Nel Luglio 1981, Martin Orford (tastiere), Mike Holmes (chitarre), Mark Ridout (batteria) e Carmine Brundell (ballerino/cantante), tutti ex The Lens, insieme al bassista Tim Esau, ex Eclipse, formarono gli iQ. Il nome, scelto a caso sfogliando i testi universitari di psicologia di Mike Holmes, è acronimo di Intelligence Quotient.
Solo nell'82, però, il gruppo trova la formazione 'tipo' che resterà stabile fino all' '85: dopo l'abbandono di Mark Ridout e di Carmine Brundell, si uniscono alla band Peter Nicholls (voce), già collaboratore in qualità di grafico dei The Lens, e Paul Cook (batteria). Viene scritto un album che verrà pubblicato solo in cassetta, "Seven stories into eight" (ristampato e risuonato ultimamente dalla nuova formazione degli iQ in "Seven stories into nineteen eight").
Quasi un esercizio di stile, l'album presenta vari episodi di generi differenti. Tutte le composizioni, però, sono già pervase da quell'atmosfera buia che contraddistinguerà l'intera produzione della band con Peter Nicholls. Un disco, comunque, poco interessante, in cui si nota la mancanza di una direzione ben precisa.

Il primo album ufficiale fu registrato in tre giorni. In "Tales from the lush attic" il taglio new progressive è evidente: tastiere in risalto, composizioni complesse, cambi di tempo e di atmosfere (The last human gateway: una suite di 20 minuti!), testi onirici ma con riferimenti a dure realtà (ad esempio, la droga in The enemy smacks). Un classico del new prog, anche se l'uso forse eccessivo delle tastiere sommerge e soffoca il lavoro di Holmes alle chitarre.

Ad un anno di distanza esce il più maturo "The Wake", una sorta di concept sulla morte e sulla reincarnazione. Atmosfere cupe squarciate da tastiere e chitarra la quale gode di maggior spazio rispetto al lavoro precedente.
Bellissimo e struggente, i forti richiami ai Genesis (Widow's Peak), ma pure a certe atmosfere dei Van der Graaf Generator (vedi inizio di Outer Limits), non penalizzano l'album che risulta interessante e personale.

Sebbene bravissimi in vinile, bisogna dire che le performance live degli iQ lasciavano alquanto a desiderare. Ne è prova il live "Living Proof" che registra una prestazione a tratti imbarazzante, soprattutto del cantante il quale, pur attento alla rappresentazione dei testi sul palco con maschere e costumi (molte volte azzeccate, altre un po' meno), ha un'estensione vocale sicuramente limitata.

 

Come spesso accade nella storia di una band, c'è un cambiamento importante quando Nicholls lascia i compagni.
Problemi personali, ma certamente problemi di natura interpersonale tra alcuni membri del gruppo (tra cantante e bassista) fanno precipitare gli eventi. E' un duro colpo, in quanto i testi e il live act di Nicholls erano diventati un marchio degli iQ; ciononostante, i restanti quattro non hanno intenzione di mollare: riescono ad ottenere un contratto con una major (Polygram), reclutano un nuovo cantante, Paul Menel, e continuano per la loro strada.
Paul è un ottimo cantante, tecnicamente migliore rispetto a Peter, e diversi suoi testi sono veramente belli (Human Nature su tutti), ma le idee artistiche sono completamente discordanti da quelle del gruppo.

Esce così "Nomzamo", un disco a cavallo tra prog e un pop raffinato e patinato. Un disco, per intenderci, fatto, arrangiato e suonato benissimo.
Si perde il lato buio della musica degli iQ che ne guadagna in serenità, e l'album risulta di piacevole ascolto e accessibile anche ai non amanti del progressive. La già citata Human Nature è una delle cose più belle, una canzone prog a tutti gli effetti, con un bel testo (come, del resto, Commond Ground).

Il lavoro successivo, "Are you sitting comfortably?", è diviso a metà (forse come i componenti della band): ad episodi pop si alternano composizioni prog sebbene pervase da atmosfere solari e 'leggere'.
Il disco è gradevole, però in molti ritengono sia il lavoro peggiore degli iQ. Ad ogni modo, dopo questo album il gruppo si smembra. Menel ed Esau vogliono che gli iQ si direzionino definitivamente verso lidi più commerciali, mentre gli altri sono decisi a voler continuare con il progressive.
Alla fine, si perde in un colpo solo contratto (dato lo scarso interesse commerciale), cantante e bassista. Credo che a una simile batosta nessun gruppo sarebbe sopravvissuto, e molti a quel tempo erano sinceramente scettici sulla possibilità che gli iQ potessero sopravvivere. Ma i rimanenti sono fortemente motivati: si sostituisce il bassista con un vecchio amico, Ledge, e si va avanti. Purtroppo, la sfortuna sembra accanirsi con la band: Ledge muore improvvisamente.
Non vi sono dischi né registrazioni live di questa formazione (tranne la 'canzone' My legs, che compare nell'antologia "The Lost Attic"), e gli iQ, provati dalla cattiva sorte, vivono un periodo di stasi.

E' proprio per commemorare l'amico che Peter Nicholls si riaccosta agli iQ in occasione di un concerto evento. Da allora proseguiranno insieme: fondano una casa discografica propria (la GEP, di cui l'effettivo proprietario è Martin Orford), reclutano John Jowit al basso, e registrano forse il loro più bell'album: "Ever".
Il disco parla della lontananza e dell'abbandono. I riferimenti alle scomparse eccellenti di quegli anni sono palesi (Ledge in primis, ma anche l'amico Geoff Mann), ritornano le atmosfere più buie, tuttavia pervase da una serenità che prima mancava. Un album da avere assolutamente, bello in tutti i suoi 52 minuti di durata, in cui spiccano in modo particolare l'episodio iniziale, The darkest hour, e la stupenda Leap of faith.

Dopo "Ever" e il live "Forever live", con relativo video dove viene finalmente immortalata la performance di Nicholls in The enemy smacks, il gruppo si prende una pausa di riflessione per partorire il proprio 'capolavoro'.

Dapprincipio viene pensata la storia, poi si immagina come proporla dal vivo e, infine, si scrive la musica. Ne risulta un'opera rock molto pretenziosa ed affascinante: "Subterranea".
L'album narra di un esperimento svolto ai danni di un soggetto che dalla nascita è costretto all'isolamento. Trascorsi trent'anni, è lasciato libero per studiare l'impatto del mondo attuale su un individuo innocente e disadattato.
Insomma, un disco interessante nelle tematiche, con belle composizioni, per quanto un po' prolisso, ritengo a causa della voglia smodata di scrivere un doppio.

Viene fatto il live show come previsto, spettacolare ed intrigante, con la conseguente videocassetta ed album live.
Ma, si sa, dopo un 'capolavoro' è difficile ripetersi, così l'ultima fatica degli iQ, "The seventh House", è abbastanza deludente. Canzoni piacevoli, eppure la solita formula replicata all'infinito comincia a stancare. In alcune canzoni, poi, gli arrangiamenti tendono eccessivamente al 'boombastic' tipo Arena: un prog decisamente commerciale.

C'è da dire che il gruppo nelle esecuzioni dal vivo è notevolmente migliorato. I concerti sono coinvolgenti e ben suonati, quindi nulla a che vedere con il passato; se vi capita, andate a vederli... assisterete ad un capitolo importante della storia del new progressive.

Discografia

Seven stories into eight (1981-82)
Album acerbo ma con spunti di sicuro interesse.
Due strumentali (Capital letters e About lake five) e, poi, arriva la prima vera canzone, Intelligence Quotient. In questo episodio il lavoro di tastiera (oltre che dei suoni usati) preannuncia certi stilemi che saranno un marchio di fabbrica per il successivo sound della band. E' un new prog ancora ingenuo ma divertente. Barbell is in è un esperimento a toccare lidi reggae. For the taking è una ballata chitarra e voce. E' chiaro l'intento degli artisti di misurarsi con generi musicali diversi, comunque è nei brani progressive che la formula iQ funziona meglio. Ne è testimonianza la bella ed irrequieta It All stops Here, che è un tipico pezzo à la iQ: organo e un buon basso ci conducono ad atmosfere drammatiche e 'nervose' che sostengono gli ottimi testi di Nicholls.
In tutta onestà, sebbene l'album è stato ripubblicato (con nuovi arrangiamenti e una bonus track, Eloko Bella Neechi) nella ristampa "Seven Stories into nineteen eight" (doppio cd con la versione originale e risuonata di "Seven stories into eight"), direi che il disco è solo per affezionati.

Tales from the lush attic (1983)
Il primo effettivo disco degli iQ. Registrato in tre giorni, l'album è divenuto nel tempo un classico del new progressive, ed è quindi irrinunciabile per gli amanti di certe sonorità degli anni '70.
La bellissima e straziante suite The last human gateway fa capire immediatamente le intenzioni della band: continuare sulla strada tracciata dai grandi del prog e interrotta alla fine dei seventies.
Il brano si snoda senza stancare per tutti i suoi 20 minuti di durata: ambientazione, sintetizzatori, il cantato sofferto di Nicholls (per non citare l'ottimo lavoro di rifinitura alle chitarre di Holmes) rendono The last un qualcosa di epico e mitico.
Molto valide anche Awake and Nervous e la stupefacente The Enemy Smacks: claustrofobiche e nevrotiche al punto giusto, diverranno ben presto i pezzi più richiesti dal vivo.

The Wake (1984)
Album intriso di drammaticità. Racchiude in sé un po' tutta la formula e originalità degli iQ. Le canzoni, unite fra loro sia nella tematica dei testi che musicalmente, si insinuano lentamente ma inesorabilmente nella mente dell'ascoltatore. Il disco è eccellente ed ha, a mio avviso, un unico punto debole in Widow's Peak, troppo simile a brani di "Wind & Wuthering" dei Genesis.
Ma ciò non toglie nulla all'ottima seconda prova del gruppo che convince e sorprende. L'uso sapiente di mellotron, chitarra e voce (senza dimenticare l'esemplare lavoro del basso) fa di ogni canzone del disco un 'piccolo capolavoro'.

Living Proof (1985)
Primo live ufficiale degli iQ, ampiamente rimaneggiato in studio, ha il solo pregio di presentare nella track list vecchi brani del periodo iniziale della band: It all stops here e Just changing hands.
La performance non coinvolge più di tanto, e il disco suona scontato, non riuscendo a trasmettere la carica di un live.

Nine in a pound is here (1985)
Disco-antologia con brani live del primo periodo. Fu pubblicato all'indomani dell'uscita di Nicholls dal gruppo. Sicuramente trascurabile, che io sappia non è mai stato ristampato in Cd.

Nomzamo (1987)
Un album che segna un vero e proprio cambiamento negli schemi compositivi della band. Si passa dalle atmosfere drammatiche e oppressive a soluzioni più 'solari'. Il disco, suonato e prodotto benissimo, è con ogni probabilità un tentativo di commercializzare la musica degli iQ.
Apre le danze No love lost (i cui toni verranno ripresi in The darkest hour di "Ever"). Un pezzo molto semplice ma reso interessante dal cantato deciso di Menel. Nella ristampa GEP vi è pure la versione solo piano e voce, che rende effettivamente giustizia ai due elementi portanti dell'ossatura del brano.
Seguono una serie di pezzi ottimamente arrangiati che fanno sovente l'occhiolino al mercato: Promises (as the years go by) con i suoi 'cori', la dolce e suggestiva Still life (anche qui la tastiera ricorda passaggi che saranno poi presenti in "Ever"), la divertente e spensierata Passing stranges, l'altrettanto vivace Screaming.
Episodi più legati a certe invenzioni prog e brani riuscitissimi sono invece: Nomzamo, percussioni africane contrapposte al clima tipicamente progressivo della tastiera; Human Nature, stupenda e nel testo e nelle parti musicali, una delle cose più belle realizzate dagli iQ; Commond Ground, meno convincente della precedente ma un altro pezzo degno di nota.
Insomma, un bel disco che anticipa la successiva produzione e toglie le ragnatele a tutta la musica degli iQ (sia a livello compositivo che di suoni). Un disco che mi sento di suggerire soprattutto per ascolti più disimpegnati.

Are you sitting comfortably (1989)
La lezione di "Nomzamo" si concretizza in quest'album che ne è la naturale evoluzione.
Si denota una qualche indecisione sulla strada da prendere, ed è il grande limite del disco. Tutti i brani, quelli distintamente prog come quelli più semplici, sono arrangiati molto bene, tuttavia la commistione è più stridente rispetto al lavoro precedente.
Magnifiche canzoni con tastiera in evidenza (Nostalgia, Falling apart at the seams, Wurensh) e, di contro, canzoni estremamente piacevoli ma che a tratti rasentano la banalità (War heroes, Drive on). Tra quest'ultime, comunque, è da apprezzare la raffinata Through my fingers.

J'ai pollette d'arnu (1991)
Un disco di 'rarità' che ha il pregio di presentare 4 pezzi live cantati da Menel (uno di questi è un divertente medley : The last human gateway/Outer limits/It all stops here/The enemy smacks) e alcuni brani mai pubblicati fino a quel momento come Sera Sera. Le registrazioni live sono di qualità appena decente; pertanto ne suggerisco l'acquisto ai soli appassionati.

Ever (1993)
Gli iQ, di nuovo con Nicholls, non commettono l'errore di riprendere pedissequamente il discorso interrotto con "The Wake", anzi. L'esperienza dei due precedenti album in studio e della collaborazione con Menel ha lasciato il segno. D'altra parte, il song writing di Nicholls resta quello di sempre.
Ne risulta un autentico gioiello di equilibrio e raffinatezza compositiva. Atmosfere di "Nomzamo" vengono ripescate, metabolizzate e plasmate per costruire intrigate strutture a supporto delle rinomate liriche di Nicholls. Ricompaiono gli scenari bui, il cantato 'sofferto', ma, contrariamente ai primi album, una diversa componente si aggiunge a rendere meno claustrofobica la musica dei Nostri: un senso di rilassatezza e serenità.
Chitarra e tastiera lavorano a braccio per creare un tutt'uno musicale; la suddivisione in vari episodi è solo formale. Tutte le composizioni sono degne di rilievo, e un particolare elogio va speso per Leap of Faith, veramente gustosa. Un disco che è obbligatorio avere nella propria raccolta, se si pensa che è uno degli ultimi validi di un movimento, il new progressive, che ormai ha poco altro da dire.

For Ever Live (1993)
 Doppio live, a festeggiare il ritorno a nuova vita della band (acquistabile in box con videocassetta o separatamente). Ottimo sunto di una carriera già decennale.
Abbandonate le situazioni più leggere di "Nomzamo" e "Are you sitting comfortably?", il concerto è un vero concentrato della formula prog del gruppo. Vecchi brani quali The enemy smacks non stridono affatto con la produzione più recente come Human Nature (nella track list messe una accanto all'altra).
Il disco funziona ed è molto bello. Ancora meglio il video in cui si può ammirare la performance teatrale di Nicholls in The enemy smacks. Consigliato.

Subterranea (1997)
Ever "2"? Poteva esserlo. Il disco (un doppio) è ben pensato e realizzato, ma si rivela alquanto prolisso. Pezzi talvolta inspiegabilmente dilatati o ridondanti rovinano questo lavoro. In fondo, è proprio perché non ci si discosta dagli standard compositivi di "Ever" che esso rimane senz'altro valido.
Il concept è affascinante e la sua trasposizione live è particolarmente riuscita. Failsafe e la suite The narrow margin, rappresentativi dell'album, sono oggi dei classici degli iQ.

Seven stories into nineteen eight (1998)
Iniziativa interessante questa di offrire il primo album (mai pubblicato né in vinile né in Cd) nelle due versioni, originale e registrata ex novo. Nella nuova versione gli arrangiamenti sono abbastanza fedeli agli originali, solo l'arrangiamento di Barbell is in è totalmente differente, benché in pieno spirito degli iQ del passato.
Un disco per affezionati, quindi, che però offre piacevoli momenti (About Lake Five, Intelligence Quotient, It all stops here). Nel secondo cd è presente anche Eloko Bella Neechi, uno strumentale inedito e bello da ascoltare.

The lost attic (1999)
Raggruppa canzoni che non hanno trovato posto in "Subterranea" e "Tales from the lush attic", vecchi pezzi mai pubblicati o contenuti in antologie o realizzati esclusivamente per il fan club, e la cover di un brano di Jeoff Mann.
Da tenere in considerazione specialmente gli 'scarti' di Subterranea, che forse avrebbero ben figurato nell'album (salvo a rompere il continuum della storia) più di altri episodi. E' il caso di The universal scam che, direi, vale da solo l'acquisto del disco.
Le note accluse a spiegazione dei vari brani del booklet sono un ulteriore motivo d'interesse per collezionisti e cultori della band.

The seventh house (2000)
L'ultima fatica del gruppo mostra, a mio parere, una certa stanchezza compositiva.
Le canzoni sono tutte in tipico sound e stile iQ post "Are you sitting comfortably?". Divertente, tutto sommato, lascia perplessi per l'uso in alcuni brani di un drumming molto vicino a soluzioni care a un progressive più commerciale come quello degli Arena (per un periodo, Jowit, il bassista, ha suonato con gli Arena).
Tradizionale l'opener The wrong side of weird; bella Erosion, che richiama alla mente Subterranea; ottima la lunghissima (14 min) The seventh house. Ma, ribadisco, nulla di nuovo o sorprendente.

Appena possibile, inserirò un commento sul live di Subterranea. L'impressione che ne ho avuto dall'eccellente video (da avere anche questo) non può che essere positiva. Un live, però, che non porta altre tracce oltre quelle del disco in studio non stimola certamente l'acquisto.

Montag
Agosto 2002

Ultimo aggiornamento (Domenica 01 Novembre 2009 15:18)