveremo nei Missing Persons.

Night After Night (1979)

Live album registrato a seguito del tour di "Danger Money", comprende brani tratti da entrambi gli album e permette di apprezzare tutta l'energia sprigionata dalla formazione a trio (sebbene l'album sembri essere stato ritoccato in studio in alcuni frangenti), che non fa assolutamente rimpiangere l'assenza della chitarra. Degna di nota la presenza di due bei brani inediti (la title-track e "As Long As You Want Me Here"), entrambi sulla falsariga di "Nothing To Lose" (quindi sacrificano un pò le escursioni strumentali a favore di melodie vocali ben studiate).

Tra la vasta serie di bootleg esistente, può essere interessante l'ascolto di "Concert Classics - Vol. 4", che presenta brani live registrati durante il tour a supporto del primo album e consente (purtroppo con una qualità sonora piuttosto bassa) di ascoltare pezzi che faranno parte di "Danger Money" suonati però con la formazione a quattro.

Mirrormaze
Aprile 2003

Ultimo aggiornamento (Domenica 01 Novembre 2009 15:23)