Superati i momenti difficili del quinquennio 1988-1992, il new-prog si sta risollevando verso la metà degli anni '90: gli IQ sfornano l'ottimo Ever, i Pendragon hanno ormai consolidato una formula vincente, gli Arena inaugurano la moda che diverrà però deleteria dei "supergruppi" (se tali si possono chiamare…) e nuove realtà si affacciano ovunque. Uno dei terreni più fertili sembra essere quello della Polonia, visto che in tale nazione iniziano a fiorire gruppi che rispondono ai nomi di Collage, Abraxas, Lizard, Albion, pronti a recepire gli insegnamenti sinfonici sia dei seventies che della decade successiva. Un gruppo più di ogni altro riesce a sorprendere per l'amalgama sonora che è capace di creare, grazie a linee melodiche di grande splendore e ad una soave voce femminile che seduce facilmente. Sto parlando dei Quidam, band che non scopre nulla di nuovo, ma che riesce ad ammaliare grazie a trame e sonorità costruite con estremo gusto.

Nel febbraio 1991 un trio formato da Maciek Meller (17/4/75, chitarra), Radek Scholl (11/3/73, basso) e Rafal Jermakow (11/4/74, batteria) dà vita al gruppo, il cui nome originario è Deep River. I musicisti iniziano suonando un hard-rock infarcito di blues e a loro si unisce il tastierista Zbyszek Florek (28/10/73). Alle parti vocali c'è un continuo cambiamento di cantanti, tra i quali si segnala per un certo periodo Waldemar Ciechanowski. Nel 1993, con l'ingresso in line-up della flautista Ewa Smarzynska e della cantante Emila Derkowska (16/2/75, spesso impegnata anche al violoncello e al flauto e che diventa ben presto l'immagine della band), la nuova formazione cambia la propria direzione musicale, andando alla ricerca di un suono più romantico. Le canzoni cominciano ad essere più lunghe e ricche di passaggi strumentali d'effetto che rimandano alla tradizione progressiva-sinfonica degli anni '70. La carriera così intrapresa comincia ad offrire loro i primi riconoscimenti: vincono due volte il Gitariada Grand Prix (1993 e 1994) ed anche la nuova vocalist ottiene un premio per il suo ruolo di cantante nel 1993. Nel 1995, su suggerimento di Mietek Stocj, proprietario della label Ars Mundi, che ha messo sotto contratto la band, cambiano il loro nome, ritenuto troppo simile a quello dei Deep Purple, in Quidam e a settembre iniziano le registrazioni del primo album che termineranno nel marzo successivo. Intitolato semplicemente "Quidam", il loro esordio discografico esce nel maggio del '96 e vede anche la partecipazione di un membro dei connazionali Collage (il chitarrista Mirek Gil), di Monika Margielewska all'oboe e di Kamila Kaminska alle backing vocals. Il cd si caratterizza per un new-prog dagli accentuati toni romantici che viene ben accolto da critica e ascoltatori. Un po' tutti i musicisti partecipano alla stesura dei brani, cosa che si confermerà anche nei successivi lavori, ma si può ravvisare una leggera prevalenza di Florek come autore delle musiche e della Derkowska come responsabile dei testi, che pure risultano abbastanza ispirati.
"C'è un luogo/Una casa di solitudine/E' il mio luogo/Dove parlo alla mia anima/Dalla pioggia, dal vento/Mi protegge/Dal male mi difende" (da Sanktuarium)

Il gruppo ama molto l'attività live e si impegna in una serie di date: nell'aprile del '96 partecipano al primo festival prog polacco e, dopo diversi altri concerti in madrepatria, il 25 gennaio 1997 esordiscono in un gig estero al festival Day of Dreams tenutosi in Olanda. Nel successivo mese di aprile l'attività è frenetica e ricca di soddisfazioni: il giorno 4 possono esibirsi in un'apparizione alla televisione polacca TV Katowice al programma 100% Live; mentre il 5 ed il 6 Ewa Smarzynska e Emila Derkowska condividono il palco con i Camel nella tournée polacca del gruppo di Latimer, intento a promuovere il suo ultimo lavoro "Harbour of tears". Altro festival estero a cui partecipano è quello francese Proglive che si svolge a Corbigny il 23 agosto e la loro esecuzione di Plone, brano che concludeva il primo album, è presente sul cd che immortala parte della manifestazione, pubblicato dall'etichetta transalpina Musea. Altri due concerti in Olanda precedono gli inizi delle registrazioni del secondo album, che si accavallano con l'attività concertistica, tra cui si segnala lo spettacolo del 15 novembre, giorno in cui partecipano all'Awards Night organizzata dalla Classic Rock Society, Arriva, frattanto, il primo cambio in formazione visto che la flautista Ewa Smarzynska lascia il gruppo ed è rimpiazzata da Jacek Zasada, studente del Music Academy di Gdansk. Nel febbraio del 1998 le registrazioni dell'album "Sny anjolow", pronto per essere pubblicato dalla label polacca Rock Serwis, terminano al JM Audio Studio di Cracovia. Anche in quest'occasione si segnala la presenza di alcuni ospiti, visto che partecipano Witold Ekielski all'oboe e Michal Wojciechowski al fagotto. I brani si semplificano leggermente ma non perdono il fascino ed il grande romanticismo e si segnala anche un omaggio alla storica band polacca degli Budka Sulfera col rifacimento della loro Jest taki samothy dom, in cui i Quidam sono coadiuvati da un quartetto d'archi. Del nuovo disco viene registrata anche una versione in lingua inglese, dal titolo Angels' dream, ed entrambi i cd vengono distribuiti dalla francese Musea, che ne favorisce una più ampia diffusione. L'album è inoltre preceduto da un singolo intitolato "Moje anioly", che contiene anche due canzoni dal vivo: Bajkowi e la cover dei Camel Rhayader/Rhayader goes to town.

Il 18 aprile 1998 si esibiscono in un concerto di 2 ore nello studio della radio Channel 3; mentre il 12 ed il 13 maggio, nel tour promozionale del nuovo album suonano come gruppo di supporto per la tournée polacca di John Wetton. Qualche giorno dopo, il 16, un loro concerto all'Agnieszka Osiecka Studio di Varsavia è diffuso dalla radio Program III. Importanti riconoscimenti vengono poi ottenuti nel mese successivo in occasione del festival Zielona Gora Progressive Rock Music, dove ottengono i premi come miglior gruppo, miglior bassista e miglior cantante. L'estate è piena di concerti e suonano anche in Francia ed in Italia, prima di tornare in Polonia per l'ormai consueta partecipazione alla Symphonic Night di Wagrowiec (17 luglio), quinta partecipazione per i Quidam, sempre presenti a questa manifestazione. L'attività musicale è senza sosta e il gruppo insieme ad alcuni musicisti dei connazionali Abraxas partecipa all'album del bassista dei Camel Colin Bass intitolato "An outcast of the island". Si giunge così al marzo del '99 e alla loro esibizione come headliners nell'ultimo giorno al festival Baja Prog tenutosi al Teatro del Estado di Mexicali in Messico. Quest'evento è immortalato su un bellissimo live dal titolo Baja Prog - Live in Mexico '99, uscito nel novembre successivo. I Quidam continuano anche la collaborazione con Bass, accompagnandolo nella sua tournée europea, che prevede anche alcune date polacche, dalle quali sono tratti due album dal vivo: "Live in Polskie Radio 3" e "Live vol. 2 - Acoustic songs". Immancabile, poi, arriva la sesta partecipazione alla Symphonic Night il 10 luglio, in cui accompagnano nuovamente il bassista. Nei mesi successivi si alternano le sedute per la scrittura del nuovo album e nuove esibizioni dal vivo, tra cui si segnala quella al Przystanek Woodstock, l'8 agosto, per un concerto di beneficenza organizzato da Jurek Owsiak e che vede un audience di 250.000 persone. Nel 2000 ci sono altre date europee, in Belgio, Germania e Svezia, ma i Quidam si dedicano molto alla registrazione di nuovo materiale, parte del quale viene anche eseguito in anteprima nei concerti. Anche il 2001 trascorre tra concerti e registrazioni in studio che, verso la fine dell'anno, finalmente giungono al termine. Così, nel 2002, prima dell'estate, esce il nuovo lavoro intitolato "Pod niebem czas" (The time beneath the sky la traduzione in inglese), che mantiene grosso modo l'andamento del precedente lavoro, pur presentando qualche sorpresa, e i Quidam si impegnano in alcune date promozionali in patria, in attesa di una tournée più ampia e della partecipazione al Rio Festival brasiliano.

Discografia

Quidam (1996)
Che i Quidam siano un gran gruppo lo si capisce subito dall'opener "Sanktuarium", traccia che si apre con un riff tastieristico, cui fa seguito una splendida melodia eseguita dalla chitarra elettrica, su ritmiche cadenzate, che rappresenterà il motivo principale del brano. Un attimo di tranquillità ed ecco la celestiale voce della Derkowska che ci incanta con un tema delicato, dopo di che l'oboe riprende la melodia precedentemente tracciata dalla sei corde. E' poi nuovamente la vocalist a brillare con un momento cantato particolarmente enfatico e drammatico. Dopo 4'20'' inizia una lunga parte strumentale, in cui il tema principale è ripreso dapprima dall'oboe, poi dal flauto, dal violoncello ed infine dalla chitarra elettrica che si lancia in un assolo meraviglioso non così distante da "Firth of Fifth" (come il gruppo dimostrerà in futuro…). Si giunge ai sette minuti e mezzo quando è nuovamente la Derkowska a prendere la scena, mantenendo alta la tensione fino al termine del brano con la sua interpretazione particolarmente sentita. Una composizione meravigliosa, che da sola sembra risollevare d'un colpo le sorti del new-prog, dimostrando che anche negli anni '90 si può incantare con splendide soluzioni sinfoniche. Il resto del disco si mantiene su standard elevati, a partire dalla seguente "Chocbym…", che con i suoi giochi in chiaroscuro, rappresentati da un inizio vagamente malinconico e da un prosieguo più solare, offre nuovi spunti di interesse soprattutto per merito della chitarra dell'ospite Mirek Gil e della voce della Derkowska, splendida interprete di melodie affascinanti, in particolar modo nel finale quando si esibisce in vocalizzi di notevole bellezza. "Bajkowy" è un breve ed allegro pezzo semi-acustico guidato dalla chitarra e dal flauto, strumenti supportati da ritmiche vivaci e dall'elegante accompagnamento di piano e violoncello. Si prosegue con gli otto minuti di "Gleboka rzeka", che dopo un inizio melodico dettato da flauto e tastiere, presenta una serie di variazioni ritmiche e atmosferiche che sono tra i crismi principali del new-prog. "Nocne Widziadla" non si discosta troppo da queste caratteristiche, anche se il riff principale che guida la canzone sembra proprio quello di "Where do you think you're going" dei Dire Straits. Molto bella "Niespelnienie", quasi dieci minuti che si aprono con suoni d'atmosfera, ma che prorompono poi in un rock romantico in cui tastiere e chitarra dialogano con fraseggi spumeggianti. A questo punto ci sono due brani più brevi: "Warkocze", quattro minuti, è un tassello estremamente melodico, aperto dal suono di un oboe al quale seguono dolci e malinconiche melodie vocali e pianistiche, con la chitarra ad accompagnare, un fugace intervento flautistico, un bel guitar-solo ed un finale d'atmosfera dove si avvertono bei suoni di tastiere e flauto; i quasi due minuti strumentali di "Bijace serca", invece, rappresentano una piccola perla, per merito degli spunti malinconici dettati da chitarra acustica, violoncello, piano e tastiere. Il finale è affidato a "Plone", quattordici minuti di magie romantiche, che mostrano come i Quidam traggano spunto anche dai Camel e dai loro suoni delicati creati dagli interscambi chitarra (molto alla Latimer, in quest'occasione)-tastiere e dai sapienti contributi del flauto. Disco bellissimo che ogni appassionato di new-prog dovrebbe avere nella propria collezione: l'abilità strumentale dei musicisti è notevole e la Derkowska, come ripetutamente affermato, è una cantante deliziosa, capace di stregare sia nei momenti cantati, sia quando si esibisce in vocalizzi raffinati.

Sny aniolow (1998)
Quest'album si apre con un cinguettio di uccelli, cui fa seguito una bella melodia di flauto su un tappeto tastieristico. Un minuto e quarantatre di grande delicatezza, quindi, per questo strumentale dal titolo "Przebudzenie". Il primo brano cantato è "Moje anioly", in forma canzone, costruito comunque con eleganza e ben suonato. Si denota una maggiore semplicità nella composizione, ma le melodie vocali e l'interpretazione della Derkowska sono incantevoli come nel precedente lavoro. Tali caratteristiche si presentano più o meno marcatamente anche in altre tracce: in particolare in "Morelowy sen", "Wesola", "Beznogi maly ptak" e "Lza", che si mantengono tra i quattro e i cinque minuti (solo "Wesola" sfiora i sette ed è più vicina ad un rock romantico in stile Camel), alimentando un pop-prog molto raffinato, a volte malinconico, a volte più spensierato, con ritornelli di piacevole ascolto e parti strumentali affascinanti, in cui flauto, tastiere e chitarre acustiche ed elettriche si alternano continuamente nella conduzione. La musica è, in effetti, composta ed eseguita con gusto eccezionale, presentando intriganti dinamiche; flauto e piano conferiscono delicatezza, la sei corde elettrica offre slanci energici ma sempre eleganti e la Derkowska conferma pienamente di essere tra le più accreditate eredi della divina Haslam, col suo canto estremamente soave, leggiadro nelle armoniose melodie vocali, dolcissimo e suadente quando le parti vocali diventano leggeri sussurri, ma pronto anche a mostrarsi più aggressivo quando gli sviluppi musicali lo richiedono. Si segnala, inoltre, la presenza di un bellissimo brano di quattordici minuti, intitolato "Pod powieka", che offre non pochi spunti di interesse: l'inizio è affidato ad un new-prog deciso, che potrebbe ricordare i Marillion, se non fosse per la voce di una gentile donzella che prende il posto di un gigante scozzese; dopo cinque minuti inizia una sezione strumentale atmosferica e vagamente floydiana che cede di nuovo il timone alla Derkowska dopo un minuto e mezzo per un passaggio cantato molto intenso e avvincente. Dopo un assolo di tastiere, un'altra sezione cantata ed un paio di minuti strumentali di gruppo in cui brillano chitarra, piano, flauto e oboe si giunge alla conclusione con la ripresa del tema cantato principale ed un bel guitar-solo. "Przebudzenie (swit nadziei)" offre invece quattro meravigliosi minuti di struggente lirismo, con una musica triste e delicatissima e la Derkowska (autrice del testo dedicato alla sua migliore amica) a cantare malinconica sulle note del pianoforte, del violoncello e del flauto. A completare il cd, i Quidam vogliono rendere omaggio alla storica rock-band polacca Budka Sulfera, autrice negli anni '70 di diversi validi album a cavallo tra prog e psichedelia, suonando un'incantevole cover di "Jest taki samotny dom", brano carico di pathos, romantico e dalle intriganti melodie, la cui espressività è ulteriormente rimarcata dalla presenza di un quartetto d'archi. Un ottimo disco che conferma le notevoli capacità di questo gruppo ed in cui si può scorgere una squisitezza melodica che in tantissimi possono solo invidiare.

Angels' dreams (1998)
"Angels' dreams" non è altro che la versione inglese di "Sny aniolow", con pochissime differenze, anche l'artwork è identico. Gli arrangiamenti sono gli stessi e cambiano solamente i testi, tranne in due brani: "Awakening (down of hope)", che mantiene inalterata "Przebudzenie (swit nadziei)", visto che, parole della Derkowska "tutte le emozioni che ho cercato di comunicare in questa canzone non sarebbero le stesse se tentassi di cantarla in un linguaggio diverso dalla mia madrelingua" e "There is such a lonesome house", che è la cover dei Budka Sulfera. L'unica aggiunta è una breve traccia finale, non indicata sulle note di copertina, che non è altro che una ripresa dei cinguettii e dei suoni della natura di "Awakening", vale a dire il brano strumentale d'apertura. I completisti compreranno sia questo che "Sny aniolow", per gli altri consiglio il disco polacco se prediligono la "genuinità" e "Angels' dreams" se preferiscono la sicurezza del cantato in inglese.

Live in Mexico '99 - Baja Prog (1999)
Dopo l'apprezzata esibizione al festival prog messicano, i Quidam pubblicano questo live-album davvero bello e coinvolgente a testimonianza di quell'esperienza. Aperto dall'annuncio radiofonico che pubblicizzava la kermesse, il gruppo polacco fa il suo ingresso sul palco mentre si odono i cinguetti di "Awakening" e Zasada subito incanta con la deliziosa melodia di flauto. Dopo quest'introduzione, è tempo di fare sul serio ed ecco "Deep river", ovvero "Gleboka rzeka", che dimostra l'abilità dei musicisti a proporre un new-prog assolutamente convincente. Altri tre bei brani tratti dal disco d'esordio, "Chcobym", "Plone" e "Niespelnienie" (queste ultime due eseguite in forma di medley), non fanno che confermare le ottime impressioni di una band affiatata che sa farsi apprezzare anche dal vivo. "Jest taki samotny dom" è l'omaggio ai Budka Sulfera, ma non è il solo tributo offerto dai Quidam… Ormai siamo nel pieno del concerto, il pubblico è caldo al punto giusto ed ecco che una precisa esecuzione delle cameliane "Rhayader"/"Rhayader goes to town" infiamma ulteriormente l'audience. Ci avviciniamo ad uno dei momenti più emozionanti: la stupenda "Sanktuarium" è eseguita con grande passione ed al momento del guitar-solo si possono ascoltare note a tutti care, quelle di "Firth of Fifth". L'assolo di Hackett è eseguito con perizia e va a fondersi con estrema naturalezza in quello di "Sanktuarium". I boati del pubblico sono segno di approvazione. "Angels of mine" è un brano allegro che permette al gruppo di lanciarsi in passaggi latini consistenti in "La cucaracha" e "Cielito lindo". Un po' pacchiano ed occasione per la presentazione della band e per un ancora maggiore coinvolgimento del pubblico di casa, ma si tratta di pochi minuti in uno show assolutamente perfetto che volge ormai al termine. La conclusione è un'incredibile sorpresa. Domanda retorica: conoscete "Child in time" dei Deep Purple? Introdotta da eleganti note flautistiche (non c'è traccia della celebre melodia all'organo), inizia la parte cantata, immediatamente riconosciuta e salutata dall'ennesima ovazione degli spettatori. Si passa così ai vocalizzi della Derkowska che dovrebbero raggiungere le vette del mostro sacro Gillan… La voce di questa straordinaria cantante sale, sale, sale e quando cominci a pensare che non riuscirà ad andare oltre sale ancora… E' un momento da brividi, solo in parte stemperato dalla lunga e veloce parte strumentale in cui la chitarra di Blackmore è sostituita dal flauto (!!!). Miglior finale di un concerto meraviglioso non poteva esserci; la canzone risulta stravolta, ma la versione dei Quidam è davvero entusiasmante. Si chiudono così concerto e album; la Derkowska, Florek, Meller, Scholl, Jermakow e Zasada si sono resi autori di una grande performance e gli applausi sono più che meritati.

The time beneath the sky (2002)
Questo cd dimostra chiaramente che il grande pregio della musica dei Quidam è soprattutto uno: la semplicità. Ma non bisogna lasciarsi ingannare da una simile caratteristica, perché l'incredibile gusto con cui i Quidam propongono le loro idee vale molto di più della "complessità" di artisti che poi, alla fin fine, hanno ben poco da dire. La band polacca si è già fatta apprezzare con due album in studio ed un live dal fascino notevole ed immersi in un new-prog di estrema raffinatezza. Con il nuovo album, i Quidam in parte confermano queste loro caratteristiche, ma in parte offrono anche nuove soluzioni. Infatti, già "Letter from the desert I", che apre il cd con i suoi oltre sei minuti, lascerà esterrefatto chi si attende il solito new-prog romantico ed elegante: il brano si apre con vocalizzi della cantante ed atmosfere che portano in territori vicinissimi ai Dead Can Dance! Subentra poi la batteria elettronica e inizia una lunga parte strumentale - con il flauto a dominare le scene - che arricchisce la canzone di elementi etnici, per nulla in contrasto con il sound elettronico e moderno. Si prosegue con un "riffone" acido di chitarra, nuovi vocalizzi stavolta in stile Haslam (la celebre "Raja Khan" non è così lontana…), il flauto onnipresente, ed un altro breve intervento della sei corde che ci accompagna verso il finale melodico e malinconico guidato da un bellissimo assolo di oboe... Un vero gioiellino che lascia a bocca aperta e che si rivela però l'unico con queste caratteristiche: infatti, già la successiva "Still waiting (Letter from the desert II)" è contraddistinta da quella semplicità di cui si parlava all'inizio e che è chiaramente erede del precedente lavoro "Sny anjolow". In quasi cinque minuti, le melodie vocali molto fini, l'elegante accompagnamento strumentale, le ritmiche compassate ed un bell'assolo finale di flicorno fanno apprezzare non poco questa canzone che precede uno dei momenti clou dell'album. L'introduzione atmosferica precede una melodia guidata dal flauto; una melodia ben nota con la quale un certo John Paul Jones, all'organo, quasi trent'anni fa apriva "No quarter". Dopo la meravigliosa cover di "Child in time" dei Deep Purple presente sul disco dal vivo, i Quidam, che ai loro esordi erano soliti suonare hard-rock, vogliono rendere omaggio anche agli altri padri di tale genere. Del brano originale dei Led Zeppelin resta l'aggressività chitarristica e le melodie principali, ma i Quidam dimostrano nuovamente che sono in grado di fare delle cover stupende, infarcendo stavolta la canzone di effetti vocali filtrati (ottima, ma non ci potevano essere dubbi, l'interpretazione della Derkowska), di un flauto sognante e di parti strumentali emozionanti. Con "New name" si ritorna ad un discorso semplice, fatto di belle melodie chitarristiche e vocali, con ritmi tutt'altro che complessi ed un ritornello orecchiabile; eppure tutto ciò mantiene inalterato l'incanto… "Kolozec (for AgaPe)" è un altro brano che segue simili caratteristiche ed è impreziosito dalla presenza del mandolino e della fisarmonica, che offrono leggere note folkloristiche ed un animo più ruspante. Gli otto minuti di "Credo I", invece, alternano new-prog (avvertibile qualche rimando agli IQ) ed un sound che riporta alla mente i più recenti Pink Floyd. Nella strumentale "Credo II" c'è poi un'altra sorpresa, visto che i Quidam puntano, con questa traccia, su uno space-rock fresco e vivace che piacerà a chi apprezza i migliori Ozric Tentacles e i primi Porcupine Tree. Dopo un altro brano in forma canzone ("You are (in the labyrinth of thoughts)"), che all'inizio sembra ripercorrere il glorioso "Passaggio" di banchiana memoria (rumore di passi e dolce melodia fischiettata), ma che fa poi emergere nuovamente il romanticismo del gruppo polacco, ci sono i nove minuti e mezzo di "Quimpromptu" che, come intuibile dal titolo, è una lunga jam, in cui, su un giro continuo di basso, i musicisti recuperano quelle sonorità spacey, che l'accurata produzione rende particolarmente limpide, di "Credo II", fino a terminare con un intrigante guitar-solo gilmouriano. A concludere l'album, troviamo i quattro minuti di "(Everything has its own) Time beneath the sky", delicata ballata melodica. Prima di concludere, un plauso speciale lo voglio stavolta dedicare a Maciek Meller, chitarrista che in quest'album mostra una straordinaria versatilità, dando prova di essere capace di passare con estrema disinvoltura dall'hard-rock tirato al romanticismo gilmouriano-latimeriano, passando per lo space-rock e fino all'esecuzione di toccanti note acustiche. Ma è tutto il gruppo a confermare eccellenti qualità e classe sopraffina in un disco elegantissimo e ben costruito, in cui, come detto, non c'è nulla di cervellotico ed è la semplicità a farla da padrona, ma attraverso il quale è possibile ascoltare oltre un'ora di ottima musica.

Peppe
Marzo 2003