Steve Hackett nasce a Londra il 12 febbraio 1950 e musicalmente si lega a circuiti blues-jazz prediligendo l'armonica ed esprimendo notevoli capacità alla chitarra. Incide un primo album "The Road" con un gruppo chiamato "The Quiet World" nel 1970 dove però non trova spazio per esprimere le sue potenzialità; da ascoltare comunque gli arpeggi di chitarre acustiche (l'altra è del fratello John) su "First Light". Dopo l'abbandono di Anthony Phillips dai Genesis, questi furono costretti ad una nuova ristrutturazione e fu allora che Peter Gabriel lesse un annuncio su "Melody Maker": <<Cantante/compositore cerca musicisti di larghe vedute per elevarsi al di sopra delle odierne ristagnanti forme musicali >>. Titolare dell'annuncio era proprio Steve Hackett il quale fu accolto dai Genesis con convinzione e tutti insieme danno vita a sei album (escludendo i live) che faranno la storia di uno dei capitoli più belli del progressive rock : "Nursery Cryme", "Foxtrot", "Selling England by the pound", "The lamb lies down on broadway", "A trick of the tail", "Wind and wuthering". Steve regalerà assoli epici di chitarra elettrica (Musical Box, Firth of Fifth, Fountain of Salmacis), autentiche perle alla chitarra classica (Horizons, Blood on the Rooftops) e molta creatività non compresa appieno dai compagni, fatto sta che, durante i missaggi di "Seconds Out", il chitarrista lascia il gruppo e intraprende la carriera solistica.

Discografia

Voyage of the acolyte (1975)
Primo disco "solo": si fa aiutare da Mike Rutherford e Phil Collins e dall'eccellente fratello John al flauto. L'album è notevolmente frammentario con richiami di Genesis ("Hands of the Priestess", "Sadow of the Hierophant"), di ritmi ipnotici ("A Tower of Struck Down"), di contaminazioni quasi jazz ("Ace of Wands"), di momenti di grande lirismo ("The Lovers" struggente bozzetto per sola chitarra acustica).

Please don't touch (1978)
E' l'album della libertà, pieno di componenti che vagano di genere in genere tanto da risultare il disco più strano di Steve. Hackett si districa bene in ambiti soul (la magnifica "Hoping Love Will Last" cantata da una grande Randy Crawford) o nelle ballads all'americana ("Narnia" cantata da Steve Walsh dei Kansas) o ancora nei brani cantati da Richie Havens: "How Can I?" e "Icarus Ascending". Deliziosa "Kim" strumentale per chitarra acustica e flauto (del fratello John) dedicata alla moglie e ipnotica "Please Don't Touch"

Spectral mornings (1979)
Trovata finalmente una vera band Steve provvede ad elaborare brani più adeguati ad una resa live. Bellissimo lo strumentale che da il titolo all'album dove la chitarra di Hackett fa viaggiare in fluidi mondi sognanti; molto suggestive l'inquietante "Clocks" e la superba "Every Day". Per l'occasione Steve sfoggia lo strumento da lui tanto amato: l'armonica ("The Ballad of Decomposing Man") e il koto, uno strumento giapponese dalle strane sonorità ("The Red Flower of Tachai Blooms Everywhere").

Defector (1980)
Album che privilegia il lato strumentistico del gruppo. "The Steppes" ricorda veramente le steppe russe, "Jacuzzi" è un affresco splendido, "Hammer in the Sand" vede protagonista il piano di Nick Magnus. "Two Vamps As Guest" è un bel brano per chitarra classica, mentre "The Show" sembra strizzare l'occhio alla discoteca. Molto stravagante il pezzo stile anni Trenta "Sentimental Institution".

Cured (1981)
Dopo un soggiorno in Brasile per smaltire le fatiche dello stressante tour del 1980, Hackett registra, con l'aiuto del fratello John e di Nick Magnus, questo album dove si evidenzia la voce di Steve: "Hope I Don't Wake" su tutti. Da segnalare due soli strumentali : "A Cradle of Swans", per sola chitarra classica e "The Air-Conditioned Nightmare" il top dell'album. Disco nel complesso un po' distaccato, forse a causa della mancanza di un gruppo.

Highly strung (1983)
Un po' di calore viene recuperato con questo album dove Steve e Nick sono raggiunti dal batterista Ian Mosley (che farà poi fortuna con i Marillion) e dal contrabbassista Chris Lawrence. Cose pregevoli ("Cell 151", molto moderna e "Camino Royale" il cui tema viene ripreso nella conclusiva "Hackett To Pieces") si alternano a "dance" senza pretese ("Walking Through Walls"). Ancora una volta i masterpieces sono due brani strumentali: "Group Therapy", e la splendida "Always Somewhere".

Bay of kings (1983)
Desideroso di comporre un disco tutto acustico, Hackett , per contrasti, rompe con la Charisma; accasatosi con la modesta Lamborghini Records pubblica questo lavoro per chitarra acustica, flauto e qualche linea di tastiera che non tutti comprenderanno. Il disco è molto riuscito un po' come tutti i "Private Parts and Pieces" di Anthony Phillips. Gemme come "The Journey", "Second Chance", "Black Light", "Bay of Kings", per non parlare delle nuove versioni di "Horizons" e "Kim" restano tra le vette espressive più alte che mai la creatività di Steve abbia saputo partorire.

Till we have faces (1984)
Dopo pochi mesi arriva l'ottavo lavoro che purtroppo risulta essere decisamente l'album peggiore di Hackett. Il disco annoia e tutto quello che in "Please Don't touch" era perfettamente riuscito, qui naufraga senza convincere affatto, seppure c'è il tentativo, decisamente coraggioso, di esplorare nuove direzioni. Il lavoro prende appena quota con "Let Me Count The Ways" e con "Take the easy Way Out", dove avvolgenti tastiere circondano la voce di uno Steve solo qui "rinsavito".

Momentum (1988)
Secondo album acustico di Steve. Almeno due tracce sono da considerarsi il top dell'intera produzione hackettiana: "Cavalcanti" e "Concert For Munich", ma tutto l'album è splendido nel suo incedere, senza cadute di tono. Meraviglioso.

Time lapse (1992)
Album "live" dove non c'è un concerto integrale, ma estratti da due esibizioni distanti ben nove anni l'una dall'altra: i primi cinque brani Nottingham 2 feb.1990 e le restanti Rochester 30 ott.1981 con in non ancora Marillion Ian Mosley. Brani come "Camino Royale", "Please Don't Touch"e "Everyday" non presentano grosse sorprese, la cover di "In That Quiet Earth" è qui in una versione non del tutto convincente e c'è poi l'inedita "Depth Charge" uno strumentale piuttosto ricco. A questo punto si è proiettati indietro nel tempo nel tour del 1981. Si comincia con "Jacuzzi"eseguita in modo impeccabile, segue la magniloquente "The Steppes"e via via passando per "Ace of Wands", "Hope I Don't Wake", "The Red Flower…", "Tigermoth", la stupenda "Spectral Mornings", si arriva a "Clocks" brano che veniva suonato alla fine di ogni concerto di Steve.

The unauthorised biography (1992)
Compilation che ripercorre i momenti più importanti della carriera di Steve Hackett; sono presenti anche due brani inediti: "Don't Fall Away From Me" con Brian May dei Queen molto melodica e "Prayer And Dreams" pezzo acustico ispirato ad un Valzer Viennese molto romantico.

Guitar noir (1993)
Dopo diciassette anni e dieci album manca in questo lavoro l'apporto del fratello John. Hackett rompe con il passato e lo fa convincendo anche da un punto di vista vocale: "Take These Pearls" e "Dark As The Grave" ne sono un esempio. Bellissime le melodie intessute dalla sei corde di Steve e le armonie della sua voce su "Paint Your Picture". Segue il capolavoro dell'album: "There Are Many Sides To The Night"con un inizio di un bellezza commovente e con un passo musicale, che senza esagerare, porta alle lacrime. Meno riuscita è "Like An Arrow" e "Walking Away From Rainbows" chiude la prima parte del disco. Da ricordare l'ingresso di "Sierra Quemada" splendido strumentale, un po' meno il pop-rock-blues di "Lost In Your Eyes" dominato dall'armonica di Steve. Poi via via fino alla conclusiva "Tristesse" struggente brano con piano e chitarra acustica a disegnare una melodia, come da titolo, decisamente triste.

Blues with a feeling (1994)
Undicesima prova solistica di studio di Steve Hackett. Ottimo lavoro registrato durante le pause del tour 92/93 con tanta passione e molto divertimento. Steve è quasi nato con il blues e l'armonica a bocca, di cui fa un grande uso in questo disco, è stato il suo primo strumento. Su tutti i brani spicca la bellissima "A Blue Part Of Town" dove l'armonica di Steve ricama melodie struggenti sulla base creata dal piano elettrico di Julian Colbeck.

There are many sides to the night (1995)
Inizialmente si pensò di fare uscire questo live esclusivamente attraverso i fan club. E' qui immortalato il concerto al Metropolitan di Palermo del 1 dicembre 1994 purtroppo non integrale, mancano infatti, buffamente la canzone che da il titolo all'album "There are many sides to the night" e "Jazz on a summer's night". L'album è bellissimo (pensate a "Cavalcanti", "Second Chance", "Ace Of Wands") dagli accenni ai Genesis ("Cuckoo Cucoon"; "Blood on the Rooftops", "Dancing with the Moonlit Knight") ad alcuni brani del tutto inediti ("Beja Flor", "Oh, How I Love You", "Bacchus", "Concerto In D - Largo" e "End Of Day"). Inoltre c'è la morriconiana "Cinema Paradiso".

Genesis revisited (1996)
"Watcher Of The Skies" apre questo disco che vuole essere un omaggio ai Genesis nei migliori anni della loro storia. Questo è in ogni caso un album di cover che non potranno mai competere con l'originale. Brani come "The Fountain of Salmacis", "I Know What I Like", "Firth of Fifth", "Dance on a Volcano", "For Absent Friends", "Los Endos" (presente nella versione europea) sono rivisti secondo l'ottica di Steve che spesso li trasforma in maniera irritante ("I Know What I Like").L'album è comunque bello e imprescindibile.

A midsummer night's dream (1997)
Album di chitarra acustica accompagnato dalla Royal Philarmonic Orchestra licenziato nientemeno che dalla EMI Classics. Un musicista autodidatta, ha saputo apprendere la tecnica classica in maniera entusiasmante tanto da appassionare una delle major più accreditate nel mondo discografico. Su tutte spicca la superlativa "Mountains Turned Into Clouds", ma altrettanto stupende sono "In The Beached Margent Of The Sea", "Between The Cold Moon & The Earth", "Starlight" e "Celebration". Grande album dove , per fortuna, l'orchestra è meno invadente di quanto si potesse temere.

The Tokyo tapes (1998)
Steve Hackett alla chitarra e all'armonica, John Wetton al basso e al canto, Ian Mc Donalds al flauto, sax e vocals, Chester Thompson alla batteria e Julian Colbeck alle tastiere danno vita ad una serie di concerti in Giappone e quelli del 16 e 17 dicembre 1996 sono raccolti in questo doppio CD (che raccoglie anche due inediti in studio: "Firewall" e "The Dealer" fortemente ritmici). Un plauso a Colbeck per aver suonato perfettamente l'intro di "Watcher of the Skies" molto vicina all'originale, bella la versione di "Firth of Fifth" che nessuno riesce a fare come la fa Steve. Rivisitazioni anche per i membri della band ("The Court of the Crimson King", "Talk To The Wind", "Heat of the Moment"), nonché del repertorio solistico di Steve Hackett ("Camino Royale", "Riding the Colossus", "Vampire With A Healthy Appetite"). In conclusione un'operazione molto curata vista anche la realizzazione di un video.

Darktown (1999)
Album nel quale si mette in evidenza tutta la voglia di sperimentazione che ha da sempre questo grande artista. Il disco non è di facile ascolto ed è anzi abbastanza ostico in alcuni momenti, basti pensare alla scioccante opener "Omega Metallicus" o alla title track "Darktown". Ci si tranquillizza un attimo con "Man Overboard" per tornare subito dopo a brani ancora una volta dissonanti "Darktown Riot". Chiude la malinconica "In Memoriam" che ricorda "Epitaph" del Re Cremisi. Ascolto quindi non agevole, ma album sicuramente interessante da assimilare a piccole dosi. Nella versione Giapponese sono presenti due bonus tracks (peraltro scaricabili in formato mp3 sul sito dedicato a Steve): "The Well At The World's" stumentale molto gradevole e "Comin' Home To The Blues" omaggio al blues, ma in una versione poco convincente.

Sketches of Satie (2000)
Accreditato alla coppia John & Steve Hackett questo album è sicuramente un po'difficile; qui le canzoni appartengono al secolo scorso e lontane dalle nostre orecchie di estrazione rockettara. Erik Satie è qui rivisitato in maniera strutturalmente fedele dai due fratelli dove la chitarra di Steve accompagna il fraseggio del flauto di John. Album che vede John sotto i riflettori come voleva Steve cosa peraltro precisata durante una sua intervista rilasciata a Mario Giammetti.

Feedback 86 (2000)
Album che era già stato annunciato nel tour programme di "Momentum", ma che non ha mai trovato una pubblicazione forse per problemi contrattuali. Il disco è decisamente molto vicino al rock FM americano derivante dall'esperienza GTR (di cui parlerò in seguito). Si tratta di un documento storico per ogni fan di Hackett; si apre con "Cassandra" già presente nella versione americana di "Guitar Noir" e via via si susseguono brani come "Prizefighters", "Slot Machine", "Stadium of the Damned", "Don't Fall", "Oh How I Love You", "Notre Dame Des Fleurs" bella, triste e romantica; chiude il brano "The Gulf" dove si evidenzia la poliedricità strumentale di Steve.

Live archive 70, 80, 90's (2001)
Magnifico cofanetto live di quattro CD suddiviso in tre sottotitoli; i primi due Cd presentano una scaletta del tour 1979 ed esattamente il concerto all' Hammersmith Odeon del 30/6/79, il CD3 il concerto di Castel Sant'Angelo del 13/9/81 e il CD4 quello tenutosi al Grand Theatre di Londra l'8/6/93. La qualità delle registrazioni è eccellente e la grafica è molto curata: imperdibile. Da segnalare che sul mercato giapponese è stato inserito un quinto Cd che riporta canzoni registrate alla City Hall di Newcastle il 27/1079, tranne le ultime tre interpretate all'Hammersmith Odeon di Londra il 30/10/78.

The Genesis files (2002)
Operazione intrapresa dall'etichetta inglese Snapper Music di natura assolutamente commerciale che riporta i brani di "Genesis Revisited" con l'aggiunta di altri brani prelevati dalla recente produzionr di Hackett.

Guitare Classique (2002)
Compilation che riporta un sampler di brani tratti dagli ultimi tre album acustici di Steve che ha lo scopo di introdurre l'artista al pubblico classico.

Progetti collaterali

Steve Hackett nel 1984 entra in contatto con un eccellente compagno d'avventura, il leggendario chitarrista degli Yes, Steve Howe. I due danno vita ad un gruppo che non può che chiamarsi GTR (abbreviazione di "guitar", chitarra); accanto ai due il cantante Max Bacon, il bassista Phil Spalding, e il batterista Jonathan Mover. La band così composta realizza un album, pubblicato nella primavera dell'86, le cui canzoni sono avvicinate al sound FM americano e non esaltano: "When The Heart Rules The Mind", "The Hunter" e "Toe The Line" sono i brani migliori. Appassionano comunque gli intrecci chitarristici dei due Steve. Sull'onda del successo i GTR iniziano quello che resterà il loro unico tour dal quale è ricavato il CD live "King Biscuit Flower Hour"che immortala il concerto tenutosi al Wiltern Theater di Los Angeles il 19 luglio 1986. Purtroppo la performance non è integrale e manca una delle poche canzoni veramente belle dell'album, "Toe The Line", oltre ai set acustici con cui i chitarristi si presentavano al pubblico singolarmente.

Progman59
Gennaio 2003