Gli anni '80 rappresentano l'epoca della decadenza. Il prog è dimenticato, archiviato, fuori moda, la disco music insieme alla new wave è la musica imperante del periodo, che sommerge e omogeneizza un po' tutto.
I grandi del prog producono opere a dir poco imbarazzanti. In Italia, Le Orme (con "Venerdì"), PFM (con "Suonare Suonare", "Come ti va in riva alla città", "Miss Baker"), Banco (con "Banco", "Urgentissimo", "Buone notizie", "...e via") non fanno che piegarsi alle regole di mercato, mostrando una stanchezza compositiva e tutta la crisi di un genere che era stato il protagonista dal '70 al '77. All'estero le cose non vanno diversamente, i Genesis cambiano con "Abacab", "Genesis" e "Invisible Tuch", dischi con solo qualche episodio interessante ma, sicuramente, dischi di compromesso.
Gli Yes realizzano un bell'album all'inizio degli anni '80, "Drama", per poi perdersi in soluzioni (e successi) più commerciali con "90125", album lontano dal discorso intrapreso negli anni '70.
Bisognerebbe, inoltre, parlare dei lavori solistici dei membri dei Genesis per capire come i grandi del "
rock sinfonico" abbiano ormai abbandonato la strada della sperimentazione e dell'evoluzione, elemento fondante del prog.
In particolare, "Face Value" di Phil Collins non fa altro che consegnare il batterista dei Genesis al gotha dei compositori pop. Solo
Steve Hackett e Anthony Phillips continuano risolutamente per la loro strada incuranti delle mode e realizzando alcuni ottimi lavori.
Tuttavia, in Gran Bretagna cominciano a formarsi delle band che con caparbietà e, bisogna dirlo, con coraggio e contro ogni regola commerciale provano a recuperare e a continuare il discorso interrotto dai grandi nel '77.
Nasce così il movimento "
new progressive" che, sebbene limitato al prog sinfonico, tenta di riguadagnare e rinsaldare le fila dei 'disperati' amanti del genere. Grazie a gruppi come Marillion, iQ, Twelfth Night, Pallas, Pendragon, il prog è riuscito ad arrivare fino ai giorni nostri. Certamente questi gruppi, insieme a numerosissimi altri, hanno fatto in modo che si mantenesse vivo un seppur tenue interesse dei media sul fenomeno prog.
Soprattutto i Marillion raccolgono un discreto successo, e forse non è un caso, a meglio interiorizzare la lezione dei loro ispiratori (Genesis e Camel in primis).
I buoni riscontri dei Marillion permisero, quindi, un certo sviluppo della corrente new prog e furono tantissimi i gruppi, oltre quelli citati, ad addentrarsi nei territori tracciati da Fish & co.
Tuttavia, nel giro di pochi anni, questo successo si rivelò effimero, in quanto non bastò l'hit-single "Kayleigh" a portare alla ribalta i Marillion.
Nonostante ciò, il new progressive continuò a fare proseliti e, seppur senza mai ritornare né ai fasti del passato né alla breve stagione di fortuna marillioniana, un incredibile circuito sotterraneo ha contribuito ad alimentarlo, negli anni, con un notevole numero di band ed album che finiranno nelle mani dei pochi appassionati che ancora mostrano la voglia di approfondire le conoscenze di questo genere ormai di nicchia. Il new prog è stato, ed è, senz'altro il genere più inflazionato, i cui prodotti attirano facilmente il "progster medio" il quale ama certi suoni legati a gruppi come Genesis, Camel e Pink Floyd. Negli anni '80 era un movimento tipicamente britannico, che solo in seguito si è diffuso all'estero.
Dunque, ribadiamo, il new prog ha avuto il grande pregio di tenere a galla un progressive ferito quasi mortalmente, e lo ha fatto puntando sul recupero di strutture e timbriche tipiche del rock sinfonico settantiano. Le proposte più interessanti mantengono tuttora un discreto fascino, specie per gli amanti di certe sonorità, ma a lungo andare le esasperazioni hanno condotto ad una riproposizione superflua di tale sound, al punto che spesso viene utilizzato il termine "regressive".
Ma bisogna anche dire che negli anni '80 non si è vissuto di solo new prog. In questa decade un ruolo fondamentale fu giocato dai giapponesi. In Giappone, da sempre terra di appassionati del progressive, si verificarono due situazioni importanti: innanzitutto ci fu la riscoperta di opere degli anni '70 spesso passate inosservate; in particolare, i nipponici si mostrarono interessati al prog italiano (e questo dato di fatto sarà fondamentale per la "rinascita" del genere negli anni '90); inoltre, si creò un vastissimo movimento progressivo fatto di numerose band che mantennero vivo l'interesse dei più attenti appassionati. I gruppi giapponesi erano soprattutto stimolati a riproporre il lato più sinfonico del progressive, enfatizzando al massimo le esperienze di ELP, con tastiere superprotagoniste, suonate magari da veri e propri virtuosi che in non poche occasioni hanno anche ecceduto troppo nel voler mostrare a tutti i costi la loro abilità tecnica (in questa schiera si possono individuare Novela, Gerard, Pale Acute Moon, Social Tension, Vienna, Pazzo Fanfano di Musica, Teru's Symphonia, Bellaphon).
Altre band predilessero un prog più romantico, con diverse influenze dettate dal rock progressivo italiano (come Outer Limits, Mugen, Midas, Magdalena, Pageant, Vermillion Sands, Asturias, Deja Vu).
Non mancarono, in ogni caso, escursioni in territori più arditi che possono riportare a certo jazz rock canterburiano, a certa fusion e a spigolosità di matrice crimsoniana (Ain Soph, Kenso, Mongol, Bi Kyo Ran).
Ma, tirando le somme, si può affermare che in un'epoca in cui il prog ha perso visibilità gli unici ad ottenere un sia pur breve successo sono i seguaci del new prog, per cui la situazione non è davvero rosea. Il mercato offre meno prodotti rispetto al passato e solo raramente questi sono di qualità; si va sempre più verso una nicchia costituita da pochissimi appassionati.
In questo panorama abbastanza desolante si pongono in evidenza, comunque, alcune realtà interessanti: i francesi Dun (il cui album "Eros" è un connubio elegante di "
Zeuhl" e RIO, con qualche incursione romantica), Uppsala (jazz rock prepotente nell'omonimo album) e Emeraude (con "Geoffroy", album sinfonico, elegiaco e di grande eleganza), gli svedesi Isildurs Bane e Kultivator (questi ultimi autori di un favoloso album, "Barndomens stigar", in cui, tra qualche accenno ai King Crimson e qualche recupero canterburiano, si mostrano personalissimi), i canadesi Miriodor (che riprendono sonorità care ai canterburiani), gli ungheresi Solaris (autori di un bellissimo album strumentale, "Marsbeli Kronikak", dove prog sinfonico e suoni elettronici si fondono splendidamente), gli inglesi Enid (che continuano la loro personalissima strada che segue il classicismo romantico), gli olandesi Flairck (che regalano bei dischi in cui si riscontra un elegante e divertente mix di musica classica, folk e prog).
Si iniziano ad affacciare alla ribalta anche i francesi Minimum Vital, che saranno però protagonisti di ottimi album soprattutto nel decennio successivo. Non mancano belle realtà dal Sudamerica: Bacamarte, Pablo el Enterrador, Equilibrio Vital sono solo alcuni dei nomi che propongono ottimi album.
Ruggisce ancora qualche vecchio leone: i Camel realizzano due album di discreta fattura ("Nude" e "Stationary traveller") ed uno appena sufficiente ("The single factor"); i
Jethro Tull offrono il peggiore prodotto della loro carriera con "Under wraps", ma sono pronti a rifarsi con i buoni "The broadsword and the beast", "Crest of a knave" e "Rock island"; Peter Hammill continua la sua prolifica produzione; Roger Waters, abbandonati i Floyd, si dà alla carriera solista tra alti e bassi; senza Palmer, Emerson e Lake suonano un album sufficiente con Cozy Powell dietro i tamburi; senza Lake, Emerson e Palmer danno vita con Robert Berry ai Three, autori di un inutile album vicino all'AOR. Rinascono anche i King Crimson che realizzano una trilogia interessante con uno straordinario pop-rock modernissimo e intriso della genialità schizoide di Fripp.
Si segnalano, inoltre, degli ottimi lavori di alcuni artisti che non c'entrano più con il prog o che, comunque, sono stati sempre dei musicisti ai margini del genere. Si pensi ai lavori di
Peter Gabriel ("III" e "IV") e Kate Bush ("Dreaming", "Hounds of Love" con la sua stupenda suite).
Chi continuò imperterrito nella propria strada furono soprattutto gli artisti dei filoni più ostici: il RIO di Art Zoyd e Univers Zero, e i musicisti canterburiani Hopper, Miller, Coxhill, Moerlen che non smisero di realizzare lavori lontani da qualsiasi moda musicale grazie alla loro creatività e mettendo sempre in mostra il proprio talento. Non furono raggiunti i vertici dei momenti migliori, ma restano alcune perle di gran valore: "Le marriage du ciel et de l'enfer" degli Art Zoyd, "Ceux du dehors" degli Univers Zero, gli album dei belgi Present. Da non dimenticare il sempreverde Wyatt, che seguita a sfornare ottimi lavori, e i Magma di Christian Vander che si "incarnano" negli Offering, realizzando un paio di lavori molto interessanti per gli amanti dello Zeuhl.
Questo il panorama degli anni '80, che in più occasioni hanno portato il prog a livelli di agonia mai raggiunti né prima né dopo. Ma verso la fine del decennio qualcosa stava cambiando: giovani band cominciarono con passione ad emergere, un numero crescente di appassionati cercò di diffondere il genere attraverso fanzine; insomma, si mettevano le basi per un rinnovamento nel mondo del prog che avesse di mira innanzitutto la qualità.

Peppe & Montag
Giugno 2002

Ultimo aggiornamento (Lunedì 26 Ottobre 2009 14:19)