Le basi per i Moon Fog Prophet sono costruite da Mikko Elo (basso) e Mika Ratto (tastiere) che iniziano a suonare insieme nell'autunno del 1994 nella cittadina finlandese di Pori. Questo duo si diverte attraverso delle improvvisazioni e delle jam-sessions, ma ben presto si uniscono altri due ragazzi, Teemu Majaluoma (chitarra) e Daniel Finley (batteria), facendo nascere, di fatto, un quartetto. Con questa formazione i musicisti continuano a sperimentare e provare per la realizzazione di un percorso musicale credibile originale e scelgono di chiamarsi Moon Fog Project. Alla fine dell'anno si esibiscono allo Skartek, locale molto noto a Pori, ma la band non si mostra molto soddisfatta del risultato e inizia il nuovo anno andando alla ricerca e alla creazione di nuove composizioni. Perciò nel 1995 si vede poco dal vivo e in quelle rare esibizioni i commenti sono i più disparati, andando dall'entusiastico allo scettico.

Nel 1996 si denotano due cambiamenti: il primo avviene nella line-up, visto che il batterista Finley è sostituito da Veli Nuorsaari, il secondo riguarda il nome del gruppo che si tramuta nel definitivo Moon Fog Prophet. Continuano ad esibirsi poco dal vivo, prediligendo il lavoro compositivo, tramite il quale, dopo una manciata di canzoni registrate su dei demos, viene registrato un EP, pubblicato dalla Seeker, etichetta di proprietà del gruppo. Allo stesso tempo due brani vengono inclusi in una compilation edita dalla label Metamorphos. Questa casa discografica mostra interesse nel lavoro dei Prophet, che vengono scritturati e trascorrono l'estate del 1997 a registrare il loro primo album, intitolato "Dim dum sing the Sun", che vede la pubblicazione all'inizio del '98. Il disco comincia ad attirare l'attenzione degli appassionati di psichedelia e di progressive, ottenendo anche buone recensioni sulle riviste specializzate grazie alla sua unione dei due generi in sound personale, dalle tracce nordiche, moderno, ma allo stesso tempo con reminiscenze delle esperienze dei seventies. I Moon Fog Prophet continuano comunque ad essere produttivi ed un nuovo album, dal titolo "When they opened their parachutes… silence", viene realizzato già all'inizio del '99. Questo lavoro è ancora migliore dell'esordio; pur presentando lo stesso mix, offre infatti momenti strumentali di rara bellezza, con indovinati timbri chitarristici e tastieristici e melodie di indubbio fascino.

Questo periodo intenso, vitale e creativo continua con l'album "MERN3336 - A mirror to the marble-coated solar system", che conferma le ottime capacità della band, con una spinta maggiore verso lidi psichedelici, svolta molto apprezzata, specie dalla fanzine Colossus che non esita a definire il lavoro un "classico della psichedelia". Il momento felice è però turbato dapprima dal fallimento della Metamorphos ed in seguito da dei problemi di salute di Elo. Ma il gruppo non si perde d'animo e riesce a riemergere alla grande: inizia a recuperare un po' la tradizione folkloristica del proprio paese, cominciando a scrivere canzoni in madrelingua e ad adottare la denominazione Kuusumun Profetta, per queste escursioni folk. Inoltre, si esibisce al Teatterinuoret di Pori in uno spettacolo ("Pikkaavat Tinakellot" - "Taunting tin bells"), scritto da Ratto, che unisce musica e teatro in sei date nelle quali si registra un buon riscontro sia di pubblico che di critica. I buoni esiti di questi primi show danno coraggio al gruppo che organizza nel gennaio successivo quattro nuove performance a Telakka e Tampere. Frattanto i Moon Fog Prophet vengono scritturati dall'etichetta Ektro che, nell'estate del 2001, pubblica il lavoro a nome Kuusumun Profetta, intitolato "Kukin kaapiaan selassaan kantaa" ed orientato verso un folk-rock molto raffinato. Nella seconda metà dell'anno viene intensificata l'attività concertistica ed il gruppo è affiancato nelle sue esibizioni live dalla sassofonista Irina Niemela e dal vecchio amico Finley alle percussioni e al violino.

Nel 2002 la label italiana Mellow Records mette sotto contratto i Moon Fog Prophet, ma prima del nuovo cd a questo nome, esce un altro album sotto la sigla di Kuusumun Profetta dal titolo "Jatkuvasti maailmaa pelastamaan kyllästynyt supersankari". L'attività live continua ininterrotta ed in autunno, dopo alcuni concerti estivi in patria, viene pubblicato dalla Mellow il nuovo parto del gruppo che prende spunto dall'opera teatrale cui abbiamo fatto cenno e che ha il titolo di "Taunting tin bells through the mammal void". Il cd mostra una musica che accentua le caratteristiche sinfoniche dei precedenti album, ma che risulta molto originale, priva di barocchismi e con alcuni punti di contatto con i Van der Graaf Generator (il timbro vocale, una certa cupezza di fondo, la rabbiosità di alcuni frangenti). Eppure il gruppo non è pago e sembra instancabile, così, non solo si mette subito al lavoro per dare un seguito alla sua ultima opera, ma si impegna anche per l'allestimento del nuovo e surreale musical "Oopperse le Feti le Grande Anaale".

Discografia

Dim Dum sing the sun (1997)
"Dim dum sing the sun" si apre con i ritmi sostenuti e le atmosfere spacey della breve "Roof romance", proseguendo con il romanticismo dettato dalle note acustiche di piano e chitarra di "Amusement park". Lidi più psichedelici per la strumentale "Classic bells", con chitarre distorte, piano elettrico e ritmiche stravaganti, mentre con "Placet for one man" affrontiamo una canzone che inizia lenta, con le note di piano che sembrano introdurre una ballad, ma che si mostra cangiante con i continui scatti nervosi dalle ritmiche sostenute e con il cantato ossessivo, che rimanda a certi umori vandergraafiani di Hammill. "Phobos express" è un aggressivo e strumentale space-rock moderno e precede i quasi cinque minuti di "Spinning cousins", in cui si respira nuovamente aria psichedelica, viste la musicalità e le parti vocali sofferte. Più floydiane le atmosfere di "Cinnamon sky", in cui si intravedono sprazzi dell'epopea barrettiana. "Things I see" è un allegro motivetto, in cui è presente una breve parentesi più riflessiva, che non perde lo spirito "acido" della musica psichedelica, il cui spirito è racchiuso anche nelle sferzate elettroniche e vagamente sinfoniche di "Dance of the emerald knights". La conclusione del cd è affidata a "Whisper in stone", che con i suoi sei minuti è il brano più lungo e che presenta un piacevole andamento, grazie a melodie insolite e fantasiose, in cui i suoni di tastiere e di chitarra vanno a fondersi gli uni negli altri con grande intelligenza. Il disco d'esordio dei Moon Fog Prophet, mostra una band che si muove abilmente tra i sentieri del progressive e la psichedelia, mostrando una discreta mole di idee interessanti, che saranno la base di un futuro ricco di buoni album.

When they open their parachutes … silence (1998)
Aperta da atmosfere suggestive e dal cantato sofferto, "A telegram to the star neighbour"si evolve attraverso melodie seducenti che, dopo un'improvvisa accelerazione, virano in territori psichedelici dalle ritmiche insistenti e con continui interscambi di chitarre pungenti e tastiere cosmiche. E' solo l'inizio di un grande album, che prosegue con "Moon Fog Prophet", ottimo brano strumentale guidato da una chitarra acida. Uno dei punti più alti del cd è senza dubbio "A liar in 602", che tiene alto il pathos, sia nell'inizio delicato per i leggeri tocchi di chitarra e piano elettrico e per le dolci melodie vocali, sia nel superbo crescendo strumentale che parte dal secondo minuto e che si caratterizza per i ritmi che si muovono in un sontuoso saliscendi e per una sublime performance chitarristica. "So unimportant" è una ballad che potrebbe figurare tranquillamente in un album di Hammill, mentre "Interlude" è un ipnotico strumentale in cui tutti i musicisti si ritagliano spazi importanti, con le dolci note di chitarra (protagoniste assolute nella seconda parte della traccia, più spacey), i morbidi tocchi di tastiere, il pulsare elegante del basso e l'incedere impalpabile della batteria. Con "Enthrone!" siamo nuovamente vicini ad una ballata dalle tinte fosche ed emerge ancora quel timbro vocale hammilliano che dà spesso ulteriore profondità alle composizioni del gruppo. Molto fantasiosa "To the jaded columns and beyond/Figurines on a red cloth", altra canzone strumentale, con ritmi robusti e chitarra aggressiva, ma col piano a percorrere eleganti sentieri non lontani dal jazz-rock (potrebbe essere paragonata ad una specie di "Generale" PFMiano). Curiose, anche se non convincono completamente, "Miss Curwin's toys", curioso brano che ricorda certe canzonette stravaganti e le bizzarrie della lunatica "A man called Jimmie Kane". Molto bella "Ghost of a name", che si apre malinconicamente con voce e chitarra, ma in cui si intravedono anche ariose aperture di tastiere dal sound vintage. Vertici di straordinaria bellezza sono invece raggiunti dalla conclusiva "Starling", nervosa e space-rock all'inizio, si fa più romantica e, dopo la sezione cantata, i musicisti danno vita ad un lungo momento strumentale dall'alto tasso qualitativo, in il piano e la chitarra danno vita ad un personalissimo rock sinfonico, che si contamina con la musica cosmica, e che ammalia con i suoi sbalzi d'umore. Gran salto di qualità, quindi, per i Moon Fog Prophet, che con questo splendido disco cominciano a mostrare tutte le loro incredibili potenzialità.

MERN3336 - A mirror to the marble-coated Solar System (1999)
L'album si apre con la breve strumentale "Welcome to MERN", dalle sonorità cosmiche alle quali si affianca una chitarra frippiana, che fa da introduzione a "Tomorrow be my name", sorta di pop lunatico che mi riporta alla mente qualcosa dei Radiohead. A partire dalla terza traccia "Bomber butterfly" cominciamo invece ad addentrarci in ambienti a cavallo tra la moderna psichedelia (memore, però, dei primissimi Pink Floyd) e applicazioni degli insegnamenti hammilliani. I successivi brani confermano infatti questo trend, infarcendolo di dissonanze alternate a belle melodie di piano ("Bourgeois rumours (Chaming, isn't she?)", "Tuesday mess"), puntando su lunghi e bizzarri siparietti sperimentali ("The joy and the agony of being caught"), senza disdegnare incursioni in territori non lontani dal jazz d'avanguardia dei King Crimson di "Lizard" (la splendida "Hide and seek") o dai grandiosi suoni del Generatore Van der Graaf, col sax sostituito da una lancinante chitarra ("This evergreen", "In the river of", "Despite the sticky potatoes"). Molto particolare, poi, "Beautiful scene", dall'inizio crimsoniano, ma con una seconda parte molto onirica e floydiana dominata da ritmi ipnotici ed un finale che presenta nuovamente reminiscenze dei VdGG. "Funeral in MERN" e "Obituary of the damned" concludono con la loro mestizia un album forse non brillante come il precedente, ma che conferma in pieno che ci troviamo di fronte ad un grande gruppo fuori dal comune. I Moon Fog Prophet, infatti, mettono in chiaro con la loro musica che, nonostante le numerose influenze, brillano di luce assolutamente propria.

Taunting tin bells through the mammal void (2002)
Questo concept-album si apre con i cinque minuti e mezzo strumentali di "Appearance"; chitarra acida e tastiere classicheggianti come non mai si combinano perfettamente in quella che sembra quasi una nuova forma di rock sinfonico e conferiscono subito una grande tensione. La lunga (12 minuti) "The Duke meets the regretting Bishop" continua su questa scia: all'inizio è più atmosferica e sembra trasportarci in un mondo fiabesco, nel quale, però, bisogna stare ben in guardia… E, infatti, arriva la voce hammilliana e tormentata, che dona al brano un che di onirico, ulteriormente rimarcato dall'andamento percussivo ipnotico. Segue una traccia dal titolo lunghissimo, che è una sorta di stornellata allegra e lunatica, chitarre acustiche, tamburello e armonica con una verve quasi zappiana, che ricorda un po' la "Fat man" Tulliana (con minor ironia) e che conferma le capacità trasformistiche dei Moon Fog Prophet. "A meaningless discussion in the house of red love" è sinistra e quando si giunge alla parte cantata sono maggiormente evidenti i riferimenti all'Hammill più malinconico e introspettivo che si tramutano poi in un crescendo più vandergraafiano. Più serena "Morning evening", aperta da belle melodie e con uno sviluppo curioso in cui la chitarra sembra andare in una direzione ed il piano in un'altra, mentre la serenità iniziale si va man mano oscurando fino a sfociare nel breve frammento leggermente nervoso di "Baker's wife is talkin in her sleep". Nervosismo che aumenta in "Wagons wagons screeching wheels", strumentale, dove la chitarra è irrequieta ed è supportata dal piano e dalle ritmiche ossessive. Questo momento psichedelico continua con "Apocalypse on schedale", visionaria e preoccupante nel suo incedere. Si continua con un lungo brano strumentale dal titolo "Triumph of oppression", nel quale i Moon Fog Prophet mostrano tutti i loro volti, partendo con un violino asfissiante e atmosfere gotico-ottocentesche e proseguendo con ritmiche non frenetiche, eppure marziali ed opprimenti, fino ai moderni ed inquietanti suoni di tastiere e all'esplosione sinfonica finale. "When the day broke, the parks" ci fa un attimo distendere con un sound più pacato che la fa sembrare quasi una ballad elegiaca e lunatica. Il finale affidato a "The council never ends" è drammatico e coinvolgente ed emerge nuovamente il fantasma di quel vecchio Generatore guidato da Peter Hammill con la chitarra elettrica che praticamente fa le veci del sax di Jackson. Un disco di straordinario fascino, "malato" sotto certi aspetti, nel quale c'è un perfetto connubio tra rock sinfonico e musica psichedelica come raramente si è potuto ascoltare. Oscuro e allucinato, classicheggiante eppure moderno, a tratti riflessivo ed in alcuni momenti molto vivace, "Taunting tin bells through the mammal void" ci mostra un gruppo unico, fuori dal comune, che ha raggiunto livelli espressivi nettamente superiori alla media. Chapeau!

Discografia - Kuusumun Profeetta

Kukin kaapiaan selassaan kantaa (2001)
Con questo cd inizia il progetto parallelo ai Moon Fog Propeht; il gruppo si esibisce tramutando la propria sigla nella finlandese Kuusumun Profeetta e canta in madrelingua. Anche la musica cambia, visto che ci ritroviamo di fronte ad un folk-rock molto suggestivo, in cui a guidare sono spesso le chitarre acustiche, il piano elettrico e, di tanto in tanto, l'armonica. I ritmi si fanno più compassati, a volte quasi jazzistici ("Kovin lentaan kotiin kaipaan"), la matrice psichedelica scompare e il suono della band si fa avvolgente, caldo e lontano dagli spunti ombrosi, pur mantenendo un pizzico di malinconia, del progetto principale. Nove tracce dalle incantevoli melodie ci fanno scoprire l'altra faccia dei Moon Fog Prophet, quella maggiormente legata alla tradizione nordica, in cui il folk solo raramente è raggiunto dal progressive ("Askeleita rannalla"). La magia è impalpabile e può essere intravista grazie alle melodie semplici, al delicato arpeggio di chitarra, alle toccanti parti cantate o al delizioso piglio acustico e bucolico. Un album bellissimo, tranquillo, caratterizzato da grande coesione e che mostra la versatilità e l'incredibile mole di idee di questi bravissimi musicisti.

Jatkuvasti maailmaa pelastamaan kyllastynyt supersankari (2002)
Il secondo lavoro a nome Kuusumun Profeetta ricalca un po' gli stilemi del precedente, anche se riemergono alcune caratteristiche psichedeliche (ascoltare, ad esempio le pulsioni di "Musta kaivo musta peili") del progetto principale, per la creazione di un folk-psych-prog davvero affascinante. Le sensazioni malinconiche sono mantenute pienamente e le 11 canzoni presenti nel cd sono tutte dei piccoli gioielli di rara bellezza ed intensità. I suoni rimangono prevalentemente acustici, ma la strumentazione utilizzata è comunque ampia, visto che possiamo ascoltare a fianco delle chitarre (e senza dimenticare i vari effetti sonori della baritone guitar) anche violino, violoncello, mandolino, sax, tromba, percussioni varie, senza dimenticare delle voci femminili particolarmente soavi. Il suono che ne scaturisce ha un che di incantato ed è sempre pregno di atmosfere nordiche. Alle semplici melodie dettate da voce e chitarra acustica, si uniscono splendidamente e delicatamente gli altri strumenti, attraverso fini arrangiamenti e momenti strumentali senza dubbio affascinanti, soprattutto nelle combinazioni tra gli strumenti a corda e gli archi. A brevi canzoni che miscelano sapientemente un elegante cantautorato ed il migliore folk-rock nordico ("Syyllinen pedriko", "Hengettaren tanssi"), si affiancano composizioni di più lunga durata e maggiormente elaborate che sorprendono per la struttura articolata che non fa comunque perdere il feeling (come dimostrano il magnifico finale di sole chitarre acustiche di "Tahdenlennon aikaan", le tensioni elettroacustiche della stupenda "Puhu vapahtaja rappuselta kiviselta" o le suggestive melodie di "Supersankari koko maailman"). Da segnalare anche il curioso incontro tra il folk ed il jazz che caratterizza "Onnellisen valkoinen", in cui possiamo ascoltare un inizio classico con chitarra acustica e voce ed un finale in cui i suoni di piano elettrico, fiati e armonica vanno in altra direzione. Il risultato globale è nuovamente positivo ed anche da un punto di vista qualitativo non ci si discosta molto dal precedente album, le cui magiche vette sono raggiunte e forse anche superate.

Peppe
Aprile 2003