Brani:

Bedlam Fayre, Smoke and Mirrors, The Shattered Room, The Eyes Of Lara Moon, Tantalus, Purgatory Road, Opera Fanatica

Formazione:

Rob Sowden: Vocals; John Mitchel: Guitar and backing vocals; Clive Nolan: Keyboards and backing vocals; Mick Pointer: Drums; Ian Salmon: Bass.

Prodotto da: Karl Groom
Anno: 2005, Verglas - Durata: 52:00

Gli Arena rilasciano il loro settimo album celebrando i dieci anni di carriera. Diciamolo subito, non vi aspettate particolari innovazioni rispetto al precedente ottimo Contagion, anche se qui la componente hard-prog è più evidente. Il titolo Pepper's Ghost si riferisce ad un trucco teatrale creato nel 1862 da Henry Pepper che, utilizzando opportunamente vetri e specchi, dava l'illusione della presenza di fantasmi sul palco; entusiasmante a tale riguardo è l'artwork ad opera di David Wyatt. Bello l'intro strumentale sull'opener Bedlam fayre; segue Smoke and mirrors che alterna momenti calmi ad altri più heavy. Shattered room si apre con un suono di carillon e si sviluppa in frequenti cambi di tempo dove Mick Pointer dà sfoggio del suo rinnovato drumming, poi prende il sopravvento la chitarra di John Mitchell fino al bell'assolo finale.
La chitarra acustica e la batteria accompagnano Rob Sowden su Eyes of Lara Moon, con il cantato drammatico e il refrain corale melodico che ci riporta sul finale alle atmosfere di inizio brano. Tantalus è una ballata cupa che inizia con un piano che accompagna Sowden che canta un testo che parla di pazzia: momenti acustici si alternano a momenti hard fino al bel finale del solito Mitchell. Un intro di chitarre stridenti e lancinanti annunciano Purgatory road, brano in classico stile Arena con Clive Nolan in evidenza e John Mitchell che cesella le linee melodiche. Chiude l'album l'epica Opera fanatica dal sapore operistico dove un dilagare di chitarre unito ad un'esplosione di tastiere, un drumming sostenuto da un basso pulsante, danno vita ad una composizione dai forti connotati melodici.
Siamo in definitiva di fronte ad un disco che, dopo svariati ascolti, non convince del tutto; vero è che i cinque musicisti lavorano alla perfezione senza sbavature, ma si ha l'impressione che Pepper's Ghost sia un album meno ispirato del precedente; le sonorità heavy sono qui troppo presenti e a tratti anche irritanti, forse complice quel Karl Groom, alla produzione, che vuole portare la band ad allargare il suo bacino di utenza.

 

Progman59
Aprile 2005