All’inizio del 1968 il fratelli Vittorio (23 gennaio 1951) e Gianni Nocenzi (27 dicembre 1952, quest’ultimo reduce dalle esperienze con Crash e Kriminal), nati a Marino in provincia di Roma, entrambi tastieristi, formano il Banco del Mutuo Soccorso, nella cui line-up iniziale troviamo anche Franco Coletta alla chitarra, Fabrizio Falco al basso e Franco Pontecorvi alla batteria. Con questa formazione vengono incise tre canzoni: Vedo il telefono, La mia libertà e Padre Francesco, che saranno però pubblicate solo ventuno anni dopo. Segue il primo cambiamento all’interno del gruppo, visto che Coletta viene sostituito da Claudio Falco ed inizia la composizione di nuovi brani, scritti da Vittorio Nocenzi e Vittorio Ferri (padre della cantante Gabriella Ferri con cui Vittorio aveva lavorato qualche anno prima). Anche queste nuove composizioni non vedranno immediatamente la luce e saranno riscoperte soltanto molti anni dopo con l’album postumo Donna Plautilla. Una delle prime occasioni importanti per il Banco si presenta al Festival di Caracalla, dove esegue due pezzi ribattezzati semplicemente Caracalla 1 e Caracalla 2, che inseguito diventeranno due famosi brani del gruppo (R.I.P. e Metamorfosi). Soprattutto, questo festival è l’occasione per entrare in contatto con altri musicisti vogliosi di sperimentare e di realizzare una musica unica. Negli Homo Sapiens, anch’essi presenti al festival, milita ad esempio il chitarrista Rodolfo Maltese (26 febbraio 1947, Orvieto), che però non accetta di entrare nella band, anche se quando l’occasione gli si ripresenterà in un futuro non troppo lontano, non si tirerà indietro di nuovo. Più proficui, invece, i contatti stabiliti con i Fiori di Campo, il cui chitarrista Marcello Todaro si unisce subito alla band, e con le Esperienze. Di quest’ultimo gruppo saranno in tre ad essere reclutati dal Banco: il cantante Francesco Di Giacomo (22 agosto 1947, Siniscola), il bassista Renato D’Angelo (11 agosto 1950, Roma) ed il batterista Pierluigi Calderoni (14 dicembre 1949, Roma; che entra nel gruppo dopo che per un breve periodo il ruolo di drummer era stato affidato a Mario Achilli). Con una line-up ormai assestata, il gruppo comincia ad andare alla ricerca di un’etichetta discografica, scrivendo contemporaneamente delle composizioni che potessero essere pubblicate su un LP. Dopo il rifiuto della RCA, il gruppo si presenta al Festival Pop di Novate Milanese e, grazie all’interesse dell’impresario Franco Mamone e del produttore Sandro Colombini, sono seguiti con interesse dalla Ricordi che li mette sotto contratto. Verso la fine dell’anno, così, il Banco del Mutuo Soccorso è negli studi della Ricordi a Milano per registrare il suo primo disco. Nel maggio del 1972 l’album omonimo del debutto viene pubblicato e mostra particolarità fin dalla copertina, che, con una buona dose di autoironia, ha la forma di salvadanaio con la classica apertura dove in un vero salvadanaio si introduce il denaro, dalla quale è possibile tirare fuori un cartoncino con le foto dei musicisti. Ma il contenuto musicale non è da meno quanto a sorprese. La proposta del Banco è infatti annoverabile in quella corrente di rock sinfonico che andava di moda in Gran Bretagna, eppure risulta assolutamente personale, evocativa e a tratti drammatica, grazie a composizioni di straordinario livello, in cui rock e tradizione classica si uniscono alla perfezione. Le tastiere ed il piano hanno un ruolo precipuo nella struttura complessa dei brani, che superano abbondantemente i “classici tre minuti”, fino a raggiungere una lunghezza ragguardevole nella spettacolare suite Il giardino del mago. E, a rendere ulteriormente “magico” il tutto, ci sono i testi poetici di Di Giacomo, lirici e ricchi di allegorie.

"… Ogni creatura del giardino del mago/ Vive tutto il suo tempo dentro un albero cavo/ C’è chi ride, chi geme/ Chi cavalca farfalle/ Chi conosce i futuri/ Chi comanda alle stelle come un re… Coi capelli sciolti al vento/ Io dirigo il tempo/ Il mio tempo/ Là negli spazi dove Morte non ha domini/ Dove l’amore varca i confini/ E il servo balla con il re/ Corona senza vanità/ Eterna è la strada che va” (Il giardino del mago) 

Insomma, il debutto del Banco fa scalpore, raggiunge anche il quinto posto delle classifiche di vendita ed è destinato a diventare una delle pietre miliari del rock progressivo italiano, grazie alla sua combinazione di fattori assolutamente esaltante. Il gruppo, però, così come tutti gli altri colleghi nel fremente movimento che si sta creando in Italia, non perde occasioni per esibirsi in concerto, partecipando ad importanti kermesse quali il Festival di Villa Pamphili a Roma (25, 26 e 27 maggio), al Festival di Musica d’Avanguardia e Nuove Tendenze al Foro Italico (giugno), iniziando anche una serie di concerti di supporto a celebri artisti britannici quali Curved Air, Colosseum e Rory Gallagher.

Questo momento di grandissima creatività è rimarcato dalle composizioni per un nuovo album che il gruppo ha già pronto alla fine dell’anno. Così, a pochi mesi di distanza dall’opera del debutto, esce Darwin!, un album meraviglioso che prosegue alla grande le idee messe in mostra dal precedente. E’ un disco a tema unico, che, prendendo spunto dalla teoria dell’evoluzione darwiniana, si basa sulla coscienza e sui sentimenti dell’uomo, nei momenti più importanti del suo sviluppo che lo porta a diventare l’essere più evoluto sulla Terra. La musica segue la scia del lavoro precedente, unendo musica classica e rock in brani eccezionali, costruiti con estrema fantasia. Ogni modo di sperimentare va bene, sia registrando il cigolio stridulo di un’asta di microfono arrugginita, sia sfruttando gli incredibili suoni che il moog è capace di offrire. A tutto ciò non si può sottacere ancora una volta l’impatto delle liriche di Francesco Di Giacomo, che risultano particolarmente ispirate. Dopo la pubblicazione del disco, c’è il primo cambiamento nella line-up, visto che Todaro viene rimpiazzato da Maltese (che occasionalmente suonerà anche la tromba), che, pur facendo parte del gruppo a tutti gli effetti e pur partecipando alle registrazioni del nuovo album, viene comunque accreditato solo come ospite.

Il terzo album, dal titolo Io sono nato libero, esce nel 1973 e riesce a mantenere elevatissimi i livelli musicali raggiunti dal Banco. Al disco partecipano come chitarristi sia Todaro che Maltese e si registra la presenza alle percussioni di Silvana Aliotta e Bruno Perosa. Raramente si è visto un gruppo capace di realizzare tre dischi di tale caratura uno dietro l’altro, all’inizio della carriera e in soli due anni. In effetti, questa trilogia, rappresenta uno dei punti più alti non solo del prog italiano, ma dell’intera scena mondiale, vista la qualità incredibile degli album. Ma il gruppo vuole continuare a sorprendere e a “progredire”, anche se non tutte le sue mirabolanti idee andranno in porto. Infatti, né la rappresentazione teatrale di Darwin!, né un progetto sulla vita di San Francesco D’Assisi, su cui il Banco lavora per tutto il 1974 e che doveva vedere la presenza di altri musicisti (il fiatista Elio D’Anna degli Osanna, il bassista Giovanni Tommaso del Perigeo ed il percussionista Toni Esposito), vedranno mai la luce. Le soddisfazioni arrivano ugualmente, infatti, dopo un interessamento della Warner Bros, la Manticore, casa discografica gestita dal celebre trio inglese Emerson, Lake & Palmer, dopo aver scritturato la Premiata Forneria Marconi, mette sotto contratto anche il Banco per promuoverlo all’estero. Greg Lake non perde occasione per tessere le lodi del gruppo (anche scrivendolo sul Melody Maker) e, grazie al contratto perfezionato a New York, Di Giacomo & co. registrano a Roma e in diversi studi londinesi un album in lingua inglese (con i testi curati da Marva Jan Marrow, futura collaboratrice della PFM), in cui sono presenti alcune composizioni dei primi tre album riarrangiate, più gli inediti L’albero del pane (cantato in italiano) e la strumentale Chorale (from Traccia’s theme). Intitolato semplicemente Banco, il quarto disco esce nel 1975 e viene presentato in un concerto al Teatro Malibran di Venezia (alla presenza di Keith Emerson), cui segue una tournée inglese decisamente apprezzata, che vede il gruppo fare tappa a Manchester, Nottingham, Dorchester, Liverpool e Londra (sede dei concerti finali alla Roundhouse e al Marquee).

Il 1976 vede il Banco impegnato in due progetti. Il primo è la realizzazione della colonna sonora del film socio-politico Garofano Rosso di Luigi Faccini, tratto dal romanzo di Elio Vittoriani. Il disco che ne scaturisce è interamente strumentale e, nonostante la mancanza della splendida voce di Di Giacomo, può essere considerato un esperimento riuscito. Ma nello stesso anno esce anche il nuovo album dal titolo Come in un’ultima cena, che conferma le grandi capacità del gruppo con una musica impregnata di romanticismo che, pur non raggiungendo i vertici dei primi tre capolavori, risulta meravigliosa. Di quest’album viene realizzata anche una versione in inglese, intitolata As a last supper, i cui testi sono curati da Angelo Branduardi che partecipa al disco anche in veste di musicista. Negli show dal vivo, il gruppo inizia anche ad offrire un ulteriore spettacolo, grazie alla collaborazione con la compagnia dei Danzatori Scalzi di Patrizia Cerroni, che inizia già nella data di presentazione del nuovo album al Midem di Cannes. Dopo quest’esperienza segue uno dei momenti più esaltanti e gratificanti della carriera del Banco, con un tour europeo in supporto ai grandi Gentle Giant, con i quali suonano in Germania, Olanda, Belgio e Svizzera. Si segnala, però, anche un nuovo progetto che non va a buon fine: si tratta della colonna sonora del film di fantascienza Starcrash, anche se alcuni dei brani realizzati per quest’occasione troveranno posto nel disco successivo.


 

Terminata l’avventura con la Manticore, il Banco inizia a questo punto il lavoro per la sua opera più ambiziosa: un altro disco strumentale, dalla struttura sinfonica, accompagnato da un’orchestra. La musica, scritta da Vittorio Nocenzi, è in effetti predisposta appositamente per un’orchestra, alla quale si unisce poi la strumentazione del gruppo rock. L’album … di terra, realizzato con l’ausilio dell’Orchestra del Conservatorio di Santa Cecilia diretta da Antonio Scarlato, è stupefacente! Drammatico, imponente e ricco di spunti originali, presenta una band che si dimostra capace di tutto. La prima della nuova opera viene eseguita a Roma a Villa Ada, sempre con l’ausilio dell’orchestra, servendosi dello stesso impianto di amplificazione utilizzato dai Pink Floyd. Un ulteriore riconoscimento avviene con il premio al Festival di Berlino come musica da balletto, grazie alle coreografie di Renato Greco e Maria Teresa Dal Medico.

Dopo l’esperienza di … di terra, Renato D’Angelo lascia la band e viene rimpiazzato da Gianni Colaiacomo (reduce da esperienze con Kaleidon, Raccomandat Ricevuta Ritorno, Loy e Altomare e Angelo Branduardi), che partecipa alla realizzazione dell’album Canto di primavera. Il nuovo lavoro esce nel 1979 e vede anche la presenza di due ospiti: il fiatista Luigi Cinque del Canzoniere del Lazio ed il percussionista George Aghedo. Si tratta di un LP che recupera la forma canzone e con cui il Banco semplifica leggermente le proprie composizioni, pur mantenendo elevati gli standard. Prosegue intensamente l’attività live e si segnala in particolar modo la partecipazione al concerto in omaggio a Demetrio Stratos all’Arena Civica di Milano. In genere, comunque, gli spettacoli di questo periodo, in cui il gruppo cerca di unire sapientemente musica e teatro sono corredati anche dalla presenza di trampolieri (mimi dell’Assemblea Teatro Torino) che sfilano tra il pubblico suscitando sorpresa e curiosità. Dalla registrazione di un altro concerto milanese, tenutosi al Capolinea Jazz Club, nasce anche un album dal vivo, realizzato nello stesso anno, dal titolo Capolinea, esperimento tuttavia poco riuscito a causa soprattutto di alcuni arrangiamenti fiatistici che danno una venatura funky che ben poco si addice alla musica del gruppo. In questo disco, alla line-up si aggiungono Dino D’Autorio al basso, Karl Potter alle percussioni e Beppe Cantarelli alla chitarra.

Il Banco si appresta a vivere i suoi anni ’80 che, come si sa, è stato il momento più difficile per i gruppi progressive reduci dai fasti del decennio precedente. Anche il Banco del Mutuo Soccorso subirà gli influssi negativi di questo periodo, orientandosi verso una musica più commerciale ed accessibile. Il primo cambiamento lo si ravvisa già nella denominazione, visto che il gruppo si presenta semplicemente come Banco, ma l’album Urgentissimo fa il resto, attraverso canzoni più vicine ad un rock semplice e privo di qualsiasi orpello sinfonico. La canzone Paolo pà diviene anche un hit di successo e ciò contribuisce a convincere la band a proseguire su questa strada. Così, nel 1981, esce Buone notizie che segue la falsariga del precedente lavoro. Un momento di soddisfazione è dato anche da un concerto tenuto a Cuba, in occasione del Festival Internacional de la Nueva Cancion.

A questo punto si segnala l’abbandono di Gianni Nocenzi, che, non convinto del percorso che il Banco sta seguendo si dedica ad una carriera solista che frutterà gli album Empusa (1988) e Soft Songs (1992), non lontani dalla new age. Orfano di uno dei suoi fondatori, il gruppo prosegue la sua carriera con Banco, disco realizzato nel 1983 che continua questa linea più commerciale intrapresa ormai con decisione. Dopo l’innesto del polistrumentista Gabriel Amato (ex collaboratore di Aretha Franklin), giunge dapprima il singolo Grande Joe, col quale il Banco partecipa anche al festival di Sanremo, e poi il nuovo lavoro … e via, che, nonostante la partecipazione di Gianni Nocenzi come ospite, risulta probabilmente il punto più basso della gloriosa carriera della band. Anche l’apporto di Anna Oxa, Mike Francis e Riccardo Cocciante non aiuta quest’album a raggiungere la sufficienza. La mancanza di idee è confermata da un lungo periodo di silenzio, nel quale, a parte alcune esperienze di Gianni e Vittorio Nocenzi nella realizzazione di sigle per film e telefilm (Turno di notte, Greggio e pericoloso, Colomba, Nella città perduta di Sarzana e Nudo di donna), vede la luce solo il progetto solista di Di Giacomo Non mettere le dita nel naso, in cui il cantante è accompagnato da Maltese, Calderoni, Cinzia Nocenzi (tastiere, sorella di Vittorio e Gianni), Tiziano Ricci (basso) e Pietro Letti (sax). Questo disco segna l’effettiva inaugurazione della Banco Factory, risultando il primo lavoro di un progetto più ampio che vede la realizzazione di una sorta di laboratorio a Genzano, curato da Vittorio Nocenzi e sede di studi di registrazione, aule e teatri. Sempre Di Giacomo realizza in coppia con Sam Moore il singolo Hey Joe, brano reso famoso da Jimi Hendrix, che sarà poi inserito nella ristampa in cd del suo disco solista. Nel 1989 anche Maltese prova a cimentarsi in un lavoro da solo, ma non riesce a realizzarlo, nonostante avesse già scelto come titolo Il gabbiano Jonathan. Alcuni brani che compone, però, saranno recuperati quando, qualche anno dopo, inizia la sua collaborazione con gli Indaco.

Si giunge stancamente agli anni ’90, ma qualcosa sta nuovamente cambiando: c’è un piccolo, ma rinnovato e incoraggiante interesse verso il rock di venti anni prima e nel 1990 viene pubblicato postumo il disco Donna Plautilla; inoltre, recuperata la sigla Banco del Mutuo Soccorso, il gruppo sembra trovare nuova energia e comincia a riproporre dal vivo i classici degli esordi. Il rock progressivo inizia ad avere nuovo vigore ed un minimo di ascoltatori mostra di gradire il recupero di certe sonorità. Il primo frutto di questo rinnovato interesse è Da qui messere si domina la valle, doppio cd con il quale il Banco del Mutuo Soccorso rielabora i suoi primi due album, con nuovi arrangiamenti ed un sound più moderno. Anche se la magia degli esordi è irraggiungibile l’esperimento è tutto sommato riuscito. Viene inoltre pubblicato dalla Mellow Records un disco dal vivo con un concerto del 1972, intitolato semplicemente Live, con una bellissima performance che vede anche la presenza di un brano inedito; peccato che la qualità audio sia scadente, perché il prodotto è molto interessante. Nel 1991 Di Giacomo e Maltese collaborano all’album Risonanze del tastierista Tony Carnevale (e parteciperanno anche al successivo La vita che grida), mentre nel 1992 è il chitarrista il più attivo, visto che inizia la sua collaborazione con gli Indaco, sorta di ensemble aperto dedito alla musica etnica e sperimentale e partecipa anche ad un disco dei new-progger Fancyfluid e al progetto dei Tetes De Bois che frutta gli album Se anche fosse amore e Pezzi di ricambio.

Nel 1993 esce l’antologia La storia, ma è tempo per un nuovo album del Banco e nel 1994 la EMI pubblica Il 13, cd che tuttavia tradisce le aspettative di chi auspicava un ritorno ai fasti passati, essendo essenzialmente composto da canzoni non troppo ispirate, nonostante qualche pezzo di ottima fattura. Il Banco inizia comunque un’intensissima attività live con Di Giacomo, Nocenzi e Maltese accompagnati da Maurizio Masi alla batteria, Filippo Marcheggiani alla seconda chitarra e Tiziano Ricci al basso. I concerti, tra i quali si segnala quello del festival Progressivamente tenutosi a Roma il 7 settembre 1996, sono molto apprezzati, visto che il Banco rispolvera vecchi classici e il gruppo si fa notare anche per la presenza al Premio Tenco. Proseguono anche le attività parallele di Maltese, che stavolta si segnala per la presenza al fianco di Mario Pio Mancini nell’album Flying with the Chakras. Bisogna aspettare il 1997 per vedere una nuova uscita discografica del Banco. Si punta su un nuovo disco dal vivo, Nudo, realizzato inizialmente per il solo mercato giapponese dalla King Records e contenente estratti di due concerti tenuti a Tokyo (il 25 e il 26 maggio all’On Air West). In seguito esce anche la versione definitiva per la EMI, un doppio cd che contiene anche l’inedito brano che dà il titolo al lavoro, suddiviso in tre parti, energico e ricco di ottimi spunti, mostra una band che ha ancora molto da dire. Molto bello comunque tutto l’album che all’esibizione giapponese ne affianca una acustica registrata a Roma. Le performance sono registrate splendidamente, la qualità del suono è ottima e la prestazione del gruppo è eccellente, con i brani più classici interpretati con classe immutata e grande vigore. L’attività live prosegue senza sosta con la partecipazione al Premio Darwin a Falzé di Trevignano (TV) il 15 marzo ed il Banco riesce anche a fare qualche apparizione televisiva. Esce anche Vento del deserto, il primo disco degli Indaco, ormai assestatisi con una formazione che vede oltre Maltese, anche Calderoni, Luca Barberini al basso, Arnaldo Vacca alle percussioni e Carlo Mezzanotte alle tastiere, con, in più, la presenza di ospiti del calibro di Mauro Pagani (violino, ex PFM) e Francesco Di Giacomo.

Il Banco suona ovunque: gira per tutta Italia, spesso coadiuvato da Pagani, fa nuovamente tappa in Giappone nel 1998 per dei concerti acustici e suona il 28 ed il 29 maggio del 1999 a Città del Messico. Da questi concerti viene realizzato un nuovo doppio cd dal vivo edito dalla Sol & Deneb, intitolato Live in Mexico, altra esibizione di grande classe. Da segnalare anche la partecipazione al secondo Prog Festival di Vigevano (presenti vecchi marpioni come i Jethro Tull, ma anche nuove leve come gli After Crying), mentre il 21 settembre, in occasione del Festival di Musica Sacra al Teatro Morlacchi di Perugina, il Banco offre una performance strepitosa che culmina nell’integrale riproposizione live di Darwin!. In questi concerti inizia la collaborazione in pianta stabile del fiatista Alessandro Papotto (membro della Periferia del Mondo e dei Nodo Gordiano). Altra esibizione da ricordare è quella della presenza alla Sagra dell’uva di Marino, in cui oltre al Banco, suonano vecchie glorie napoletane del prog italiano: Osanna e Napoli Centrale. Da un punto di vista discografico, invece, si segnalano la ristampa dell’album inglese Banco da parte della giapponese Victor e la realizzazione dell’album Amorgòs da parte degli Indaco, con nuovi ospiti di eccezione (oltre gli ormai consolidati Di Giacomo e Pagani, Lester Bowie, Vittorio Nocenzi, Andrea Parodi, Enzo Gragnaniello e Mario Rivera). Il 2000 vede ancora il Banco in giro per il mondo: un anteprima di alcuni brani dell’album solista Movimenti di Vittorio Nocenzi è offerta a Buenos Aires e a Montevideo; c’è poi la partecipazione al Progfest di Los Angeles, una nuova esibizione a Città del Messico e la presenza come star principale al Rio Art Rock Festival di Rio de Janeiro. Esce anche un live degli Indaco, dal titolo Spezie. Nel 2001 il Banco vola nuovamente in America, dapprima per partecipare ad un’altra kermesse progressiva: il Nearfest, che si svolge a Bethlehem, e poi per un altro concerto a Panama City. In patria, invece, il gruppo preferisce le esibizioni acustiche, alle quali partecipano spesso anche Eugenio Finardi e gli Elettrojoyce (e, di tanto in tanto, anche Mauro Pagani). Nello stesso anno, Di Giacomo partecipa all’album O Fado, disco realizzato insieme a Finardi e contenente rielaborazioni in italiano di brani di fado. 

Il 2002 è l’anno in cui il Banco del Mutuo Soccorso festeggia i suoi 30 anni e se sonnecchia da un punto di vista discografico, la band continua a dare spettacolo con splendide esibizioni dal vivo. Dapprima, però, c’è l’uscita di Movimenti, primo album solista di Vittorio Nocenzi, strumentale, corredato da un libretto di poesie di Alda Merini. Disco interessante, anche se da un artista eccezionale del calibro di Nocenzi, ci si aspetterebbe di più. Il tastierista è anche impegnato in un progetto di diffusione di musica nelle scuole, denominato Le chiavi segrete della musica. Il primo maggio il Banco si esibisce a Roma al Festival del 1° maggio, con ospiti John De Leo (voce dei Quintorigo), Morgan (dei Bluvertigo) ed Elettrojoyce. L’esecuzione di R.I.P. e di Non mi rompete è solo un preludio agli splendidi concerti organizzati per celebrare i trent’anni(della tappa salernitana trovate un articolo sul Rotters’ Club nella sezione Recensione concerti di Musical Box), tra i quali si segnala in particolar modo quello tenuto all’ippodromo di Capannelle di Roma, dove sul palco i musicisti sono raggiunti da Gianni Nocenzi e Pierluigi Calderoni, oltre che da Indaco, membri dei Tiromancino, Viola Nocenzi e, nuovamente, da Morgan ed Elettrojoyce. L’evento viene registrato e parte del concerto appare nel 2003 sull’album No Palco, pubblicato nel mese di ottobre dalla Sony ed ennesima testimonianza della grandezza del Banco.

 

DISCOGRAFIA

 

Banco del Mutuo Soccorso(1972)
Dopo alcuni suoni elettronici, il disco inizia con una musica medievaleggiante guidata dal clarinetto, ideale accompagnamento del testo recitato da Vittorio Nocenzi: “Lascia lente le briglie del tuo Ippogrifo, o Astolfo/Sfrena il tuo volo dove più ferve l’opera dell’uomo/Però non ingannarmi con false immagini/Ma lascia che io veda le verità/E possa poi toccare il giusto”, a cui segue la replica di Di Giacomo che inizia con la celebre frase: “Da qui, messere, si domina la valle…”. Si capisce subito che il disco ha qualcosa di speciale, di magico… E la magia prosegue, dopo questa breve introduzione dal titolo In volo, con R.I.P., uno dei brani simbolo del Banco, che inizia rapida, veloce e aggressiva, descrivendo le gesta eroiche di un cavaliere al suono di chitarre e tastiere e attraverso l’incantevole voce del cantante. Dopo tre minuti e mezzo c’è una brusca interruzione; il brano si fa splendidamente melodico, intenso e malinconico, guidato dal piano e poi nuovamente dalla commovente interpretazione di Di Giacomo per la descrizione della morte del cavaliere, finale elegiaco, drammatico e spettacolare di una canzone travolgente e toccante allo stesso tempo e sotto ogni punto di vista. Dopo questo brano si odono in lontananza dapprima i passi e poi la voce di Vittorio Nocenzi che intona una dolce melodia, ripresa poi all’organo per una quarantina di secondi; è ancora magia, anche se breve, un'altra dimostrazione di classe assoluta; è Passaggio. E dalla melodia più intensa, si passa ad uno sfrenato rock sinfonico con Metamorfosi. Una lunga parentesi strumentale in cui tastiere, piano, chitarra si inseguono e si intrecciano tra numerosi cambi di tempo e di atmosfera per circa otto minuti e mezzo, prima di un finale cantato che mantiene intatta l’energia accumulata fino a quel momento e che si protrae fino a far sfiorare al brano gli undici minuti. Siamo agli albori del prog italiano ed il Banco del Mutuo Soccorso fa subito capire che ha dalla sua doti eccezionali, ma le sorprese non sono ancora finite. Infatti, l’album c ontinua a regalare meraviglie con la lunga suite Il giardino del mago, che nei suoi oltre diciotto minuti offre altri spunti poetici, sia nelle liriche incantevoli e ricche di allegorie, sia nella musica, carica di pathos, sentimento, teatralità, melodia, fantasia e cambi d’umore, passando da delicati frangenti di solo piano a impetuosi momenti d’insieme. Il finale è affidato ad una marcia strumentale, intitolata Traccia, travolgente ed ideale suggello delle esibizioni dal vivo del gruppo, che offre all’ascoltatore altri due intensi minuti di classe sopraffina. Disco praticamente perfetto, caratterizzato da profondo lirismo, con influenze classicheggianti e derivanti sì dal rock sinfonico d’Oltremanica, ma convogliate in uno stile unico, personalissimo, “italiano”. Una proposta che attira subito l’attenzione verso un gruppo speciale, che al suo esordio discografico sforna subito uno di quei capolavori assoluti che restano indimenticabili.

Darwin! (1972)
Ad un capolavoro, il Banco riesce a farne seguire immediatamente un altro, grazie alla realizzazione di questo concept-album. L’evoluzione apre il disco e si caratterizza per i numerosi cambi di umore, tra i quali il gruppo riesce ad amalgamare un suono molto ricco, dominato dalle tastiere, ma nel quale si susseguono gli impasti elettro-acustici con il pianoforte e con le chitarre. Dopo i primi quattro minuti in sordina, con suoni misurati ed un cantato melodioso, inizia un’accelerazione che velocizza notevolmente la canzone e lo stesso Di Giacomo non si tira indietro col suo apporto vocale. In questo frangente molto intenso, Vittorio Nocenzi dà un saggio di bravura, con continue invenzioni alle tastiere, sfruttandone gli svariati timbri elettrici. Un breve rallentamento verso gli otto minuti offre un momento atmosferico, ma prontamente c’è un nuovo crescendo strumentale che conduce alla ripresa del tema cantato principale, a cui segue un intermezzo melodico dal gusto barocco affidato a piano e tastiere, per andare a concludere con una nuova parte cantata ed un finale d’insieme, in cui sono ancora le tastiere a brillare. Inizio strepitoso, ma il seguito non è da meno: La conquista della posizione eretta è un meraviglioso brano aperto da tastiere molto enfatiche, quasi alla ELP. La lunga parte strumentale iniziale mostra la continua ricerca sonora del gruppo ed in particolare di Vittorio Nocenzi, che fa ascoltare l’incredibile gamma di suoni che possono scaturire dalle sue tastiere. Dopo circa sei minuti inizia la parte cantata e Di Giacomo ci offre attimi di rara bellezza e drammaticità con le liriche appassionate e la sua magnifica voce. Il lato B del disco si apre con un brano strumentale più leggero, ma non meno affascinante: La danza dei grandi rettili è un gioiello di sensibilità che offre elegantissimi dialoghi tra piano, tastiere e chitarra. Segue Cento mani e cento occhi, travolgente ed infuocato inno caratterizzato da un sound graffiante e da ritmiche molto vivaci. E le emozioni sembrano non finire mai con l’intensissima e dolce ballata 750.000 anni fa… l’amore? con linee melodiche di piano e voce che sono entrate nella storia. Miserere alla storia inizia con un’allegra marcetta in stile Traccia, per poi farsi melodica e vagamente jazzata, prima di arrivare al cantato recitato e di riprendere nuovamente i temi posti all’inizio del brano. Si giunge al termine del LP con Ed ora io domando tempo al tempo ed egli mi risponde… non ne ho!, canzone aperta dal rumore di un sinistro cigolio e da dissonanze, ma che prosegue con melodie da cantastorie medievale. Che dire di questo lavoro? Amato dai giapponesi e considerato tra i migliori album della storia da fior di intenditori per merito degli straordinari contenuti musicali, della ricchezza di temi e della sperimentazione sinfonica, è senz’altro una pietra miliare del progressive non solo italiano. Il Banco del Mutuo Soccorso, in pochi mesi, è riuscito a creare due album che sono entrati nella storia… 

Io sono nato libero (1973)
I livelli elevatissimi raggiunti con i precedenti album sono decisamente mantenuti anche da Io sono nato libero e gli oltre quindici minuti di Canto nomade per un prigioniero politico, posta in apertura del lavoro, stanno lì a dimostrarlo subito. L’inizio romantico e lirico si trasforma ben presto in un rock sinfonico di grande qualità, fenomenale nella sua eleganza formale ed impreziosito da un testo dalla bellezza impressionante. I numerosi cambi d’umore permettono di ascoltare intrecci strumentali di strabiliante agilità, trionfali aperture tastieristiche, commoventi motivi acustici guidati dalla chitarra, struggenti melodie vocali, frangenti dissonanti, spunti jazzati e vivaci momenti percussivi. Dopo questa meravigliosa composizione si passa ad un brano più semplice, più vicino alla forma canzone e caratterizzato dall’andamento acustico; si tratta della dolce ballata Non mi rompete, che diventa ben presto uno dei cavalli di battaglia del gruppo. La città sottile è accreditata al solo Gianni Nocenzi, che incanta col suo piano passando indifferentemente dal versante classicheggiante a quello jazzistico. Non ci sarebbe bisogno di rimarcarlo, ma anche in quest’occasione si segnala un’altra grande interpretazione vocale di Di Giacomo. Dopo… niente è più lo stesso è una straordinaria composizione di quasi dieci minuti in cui i musicisti regalano meraviglie, grazie ad infuocati passaggi strumentali alternati a cadenze più riflessive. A conclusione del disco troviamo Traccia II ideale prosecuzione del discorso intrapreso con Traccia e Miserere alla storia. Ancora un lavoro fantastico dopo i due stupendi album dell’anno precedente. Pochissimi gruppi al mondo possono vantare un esordio così folgorante come quello del Banco del Mutuo Soccorso, caratterizzato da un trittico di opere da annoverare tra i più fantastici esempi di progressive sinfonico.

Banco (1975)
E giunge l’album in inglese per tentare la carta estera… Metamorphosis (Metamorfosi), Outside (R.I.P.), Leave me alone (Non mi rompete), Nothing’s the same (Dopo… niente è più lo stesso), Traccia II sono splendidi brani che non fanno altro che confermare la grandezza della musica del Banco. Le traduzioni dei testi in inglese fanno perdere un po’ quella liricità tutta italiana del gruppo e i nuovi arrangiamenti non raggiungono la perfezione degli originali, ma stiamo parlando comunque di composizioni di livello assolutamente straordinario. Ci sono anche due inediti, posti in apertura dell’LP: la strumentale Chorale (from Traccia’s theme), che, come fa intuire il titolo, è un tema estrapolato da Traccia, e L’albero del pane, unico brano cantato in italiano, caratterizzato dall’incedere deciso ed elegante allo stesso tempo. Album costruito, quindi, su basi solidissime e che non può non soddisfare le esigenze degli amanti del gruppo.

Garofano Rosso (1976)
Colonna sonora di un film, Garofano rosso è un buon disco strumentale, in cui il Banco si cimenta in un rock sinfonico di discreto spessore. L’assenza dei testi mostra una struttura musicale che si avvicina maggiormente, rispetto agli LP precedenti, al progressive d’Oltremanica, con le tastiere indubbiamente protagoniste. Zobeida posta in apertura del lavoro, è una breve canzone i cui toni solenni, ma non ridondanti, sono molto affascinanti e, oltre a rappresentare uno degli spunti migliori, è anche una perfetta sintesi del contenuto dell’album. I fratelli Nocenzi possono far sfoggio della loro abilità in questa e nelle altre 11 composizioni, che si mantengono sempre vicine ad uno stile classicheggiante e con qualche aria medievale (Quasi saltarello), anche se qua e là si intravede qualche spunto più dissonante. Tastiere e piano creano melodie vagamente malinconiche su ritmiche compassate e solo di rado veloci, facendo intravedere ogni tanto l’ombra di Keith Emerson. Minor spazio per la chitarra anche se nei momenti in cui interviene c’è grande emozione (la semi-acustica Esterno notte (casa di Giovanna)). Esperimento riuscito, anche se alla lunga si avverte l’assenza di Di Giacomo.

Come in un'ultima cena (1976)
Come in un’ultima cena conferma la grande raffinatezza della musica del Banco: già l’incipit … a cena, per esempio si caratterizza per un’apertura dai tratti medievali ed un prosieguo che mostra cambi d’umore e di ritmo improvvisi, passaggi non distanti dal jazz e momenti di grande poesia. Il ragno è un rock abbastanza tirato che è tutt’oggi uno dei momenti più attesi dei concerti e, quasi a controbilanciare la situazione, è seguito dalla dolcezza melodica di E’ così buono Giovanni, ma…, in cui piano, chitarra acustica e fiati, insieme alla straordinaria voce di Di Giacomo, regalano emozioni. Slogan sfodera un rock sinfonico di gran levatura e Vittorio Nocenzi può fare ancora una volta sfoggio della sua immensa classe offrendo passaggi tastieristici di eccezionale bellezza che vanno a legarsi magnificamente con il piano e la chitarra. Anche in questa occasione gli sconvolgimenti ritmici si sprecano e si passa, così, da frangenti di grande delicatezza ad altri più impetuosi. Uno dei top dell'album, momento di straordinaria bellezza, è rappresentato da Si dice che i delfini parlino, brano di enorme spessore aperto da intarsi piano-violino-tastiere che sfociano poi in un’apertura ariosa, grazie alla quale Di Giacomo può esibirsi in stupende melodie vocali. Il gruppo mostra in questa occasione una straordinaria coesione, alternando momenti epici ad altri più morbidi e leggiadri. Voilà Mida (il guaritore) parte con il solo piano che ci porta in sentieri classici, ma ben presto l’entrata della sezione ritmica e delle tastiere movimenta le cose e si affronta una sezione vagamente sperimentale che si tramuta poi nel più classico rock sinfonico banchiano. I due minuti di Quando la buona gente dice rappresentano un piccolo frammento energico e coinvolgente, mentre La notte è piena è una dolcissima ballata, in cui vengono prediletti suoni acustici della chitarra, del violino e del piano e si riassaporano sensazioni medievali. A concludere il disco troviamo Fino alla mia porta, simpatica marcia che nel finale si fa più delicata. Non si può parlare di capolavoro assoluto, visto che non siamo ai livelli dei precedenti lavori, ma anche Come in un’ultima cena è un album ottimo e rappresenta un altro momento importante della splendida carriera del Banco del Mutuo Soccorso.

 

As in a last supper (1976)
La versione inglese di Come in un’ultima cena non presenta sostanziali differenze rispetto al disco italiano. Gli arrangiamenti sono gli stessi e cambiano solo i testi, che rendono il tutto un po’ meno “mediterraneo”.

 

 

 

... di terra (1978)
L’esperimento orchestrale del Banco del Mutuo Soccorso è un magnifico album strumentale, in cui il gruppo si muove agevolmente tra la musica sinfonica e quella d’avanguardia. Difficile parlare di rock per un lavoro di questo tipo, intriso di pathos, lirismo, passione e caratterizzato da una dinamica imprevedibile ed affascinante. Bei momenti solistici di piano, si contrappongono a situazioni d’insieme maestose e mai pacchiane, nelle quali la coesione tra orchestra e gruppo è praticamente perfetta. Nel 1978 un disco del genere sorprese non poco, lasciando interdetti molti appassionati, ma non si può negare che … di terra sia opera riuscitissima, che merita un posto di rilievo nella discografia del gruppo ed ennesima dimostrazione delle incredibili capacità di questi musicisti. Certo, manca la voce di Di Giacomo (autore dei titoli dei brani, che uniti formano la frase Nel cielo e nelle altre cose mute terramare, non senza dolore io vivo né più di un albero non meno di una stella nei suoni e nei silenzi di terra), ma proprio il fatto che non si avverta più di tanto questa assenza è un’ulteriore conferma della straordinaria qualità di questo disco.

Canto di primavera (1979)
Canto di primavera accentua ulteriormente la tendenza alla forma canzone che si era intravista in Come in un’ultima cena, ma le composizioni del gruppo restano raffinatissime, a partire dal brano di apertura Ciclo, un rock sinfonico con inflessioni tipicamente latine e con un crescendo strumentale che regala emozioni per merito di piano, tastiere e fiati. La title-track è solare, splendidamente interpretata da Di Giacomo, e conferma l’abilità del gruppo a creare melodie mediterranee di grande efficacia. Sono la bestia è abbastanza intensa e si sviluppa su ritmi decisi, con una grande prova dei musicisti che intrecciano alla grande note di tastiere, chitarra e fiati. Segue Niente che è però meno convincente col suo pop atmosferico; di tutt’altro spessore E mi viene da pensare, circa tre minuti di delicatissime ed eleganti melodie pianistiche e vocali. Interno città è la canzone più lunga dell’album con i suoi sei minuti e mezzo, delizioso tassello con cui il Banco mostra per l’ennesima volta la grande raffinatezza della propria musica, coniugando alla grande la tecnica dei Nocenzi ed il lirismo di Di Giacomo, alternando situazioni strumentali in cui vengono a galla i classici impasti elettroacustici e parti cantate suggestive e romantiche. Altro momento emozionante e seducente è Lungo il margine, vagamente malinconica con le sue melodie da brivido. A conclusione del lavoro troviamo Circobanda, allegro strumentale, una sorta di marcia che riprende il tema di Ciclo. Un disco non spettacolare come i precedenti, ma che affascina grazie a brani riusciti e coinvolgenti, composti e suonati con grazia, passione ed abilità.

Capolinea (1979)
Il primo live album della storia del Banco non mostra appieno le grandi qualità della band, quell’eleganza e quella raffinatezza compositiva manifestata fino ad ora. La scaletta è ottima: Il ragno, Canto di primavera, 750.000 anni fa… l’amore, Capolinea (ripresa in due parti del tema principale di Fino alla mia porta), R.I.P., Garofano rosso, Non mi rompete. Ma le buone esecuzioni sono rovinate da arrangiamenti e sovraincisioni tutt’altro che convincenti, soprattutto quando si ascoltano la sezione ritmica ed i fiati che sommergono di un inutile funky grandi composizioni che meriterebbero, invece, ben altri “abbellimenti” e trattamenti (ascoltare l’orribile versione di R.I.P.; un vero scempio farle perdere tutta la sua drammaticità originaria). In fin dei conti, Capolinea è una delusione, pericoloso segnale di cedimento che sarà confermato dai seguenti lavori; ritengo che sia molto meglio ascoltare i dischi dal vivo usciti negli ultimi anni.

Urgentissimo (1980)
Le semplificazioni nelle composizioni, finora solamente accennate, raggiungono l’apice in Urgentissimo, un album caratterizzato da un rock più diretto e meno lirico. Questi nuovi umori sono accentuati in alcuni brani ideali per passaggi radiofonici (Paolo pà, Ma che idea), ma che scarsa attrattiva hanno per gli appassionati di progressive. Abbandonati del tutto gli arrangiamenti orchestrali del passato, i musicisti dialogano in maniera più snella, i timbri di tastiere si fanno più moderni (e freddi) e la chitarra è più aggressiva. Alcuni spunti di qualche interesse (Senza riguardo, Felice, vagamente jazzata, e la strumentale Il cielo sta in alto) non bastano a salvare un album col quale inizia un periodo di scarsa vena per il gruppo.

 

Buone notizie (1981)
Buone notizie non fa altro che confermare la tendenza espressa col precedente album ed offre un pop-rock di ben poco interesse e al passo con i tempi. Ormai lontani gli echi poetici dei primi lavori, i musicisti sembrano davvero voler dare un taglio netto col passato e si concentrano su canzoni di durata contenuta, con melodie facilmente orecchiabili e solos brevi, dalle tracce funky e tutt’altro che complicati. Poco o nulla da salvare per un Banco che sembra aver del tutto smarrito la propria personalità in un disco assolutamente anonimo.

 

Banco (1983)
Non ci voleva molto, ma quest’album segna un netto miglioramento qualitativo rispetto al precedente. Nulla di realmente eclatante, ma la presenza di alcuni brani proposti con un certo buon gusto rende l’ascolto di Banco abbastanza interessante. Lo stile si mantiene sul pop-rock degli ultimi anni e non mancano episodi leggerini e di scarso interesse, ma alcune canzoni meritano attenzione: Lontano da, pop dalle belle melodie, la delicata Pioverà, Moyo ukoye, in parte pop elettronico, in parte canzone d’atmosfera, la strumentale Traccia III, breve e fugace, ma gustoso ritorno al passato e la stessa Moby Dick, semplice ed orecchiabile, eppure ben congeniata e gradevole all’orecchio.

 

 

... e via (1985)
L’ultimo lavoro del Banco degli anni ’80 non presenta particolari spunti d’interesse. Quelle buone idee mostrate a sprazzi nel precedente album scompaiono del tutto e … e via mostra tutta la sua debolezza in otto brani di impatto praticamente nullo con il loro pop-rock moderno, all’acqua di rose e persino ballabile, che alla fine risulta non poco irritante. Un gruppo irriconoscibile che mostra uno spaventoso calo qualitativo.

 

 

Da qui messere si domina la valle (1991)
Il Banco inizia gli anni ’90 con un netto ritorno al passato. Con questo lavoro, infatti, il gruppo si cimenta in una nuova registrazione dei suoi primi due album, risuonati e riarrangiati. La tecnologia moderna permette un miglioramento della qualità audio, ma migliorare composizioni già perfette è praticamente impossibile. Tuttavia, anche nei nuovi arrangiamenti i due capolavori della band si ascoltano con estremo piacere: il tocco di Nocenzi è sempre magico, la voce di Di Giacomo non ha perso smalto e R.I.P., Metamorfosi, La conquista della posizione eretta, 750.000 anni fa… l’amore, ecc. mantengono intatto il loro fascino. Il Banco del Mutuo Soccorso riesce a dare nuova luce ai suoi primi gioielli, rispettandone l’originale essenza e senza sconvolgerne i contenuti, trovando, così, il modo per dire che a distanza di venti anni dagli esordi è ancora vivo, vegeto e desideroso di incantare di nuovo.

 

 

Live (1993)
Disco che immortala il Banco degli esordi dal vivo. Nonostante una prestazione ottima ed una scaletta eccellente, con tanto di lunghissima improvvisazione inedita (i quasi dodici minuti di Polifonia) ed alcune delle sue composizione più classiche, si deve riscontrare una qualità audio purtroppo molto scadente, al livello di un bootleg mediocre. Solo per completisti.

 

  

 Il 13 (1994)
Dopo la riproposizione dei primi due dischi, chi, col nuovo “vero” album in studio, si aspettava un ritorno alle origini, è destinato a rimanere deluso. Il 13 è un lavoro contenente soprattutto brani pop-rock sempliciotti ed orecchiabili quasi del tutto privi di attrattiva. Il rock robusto e a tratti ossessivo di Sirene, Brivido, Spudorata (pi-ppò) (quest’ultima rasenta addirittura il ridicolo), Tremila, Mister Rabbit e Magari che non convince per nulla, risultando a tratti persino fastidioso. Rimani fuori cerca di ripercorrere, senza riuscirci, le orme di Non mi rompete, mentre momenti piacevoli si possono avvertire invece con le più melodiche Guardami le spalle (sufficientemente malinconica), Anche Dio (contraddistinta da gradevoli combinazioni di chitarra e tastiere) e le dolci ballate Bambino e Tirami una rete, che restano comunque orientate verso un pop raffinato aggraziato e poco più. Soltanto l’atmosferica introduzione di Dove non arrivano gli occhi, le magie strumentali di Emiliano e la conclusiva e pianistica Bisbigli, erede dello storico Passaggio, mostrano quella classe che avrebbe dovuto pervadere l’intero album e che invece si riscontra in pochi frangenti. Peccato non aver osato di più…

Nudo (1997)
Che il Banco sia in grado di regalare ancora emozioni è dimostrato dall’inedita composizione Nudo, suddivisa in tre tracce, per un totale di circa quindici minuti, che dà il titolo al nuovo lavoro e che si presenta abbastanza aggressiva dando nuovo vigore al sound del gruppo. Per il resto si tratta di un doppio album dal vivo, con date registrate sia in Giappone che in Italia. Il primo dischetto, oltre a Nudo, offre alcuni dei brani simbolo del Banco in versione acustica (piano, due chitarre e voci). E mi viene da pensare, R.I.P., Il ragno, Emiliano, L’evoluzione e 750.000 anni fa… l’amore sono eseguite magistralmente ed anche unplugged non perdono minimamente la raffinatezza originale. Il secondo cd raccoglie invece esecuzioni più classiche di La conquista della posizione eretta, Metamorfosi, Guardami le spalle, Bisbigli, Passaggio, un breve estratto da Il giardino del mago, Traccia, Non mi rompete, più uno spettacolare strumentale, intitolato Roma/Tokyo, in cui la band mostra le sue grandi capacità tecniche. Dopo il passo falso de Il 13, ecco un album convincente e ben registrato per due ore di musica in grandissimo stile.

En concierto Mexico (2000)
Uscito per l’etichetta messicana Sol & Deneb e registrato nel 1999 a Città del Messico, quest’altro doppio cd dal vivo è una testimonianza significativa delle capacità concertistiche del Banco. Persino brani tutt’altro che rilevanti come Brivido, Sirene e Moby Dick sono eseguiti con piglio vivace e giusto mordente, acquistando una veste decisamente gradevole. Chiaramente, poi, i pezzi da novanta risultano i più classici Il ragno, R.I.P., La conquista della posizione eretta, L’evoluzione e Traccia. A completare la discreta scaletta ci sono la delicatissima accoppiata Bisbigli & passaggio e, inoltre, E mi viene da pensare, Canto di primavera, Roma/Tokyo e Lontano da. La prestazione assolutamente maiuscola dei musicisti rende quest’album un gioiellino tutto da gustare.

 

No palco (2003)
Mentre tutti i fan aspettano un nuovo disco in studio, No palco cattura una parte del concerto del trentennale tenutosi a Roma nel 2002 ed offre settantaquattro minuti di grande musica in cui si pesca dall’ampia produzione del gruppo. Certo, si trattava di un’occasione speciale; l’album è molto bello, presenta la solita ottima scaletta, si lascia ascoltare con indubbio piacere e dimostra ancora una volta l’immensa classe del Banco, ma essendo il terzo disco dal vivo in pochi anni non aggiunge nulla di particolare a quanto fatto finora dal gruppo. Peccato, inoltre, non aver pubblicato l’intero concerto romano, visto che sono stati lasciati fuori numerosi grandi brani di quell'esibizione.


 

Peppe
Febbraio 2004

Ultimo aggiornamento (Domenica 25 Ottobre 2009 22:03)